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NAPOLI NOBILISSIMA
steri il nome; così come il piccolo paese desidera veder
consacrate dalla grande città le sue piccole celebrità pae-
sane.
Son sentimenti naturali che non condanno; ma chiedo
che abbiano il loro sfogo in un modo diverso da quello
prescelto, e ciò anche nell'interesse dei candidati all'im-
mortalità. I quali in fin de' conti, sieno o no meritevoli di
un tal premio, se non l'hanno altrimenti ottenuto non
l'otterranno certo da una tabella viaria che porti scritto il
loro nome. Peggio, poi, quando per raggiungere uno scopo
che non si raggiunge, si cerca di distruggere ciò che per
tante ragioni va rispettato. Ma i vecchi nomi di strade,
se vi è chi li ama, son pure lasciati sulle tabelle precedenti
da un già. E a che vale ciò se non a dimostrare anche
meglio quanto irragionevole sia stata la loro sostituzione?
È l'ingenua confessione di un sopruso commesso, al quale
del resto raro avviene che si pieghino le inveterate abitu-
dini cittadine.
Io non so, ripeto, come tanti si possano persuadere che si
faccia onore a taluno col dare il suo nome a una via per
la quale forse non sarà passato neppure una volta durante
la vita, 0 che confini con un vico dei ferri vecchi o scassa-
cocchi, le quali voci pur si rapportano a qualche cosa esistita
in quei luoghi, come non fa quel nome che, mentre a nulla
serve in quel posto, vi riceve in cambio di onore disdoro.
Benché simili casi esistano, pure mi si dirà che ho sba-
gliato, perchè ordinariamente si pongono nomi di uomini
illustri alle vie dove quelli nacquero o abitarono, o furono
altrimenti noti. Ho detto innanzi che in tali casi è assai
meglio adatta allo scopo una breve iscrizione commemo-
rativa. Dico ora, che, tenuto pur conto del rapporto che
ebbe con la via da lui denominata, nulla aggiunge alla
gloria di un uomo che fu veramente grande il leggersene
il nome sulle cantonate o sopra una carta da visita o una
busta di lettera. Se poi quell'uomo non arrivò alla cele-
brità per altra via, non vi arriverà neppure per la via che
ne porta il nome.
Chi già conosce per fama, o anche più se ha conosciuto
in vita un grand'uomo, a me pare che più viva ne ritro-
verà l'immagine nella strada dove quegli visse, quando
essa conserva invariato l'antico nome. Tanto più se il
nome è bello, com'è quello di via della Pace, e se risponde,
come ivi accade, a un sentimento che davvero si prova.
Questo poi cresceva a mille doppi quando dalla via si
passava in quel nido di arte e di pace vera e profonda,
che era lo studio di Domenico Morelli.
Non aveva forse quel bel nome di strada, che tanti ri-
cordi belli richiama, acquistato il diritto ad essere conser-
vato? Non si rievoca per mezzo di esso, anche meglio che
non per lo stesso nome del maestro, dato ora alla strada,
la grande figura di lui?
Ma non è già soltanto per onorare i morti che si pon-
gono i loro nomi alle vie: è perchè il popolo, imparando
a conoscerli e ad apprezzarli, possa in qualsiasi altro modo
render loro i meritati onori. Ecco un'altra illusione: la
storia non si apprende leggendo qui e là su tabelle viarie
un nome seguito da un cognome. Se alcun che era spe-
rabile a tal riguardo, la pruova è fallita. Non si seppe,
come ho detto innanzi, trar partito dagli aggruppamenti
di nomi affini, che s'illustrino a vicenda, formando come
tante pagine di storia, per le quali avrebbe potuto ben
dirsi: indocti discant, ament meminisse periti.
Non so se ho potuto con questo mio discorso far brec-
cia sull'animo di coloro pei quali la consuetudine, il pre-
giudizio, la forza dell'esempio son divenuti norma e legge
di vita. Comunque sia, sentivo quasi il dovere di affer-
mare pubblicamente quelle idee che ho sempre sostenute
in seno alla Commissione per la denominazione delle vie;
e credo di averlo adempiuto.
Alfonso Miola.
NOTIZIE ED OSSERVAZIONI
Per l'Arco di S. Eligio.
Pubblichiamo ben volentieri la nobile lettera che il conte Bonazzi
ha diretta al Sindaco e ci auguriamo che la sua proposta venga pie-
namente accolta. Si sono stralciate tante parti dal piano di risana-
mento: può benissimo togliersi anche questa che distrugge con un im-
portante monumento uno dei lati più caratteristici della nostra città
senza nessuna utilità per l'igiene pubblica.
6 ottobre 1904.
A S. S. Ill.ma il Sindaco di Napoli,
Più che nell'interesse di questo pio e secolare Reale Stabilimento
di S. Eligio, nell'interesse istesso del decoro di Napoli e del rispetto
che ogni cittadino deve ai pochi testimoni che ancora restano dell'an-
tica sua storia artistica e politica, mi sento nel dovere di richiamare
l'attenzione della S. V. Ill.ma su di un fatto che, ove arrivasse a com-
piersi, sarebbe novella prova della noncuranza cui si deve la di-
struzione della massima parte dei nostri antichi monumenti.
Non vi è certamente napoletano che non sia rimasto almeno una
volta sola in sua vita ammirato e trasportato con l'immaginazione ai
tempi che furono, innanzi al monumentale cavalcavia 0 Arco dell'Oro-
logio di S. Eligio; non vi è antico 0 moderno scrittore di cose patrie
che non l'abbia almeno una volta sola ricordato nelle sue opere, nè
romanziere napoletano che non abbia riportata la pietosa leggenda che
lo rese celebre nella immaginazione dei nostri maggiori; e non vi è
abitatore del popolare rione del Mercato che non lo consideri quasi
come un proprio retaggio, tanto da bastare che per un'ora sola il qua-
drante del suo orologio non segni l'ora, perchè numerosi reclami per-
vengano a questa Amministrazione, che per solo omaggio a tale po-
polare sentimento preleva dalla sua beneficenza e segna nel proprio
bilancio l'annua spesa di lire cento per manutenzione del pubblico
orologio.
Or, poiché l'inesorabile piccone del Risanamento ha condannato
alla distruzione tale monumento di storica, artistica e popolare impor-
NAPOLI NOBILISSIMA
steri il nome; così come il piccolo paese desidera veder
consacrate dalla grande città le sue piccole celebrità pae-
sane.
Son sentimenti naturali che non condanno; ma chiedo
che abbiano il loro sfogo in un modo diverso da quello
prescelto, e ciò anche nell'interesse dei candidati all'im-
mortalità. I quali in fin de' conti, sieno o no meritevoli di
un tal premio, se non l'hanno altrimenti ottenuto non
l'otterranno certo da una tabella viaria che porti scritto il
loro nome. Peggio, poi, quando per raggiungere uno scopo
che non si raggiunge, si cerca di distruggere ciò che per
tante ragioni va rispettato. Ma i vecchi nomi di strade,
se vi è chi li ama, son pure lasciati sulle tabelle precedenti
da un già. E a che vale ciò se non a dimostrare anche
meglio quanto irragionevole sia stata la loro sostituzione?
È l'ingenua confessione di un sopruso commesso, al quale
del resto raro avviene che si pieghino le inveterate abitu-
dini cittadine.
Io non so, ripeto, come tanti si possano persuadere che si
faccia onore a taluno col dare il suo nome a una via per
la quale forse non sarà passato neppure una volta durante
la vita, 0 che confini con un vico dei ferri vecchi o scassa-
cocchi, le quali voci pur si rapportano a qualche cosa esistita
in quei luoghi, come non fa quel nome che, mentre a nulla
serve in quel posto, vi riceve in cambio di onore disdoro.
Benché simili casi esistano, pure mi si dirà che ho sba-
gliato, perchè ordinariamente si pongono nomi di uomini
illustri alle vie dove quelli nacquero o abitarono, o furono
altrimenti noti. Ho detto innanzi che in tali casi è assai
meglio adatta allo scopo una breve iscrizione commemo-
rativa. Dico ora, che, tenuto pur conto del rapporto che
ebbe con la via da lui denominata, nulla aggiunge alla
gloria di un uomo che fu veramente grande il leggersene
il nome sulle cantonate o sopra una carta da visita o una
busta di lettera. Se poi quell'uomo non arrivò alla cele-
brità per altra via, non vi arriverà neppure per la via che
ne porta il nome.
Chi già conosce per fama, o anche più se ha conosciuto
in vita un grand'uomo, a me pare che più viva ne ritro-
verà l'immagine nella strada dove quegli visse, quando
essa conserva invariato l'antico nome. Tanto più se il
nome è bello, com'è quello di via della Pace, e se risponde,
come ivi accade, a un sentimento che davvero si prova.
Questo poi cresceva a mille doppi quando dalla via si
passava in quel nido di arte e di pace vera e profonda,
che era lo studio di Domenico Morelli.
Non aveva forse quel bel nome di strada, che tanti ri-
cordi belli richiama, acquistato il diritto ad essere conser-
vato? Non si rievoca per mezzo di esso, anche meglio che
non per lo stesso nome del maestro, dato ora alla strada,
la grande figura di lui?
Ma non è già soltanto per onorare i morti che si pon-
gono i loro nomi alle vie: è perchè il popolo, imparando
a conoscerli e ad apprezzarli, possa in qualsiasi altro modo
render loro i meritati onori. Ecco un'altra illusione: la
storia non si apprende leggendo qui e là su tabelle viarie
un nome seguito da un cognome. Se alcun che era spe-
rabile a tal riguardo, la pruova è fallita. Non si seppe,
come ho detto innanzi, trar partito dagli aggruppamenti
di nomi affini, che s'illustrino a vicenda, formando come
tante pagine di storia, per le quali avrebbe potuto ben
dirsi: indocti discant, ament meminisse periti.
Non so se ho potuto con questo mio discorso far brec-
cia sull'animo di coloro pei quali la consuetudine, il pre-
giudizio, la forza dell'esempio son divenuti norma e legge
di vita. Comunque sia, sentivo quasi il dovere di affer-
mare pubblicamente quelle idee che ho sempre sostenute
in seno alla Commissione per la denominazione delle vie;
e credo di averlo adempiuto.
Alfonso Miola.
NOTIZIE ED OSSERVAZIONI
Per l'Arco di S. Eligio.
Pubblichiamo ben volentieri la nobile lettera che il conte Bonazzi
ha diretta al Sindaco e ci auguriamo che la sua proposta venga pie-
namente accolta. Si sono stralciate tante parti dal piano di risana-
mento: può benissimo togliersi anche questa che distrugge con un im-
portante monumento uno dei lati più caratteristici della nostra città
senza nessuna utilità per l'igiene pubblica.
6 ottobre 1904.
A S. S. Ill.ma il Sindaco di Napoli,
Più che nell'interesse di questo pio e secolare Reale Stabilimento
di S. Eligio, nell'interesse istesso del decoro di Napoli e del rispetto
che ogni cittadino deve ai pochi testimoni che ancora restano dell'an-
tica sua storia artistica e politica, mi sento nel dovere di richiamare
l'attenzione della S. V. Ill.ma su di un fatto che, ove arrivasse a com-
piersi, sarebbe novella prova della noncuranza cui si deve la di-
struzione della massima parte dei nostri antichi monumenti.
Non vi è certamente napoletano che non sia rimasto almeno una
volta sola in sua vita ammirato e trasportato con l'immaginazione ai
tempi che furono, innanzi al monumentale cavalcavia 0 Arco dell'Oro-
logio di S. Eligio; non vi è antico 0 moderno scrittore di cose patrie
che non l'abbia almeno una volta sola ricordato nelle sue opere, nè
romanziere napoletano che non abbia riportata la pietosa leggenda che
lo rese celebre nella immaginazione dei nostri maggiori; e non vi è
abitatore del popolare rione del Mercato che non lo consideri quasi
come un proprio retaggio, tanto da bastare che per un'ora sola il qua-
drante del suo orologio non segni l'ora, perchè numerosi reclami per-
vengano a questa Amministrazione, che per solo omaggio a tale po-
polare sentimento preleva dalla sua beneficenza e segna nel proprio
bilancio l'annua spesa di lire cento per manutenzione del pubblico
orologio.
Or, poiché l'inesorabile piccone del Risanamento ha condannato
alla distruzione tale monumento di storica, artistica e popolare impor-