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Napoli nobilissima — 1.1892

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NAPOLI NOBILISSIMA

sormontata dai loro stemmi che ancora si osserva. All’in-
terno sono altri ricordi lapidari degli Acquarii e altre an-
tiche famiglie sono rammentate nelle iscrizioni delle loro
chiesette gentilizie, che pure saranno demolite.
Dei patrizi di Porto sono ricordati i De Sciallis in una
lapide, che sormonta la porta di S. Marco ai lanzieri, e i
Navarrete Marchesi della Terza in una pietra del pavi-
mento di S. Brigida dei Calafati, estaurita di quel seggio,
del quale ha tuttora sulla porta lo stemma, dove è ripro-
dotto il simulacro di Orione, del Pesce Nicolò secondo
la leggenda popolare. A Sergio Muschino, patrizio di Por-
tanova, fondatore nel 1178 della chiesa di S. Maria dei
Muschini, si riferisce l’iscrizione che ancora si legge den-
tro di essa; e ai Gattola, dello stesso seggio, e a Cita-
rella Duchi di Castelvetere loro successori, il marmo che
era sulla porta di S. Andrea dei Gattola; e ai Pisanelli
Duchi delle Pesche quello che è sulla facciata di S. Pe-
trillo al vico Cangiani, in antico patronato della famiglia
De Saxonibus, estinta nel sedile di Portanova.
Una rozza iscrizione, ex voto, accanto alla porta di S. Ma-
ria a Sicula, narra come Re Ladislao si guarisse dalla scia-
tica, ricorrendo al miracoloso affresco della Vergine, che
era nella chiesetta, e come Giovanna II venisse a vene-
rarlo ogni settimana.
Vari Tedeschi sono nominati nelle lapidi di S. Maria
dell’anima, loro chiesa nazionale : una famiglia Fanismit,
i nobili giovani Giovan Giorgio Aleisten e Giovan Criso-
stamo Normando, il Canonico Vilbrando Raesfelt cantore
e preposito di S. Andrea Vuermatiense.
*
* *
Altre iscrizioni riguardanti le corporazioni di arti e me-
stieri sarebbero da raccogliere nelle loro cappelle, delle
quali spariranno non poche in questa trasformazione edi-
lizia. Giacché essa comprende in piccola parte la città
greco e romana, ma in prevalenza abbraccia gli amplia-
menti del tempo del Ducato e specialmente quelli avve-
nuti sotto le dominazioni Angioina ed Aragonese, quando
alle industrie antiche, che prosperarono, ne furono aggiunte
delle nuove, e numerose colonie straniere di operai furono
accolte nella città. Il rettifilo e le nuove strade, dritte ed
ampie, si sostituiranno alle strette e tortuose dove abita-
vano i ramari, i lanzieri, i tornieri, i giubbonari, i bottonari,
i ferrari; alla Selleria; alla Conceria; alle intere regioni oc-
cupate dall’arte della lana e dagli orefici. E saranno abbat-
tute : S. Agata, costruita, come dice l’iscrizione sulla porta,
dagli orefici nel 1622; 5. Rosa, anticamente dei Miroballo,
Marchesi di Braciliano, comprata nel 1594 dai lanaiuoli,
che fondarono un conservatorio nelle case vicine, e sca-
varono un sepolcro nella chiesetta, come accennano due
iscrizioni; S. Eligio, dove le undici arti dei ferrati si riu-

nivano, ed hanno lasciati vari ricordi lapidari. A queste
bisogna aggiungere 5. Giacomo dei sellari, S. Maria delle
grazie e 5. Maria a parete dei conciatori di pelli, S. Vito
dei Bottonari, S. Maria dei Saponari, S. Maria dei Verdum-
mari, e 5. Maria della Scala, occupata da varie arti annona-
rie, dove non mi è riuscito di trovare alcuna iscrizione,
che si riferisca a queste corporazioni, ma forse potrebbero
trovarsi, quando saranno demolite.
Non sarebbe, dunque opportuno raccogliere tutte que-
ste lapidi e molte altre, che tralascio per brevità, e disporle,
aggruppate secondo le chiese a cui appartennero, sulle mura
di una sala, di un portico, di un luogo qualunque, in un
qualunque museo e sia pure in quello, di là da venire, di
Donna Regina?
*
* *
In quanto a sculture non vi è niente, che meriti di es-
sere conservato, tranne due pilastri, della cappella di S. Gia-
como alla Selleria, elegantemente scolpiti sullo stile del se-
colo XVI. Ma chi può dire dove sieno andati a finire!
Anche il destino dei quadri, che sono in queste chie-
sette, dovrebbero interessare le autorità, benché pochi ne
sieno i pregevoli.
Chi, fatto uno spoglio degli atti di santa visita, compi-
lati per ordine del Cardinal Annibaie de Capua, e raccolto
l’elenco dei quadri notati come esistenti in queste chiese,
volesse poi andarli rintracciando, si procurerebbe una bella
delusione. Sono spariti quasi tutti!
Per quanto piccolo potesse essere il valore artistico
di quei trittici e di quelle tavole, per noi avrebbero avuto
senza dubbio molto più interesse delle cattive tele del
secolo scorso e delle orrende sculture in legno dipinto dei
nostri tempi, che li hanno sostituiti quasi dovunque. È
facile immaginare la storia di queste sostituzioni, e, non
di rado, la si può anche documentare. Nelle carte dell’e-
staurita del seggio di Porto, 5. Brigida dei Calafati, si
trova memoria di una rifazione apportata alla chiesetta nel
1785. L’estauritario di quel tempo, D. Tommaso Firrao,
Principe di S. Agata, scartò alcune antiche tavole del XV
secolo, dove era dipinta la storia della santa titolare, e
mise in loro luogo una S. Brigida, opera di un tal Luigi
Velpi, che orna tuttora le pareti della chiesetta.
L’ignoranza ed il cattivo gusto hanno ripetuto questo
bel servizio in quasi tutte queste chiesette, di guisa che il
nostro elenco sarà molto breve.
Bisogna segnare in primo luogo il trittico, che è sul-
l’altare maggiore di 5. Eligio dei Chiavettieri, e che rap-
presenta nel mezzo la Vergine e nei due lati S. Eligio e
S. Giovanni Battista. L’antica e pregevole fattura è un po’
sciupata, e non può osservarsi compiutamente, essendo in
parte nascosto da uno dei soliti scarabattoli : dalle guide è
 
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