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Napoli nobilissima — 5.1896

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Colonna di Stigliano, Fabio: Castel Sant'Elmo
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0172
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i56

NAPOLI NOBILISSIMA

la sua quiete, e sul finir dell’ottobre seguente vide ad una
delle sue finestre dal lato di San Martino pendere stroz-
zato quell’Andrea Polito, che in quella direzione avea con-
tro di essa cavata la mina (*).
Ma il i.° ottobre 1647 l’armata spagnuola di D. Gio-
vanni d’Austria giungeva nel golfo e nuovamente inaspriva
gli animi col recar l’ordine che il popolo depositasse le
armi, e che la custodia di Sant’Elmo non poteva essergli
concessa (2 3 4 5). Scoppiati un’altra volta i tumulti e le ire, il
5 ottobre « cominciò la rocca di Santo Eramo a trar can-
nonate verso i quartieri rubelli, e lo stesso ferono il Ca-
stelnuovo e quel dell’Ovo, tirando da quattromila colpi
con più danno degli edifici che mortalità di persone (3): »
e durò quel bombardamento per qualche giorno ancora.
Ogni tentativo d’accordo riuscì vano: la ribellione fomen-
tata in vario modo sempre più si estendeva (4); e a darle
nuova forza e più disciplina il 15 novembre 1467 giun-
geva in Napoli fra l’entusiasmo generale il duca di Guisa (5).
Quattro giorni prima, di notte, duemila popolani avean
tentato un colpo di mano su Sant’Elmo, ma il Galiano,
difendendosi valorosamente, li aveva fugati (6 7).
Con la venuta del Guisa la guerra si riaccese più viva,
e da castel Sant’Elmo tonava il cannone senza posa, mo-
lestando assai i popolari (7). Gli spagnuoli lo andavan via
via meglio fortificando, giovandosi anche del monastero

acciò detto R. Castello si tenghi et guardi esattamente per servitio di
S. M. Cattolica et della Fidelissima Città di Napoli, et questo in per-
petuum, escludendone però da detta guardia tutti li lannizzari etiam
di qualsivoglia natione, ancorché siano nati in Napoli » (per gli spa-
gnuoli i giannizzeri eran coloro nati fuori di Spagna da uno dei ge-
nitori forestiero). A questo capitolo noto il viceré rispondeva : « noi
non possendomo disponete, nè concedere quello che domanda il Fi-
delissimo Popolo nel soprad. cap. se ne scriverà a S. M. Cattolica ».
Il capitolo 23 era invece accordato ai popolari, che chiedevano in esso
che mai per fortificar Sant’Elmo si facessero lavori al R. Monastero
di san Martino, o se ne allontanassero i monaci. Cfr. Capecelatro,
Op. cit., I, 210.
(1) De Santis, Op. cit., p. 208.
(2) Capecelatro, Op. cit., II, 93.
(3) Capecelatro, Op. cit., II, 30.
(4) È noto come la sollevazione del 1647 accendesse molte cupi-
digie circa il possesso del R. di Napoli.
(5) Enrico di Lorena, duca di Guisa, era nato nel 1614, e preten-
deva alla corona di Napoli come discendente di Renato d’Angiò. Era
bell’uomo, di bei modi cavallereschi. Egli entusiasmò i Napoletani col
suo arrivo. Egli stesso dice di non poter descrivere quel trionfo « ni
les respects et témoignages d’effection qu'ils me rendtrent, qui allérent
jusqu’à l’adoration et l'idolatrie, venant brùler de l’encens au nez de mon
chevai... ». Cfr. Mémoires du due de Guise, Paris, 1668, p. 96. Anche
è curioso quanto vide il Guisa il secondo giorno: Luigi del Ferro,
ambasciatore di Francia a Napoli, un diavolo ardito teatralmente
abbigliato, che parve al Guisa « plùtot une figure d’un jol échappé que
d’un Ministre d’une grande couronne », con la spada nuda precedeva
il Duca gridando evviva « et transporté ou de joie ou de folie, il frap-
pali à grands coups d’épée tout ce qui se trouvait en son chemin, et blessa
tant de gens, qu’il faillit d’en arriver une émeutel » (Mém., p. 107).
(6) Capecelatro, II, 244.
(7) Mémoires de due de Guise, p. 114.

di San Martino. Il 12 gennaio 1648 il viceré scriveva a
quel priore dicendogli come « para mayor seguridad del Ca-
stillo de S.° Elmo conviene desmantelar alguna parte deste
convento y fortificar otras de mucha importancia C1) »: e nel
frattempo per togliere ogni riparo ai popolari si radeva
sulla collina di S. Martino ogni cosa, perfino gli alberi (2).
Sotto Sant’Elmo succedevano però continui combattimenti,
cui il forte prendea parte con « sonare li suoi organi di
maniera che vi furon terribili cannonate e moschettate (.3) ».
Nel febbraio 1648 gli assalti a Sant’Elmo si fecero più
frequenti: ne fu dato invano uno l’u sulla collina del
Vomero ai quartieri spagnuoli (4): e un altro più grave
seguì il giorno dopo. Volle con esso il Guisa attaccare
tutti i posti nemici insieme: Sant’Elmo fu assalito con im-
peto da Bernardino Castro Cucco « qui n’emporta une de-
mie lune »; e già il Guisa si credea vittorioso per avere
spinte le sue genti fin dentro San Martino e tagliate le
comunicazioni tra il castello e la città (5), quando d’un lato
i rinforzi giunti agli spagnuoli ove più ne bisognavano,
dall’altro il fuoco tremendo delle artiglierie di Sant’Elmo
« carche di palle di moschetto e catene (6) », resero vano
il primo buon successo.
Seguitò il cannone di Sant’Elmo a tuonare quasi conti-
nuamente tutto quel mese, durando sempre gli assalti. Il
1.° marzo 1048 tirava a palla contro i quartieri sollevati
per salutare con tal segno di gioia l’arrivo del nuovo vi-
ceré, che i popolari col cannone del Carmine salutavan
del pari tirando sulle sue galere (7). Ma la venuta del conte
d’Ognatte, e dopo circa un mese la prigionia del Guisa,
ricondussero man mano la quiete: e ve n’era bisogno, al-
lora che in molti punti della città cadevano in rovina le
case, specialmente pel tremendo cannoneggiare di castel
Sant’Elmo.
VII.
Altre vicende di Sant’Elmo fino al 1734.
Dopo gli avvenimenti narrati, D. Martino Galiano go-
vernò tranquillamente castel Sant’Elmo altri quindici anni (8).
Nel 1659 v’avea prigioniera per le sue dissolutezze la prin-
cipessa di Conca, che vi moriva avvelenata con la came-

(1) Arch. di Stato. Monasteri soppressi, fascio 2144. La lettera con-
clude abilmente con dire che poiché tali opere gioveranno anche molto
alla sicurezza del convento, così questo dovrà contribuir per le spese.
(2) Capecelatro, II, 474.
(3) Relax, della guerra di Nap. nel 1647, pubb. da Minieri Riccio
in Arch. Stor. Nap., II, p. 72.
(4) Capecelatro, II, 519; e Rei. citata in Arch. Stor. Nap., II, 81.
(5) Mémoires du due de Guise, p. 403-404.
(6) Capecelatro, II, 521.
(7) Capecelatro, II, 546.
(8) Il Galiani fu seppellito nella chiesetta del forte. L’epigrafe ch’è
sulla sua tomba è riportata dal Salazar, Op. cit., p. 44.
 
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