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Napoli nobilissima — 1.1892

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

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Ruderi della città.
— Varie fabbriche, alcune giudicate una banchina ad opera incerta,
si son trovate in via della Selleria, e,fuori dei resti d’un grosso muro,
verso il mare, alcune grandi vasche in pietra di tufo. Il mare, dunque,
sarebbe stato vicino a questa strada. Anche il vicino quartiere Porto
era allora, com’è risaputo, un seno di mare.
Come mai si assicura solamente, su altrui testimonianza, l’esistenza
delle grandi vasche di tufo?
— Anche in via della Selleria, nei pressi dell’antica strada scoperta,
sono apparsi qua e là residui di antichi edifizii. Due pavimenti a mo-
saici di marmo bianco quasi a metà delle vie 5. Giovanni in Corte e
Quidecca vecchia. Altri due pavimenti, uno di lastroni fittili, l’altro a
piccole mattonelle laterizie, nella stessa zona (?). Due compresi sotter-
ranei con gran quantità di ossa umane presso il largo Zecca dei Panni.
Nei materiali di scarico, qua e là, pezzi di colonna di marmo di varie
specie, resti di cornici o cornicette anche di marmo, pezzi d’intonaco
a vivi colori, e almeno quattro capitelli corinzii eguali, provenienti
dallo scavo, che rivelò la banchina. (?)
— Nel fare le sostruzioni alla casa che forma angolo tra il largo
Regina Coeli e via Atri si rinvennero alcune mura di camere, che ap-
parivano costruite in opera reticolata e dei pezzi di pavimento di bat-
tuto dipinto in rosso con rosette o pezzettini di marmo bianco, e pezzi
d’intonaco con riquadratura a varii colori.
— Nel vico Speranzella alla Vicaria, alla profondità di i metro, si
trovò una colonna in marmo bianco, a due cordoni a spira, di metri
1.38 compreso base e capitello, altra simile in sei pezzi, una tegola e
un’anfora contenente ossa umane.
— Al vico Soprammuro, a nord dell’Annunziata, sotto la casa col
n. 21 si scoprirono due camere di età romana dello stile che fu in
uso nelle costruzioni del II secolo dell’impero. La seconda ha il pavi-
mento di musaici in marmo, l’altra di mattoni pesti.
Continua.
V. S.

NOTIZIE ED OSSERVAZIONI.
Raccolte d’iscrizioni.
Il Cav. Lorenzo Salazar mi scrive:
Caro Don Fastidio,
Io da più tempo volgevo in mente il pensiero d’intraprendere e,
per conseguenza, di menare a termine un lavoro, a mio credere, uti-
lissimo.
Volevo, cioè, raccogliere e pubblicare quelle iscrizioni, esistenti nelle
Chiese di Napoli, che gli illustratori dei patri monumenti, nelle loro
opere a stampa, hanno omesse o che sono posteriori alle pubblica-
zioni dello Engenio, del De Lellis, del D’Aloe, del Chiarini, e dei
tanti altri, la cui notorietà mi esime dal nominare.
Ma altre cure, pel momento almeno, mi distolgono dall’iniziare il
lavoro, e se, per una volta, il piccone demolitore che risana ma obli-
tera, è stato prevenuto dal eh. Giuseppe Ceci, ciò potrebbe non acca-
dere in futuro, con danno irreparabile di molte memorie pubbliche e
private.
Alcuni tra coloro che scrissero della nostra città, vaghi soltanto
delle bellezze artistiche e dei dati storici di maggiore importanza, tra-
lasciarono le più umili epigrafi, di cui son pieni i luoghi sacri, e che
incise in gran parte su lapidi incastrate nel pavimento, vengono, ogni
giorno, calpestate dalla folla devota, e pian piano vanno cancellandosi.
Spariscono in tal guisa le lettere, non solo, ma, talvolta, altresì le
armi gentilizie, anche se scolpite in rilievo nel marmo.
Con l’andare degli anni, quel ricordo che i pietosi superstiti pone-
vano quasi imperitura memoria d’un caro defunto, si perde per sempre.

Ma molte di quelle memorie, han valore assai più grande che di
solo sentimento, e la storia, l’araldica, la filologia ed importanti qui
stioni genealogiche ed ereditarie, un giorno o l’altro, potrebbero av-
vantaggiarsi da tali iscrizioni.
Il pensiero d’iniziare una raccolta di questo genere, mi venne ap-
punto quando, recatomi nella Chiesa di San Nicola alla Carità per
trarre copia di una iscrizione, colà posta verso l’anno 1745, nella Cap-
pella detta del Crocefisso, ch’è la prima a destra di chi entra, e che
m’interessava, trovai un marmo levigato, su cui appena pochi segni
illeggibili rimanevano di ciò che vi si era scritto. Un vecchio sagre-
stano, da me interrogato sul proposito, mi disse che trent’anni or sono,
rimaneva tuttavia traccia della epigrafe, e vi si leggevano nomi e
date, ma poi, il continuo fregamento del lavaggio e l’andirivieni dei
fedeli, avean completamente cancellato ogni cosa.
Ho fatto ricerca in qualche Archivio, tra i principali, e nelle biblio-
teche, per vedere se, manoscritto, vi fosse qualche lavoro che colmasse
la lacuna tra quelli più antichi ed i recenti, parziali, studi, ma essa è
riuscita infruttuosa, e credo invero che non esista un simile lavoro.
Oltre che per Napoli, questa raccolta sarebbe utile per molte città
di provincia, ove non è raro che un parroco ignorante e desideroso
di abbellire la sua chiesa con un pavimento maiolicato nuovo di trinca,
o con dei lastroni di cemento, distrugga l’antico, rompendo, togliendo
e mandando in malora tutto insieme con le logore lapidi sepolcrali,
altri ricordi d’arte, ugualmente, o più preziosi.
Agli archivi parrocchiali, benché tardi, ha provveduto un ministro;
ed a questi archivi di pietra, dovrebbero, per ora, pensare gli studiosi.
Il lavoro potrebbe essere fatto da commissioni istituite allo scopo
ed autorizzate, nonché coadiuvate dai municipi locali. I componenti
di tali commissioni, ciascuno a seconda dei propri studi e delle pro-
prie attitudini, si ripartirebbero la bisogna in tre categorie:
iscrizioni latine;
iscrizioni in volgare;
iscrizioni in altre lingue.
Sul materiale raccolto, i medesimi, o altri, potrebbero, a suo tempo,
dedicarsi a studi più ampi e diversi.
Questo è stato fatto in parecchie altre città d’Italia, in epoche più
o meno recenti, e con vari intendimenti, per la maggior parte filolo-
gici; e potrei dar prova di facile erudizione, citando, dai cataloghi bi-
bliografici, una lunga filza di nomi di autori; ma lo farà in mia vece
il lettore, se ne ha voglia.
Per conto mio, mi limito a quanto ho detto, e che basta, sembra-
mi, a dare la spinta perchè qualche cosa di concreto s’inizì, e presto,
su questa via che offre sì vasto campo di studio assai più giovevole
di molte ponderose e vuote elucubrazioni su argomenti assolutamente
privi di utilità, a cui parecchi si dedicano tanto per ammazzare il
tempo, e per ascriversi nel novero degli eruditi.
Tuo aff.mo
Lorenzo Salazar.
Il nostro amico ha ragione; e se è vano sperare che si faccia una
vasta raccolta in un sol corpo di tutte le iscrizioni che son ora e di
quelle che furono una volta e delle quali ci resta memoria, nella no-
stra città, non sarebbe poi cosa troppo difficile la compilazione di un
supplemento delle raccolte già esistenti, con l’aggiunta di un errata-
corrige delle iscrizioni già pubblicate. Ma io credo nella buona volontà,
nell’ostinazione, nell’amore dei singoli studiosi, e pochissimo nelle com-
missioni e sottocommissioni. Exoriare aliquisl
*
* *
Commissione Municipale dei Monumenti.
Ha fatto poi voto che la statua del dio Termine, di scultura greca,
disfatta nel sentire che si è preso disegno degli avanzi di un palazzo,
scoperti nelle demolizioni al fondaco degli Schiavi in Sezione Porto.
Ha insistito perchè questi avanzi — un portone ad arco depresso con
tre stemmi appartenenti, pare, ai Caracciolo, e una finestra ad arco
acuto — sieno conservati e possibilmente collocati in un prossimo e-
dificio.
Ha fatto poi voto che la statua del dio Termine, di scultura greca,
trovata nel muro di una casa in via sedile di Porto, sia conservata.
 
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