L’ORATORIO DI SANTO STEFANO SULLA VIA OSTIENSE
195
prossime a rovina. Nei secoli scorsi l’edificio fu diviso in due
piani, e dentro vi fu accomodata alla meglio una casuccia.
Con un muro alzato innanzi all’abside si vennero ad ottenere
quattro stanze arieggiate in parte dalle fenestre dell’antico
oratorio, che ancor rimangono, ed in parte da due aperture
praticate proprio nel mezzo dell’abside. Che strano contrasto
dovevan fare in quella rustica dimora, e io fanno tuttora, gli
avanzi dell’antica decorazione dell’oratorio, gli eleganti stipiti
della sua porticina, le cornici marmoree delle finestre! Degli
affreschi non ne rimane alcun vestigio; solamente presso la porta
ho potuto osservare sulla parete le languide traccie d’una lunga
epigrafe dipinta col minio. I caratteri sono quasi del tutto sva-
niti o coperti dalla calcina, nè, dopo lungo osservare, ho potuto
ricavare alcun senso da queste poche lettere che mi è riuscito
di leggere:
.iM • “AM . .
N • R • o . . .
A.. TIV.._
M 11.
.GRI.
SVNT ... V.
Assai più che l’oratorio sembrami degna d’osservazione e di
studio una stanza sotterranea, alla quale si accedeva per una
scaletta a destra di chi entra. E di forma circolare del dia-
metro di quasi cinque metri, ha il soffitto a volta, e una specie
di zoccolo più largo del muro una ventina di centimetri le gira
tutto intorno, venendo così ad avere qualche somiglianza con
un lungo sedile. Il luogo riceve ora scarsa luce da una fìne-
strina che mette in una cisterna disseccata. A qual uso era
destinato quest’edificio sotterraneo? Lo ignoriamo completamente,
ma forse, ove dal luogo venisse tolta via tutta quella creta, della
quale le alluvioni del vicino Tevere l’hanno ricolmo, non sap-
piamo fino a quale altezza, qualche cosa se ne potrebbe conoscere.
195
prossime a rovina. Nei secoli scorsi l’edificio fu diviso in due
piani, e dentro vi fu accomodata alla meglio una casuccia.
Con un muro alzato innanzi all’abside si vennero ad ottenere
quattro stanze arieggiate in parte dalle fenestre dell’antico
oratorio, che ancor rimangono, ed in parte da due aperture
praticate proprio nel mezzo dell’abside. Che strano contrasto
dovevan fare in quella rustica dimora, e io fanno tuttora, gli
avanzi dell’antica decorazione dell’oratorio, gli eleganti stipiti
della sua porticina, le cornici marmoree delle finestre! Degli
affreschi non ne rimane alcun vestigio; solamente presso la porta
ho potuto osservare sulla parete le languide traccie d’una lunga
epigrafe dipinta col minio. I caratteri sono quasi del tutto sva-
niti o coperti dalla calcina, nè, dopo lungo osservare, ho potuto
ricavare alcun senso da queste poche lettere che mi è riuscito
di leggere:
.iM • “AM . .
N • R • o . . .
A.. TIV.._
M 11.
.GRI.
SVNT ... V.
Assai più che l’oratorio sembrami degna d’osservazione e di
studio una stanza sotterranea, alla quale si accedeva per una
scaletta a destra di chi entra. E di forma circolare del dia-
metro di quasi cinque metri, ha il soffitto a volta, e una specie
di zoccolo più largo del muro una ventina di centimetri le gira
tutto intorno, venendo così ad avere qualche somiglianza con
un lungo sedile. Il luogo riceve ora scarsa luce da una fìne-
strina che mette in una cisterna disseccata. A qual uso era
destinato quest’edificio sotterraneo? Lo ignoriamo completamente,
ma forse, ove dal luogo venisse tolta via tutta quella creta, della
quale le alluvioni del vicino Tevere l’hanno ricolmo, non sap-
piamo fino a quale altezza, qualche cosa se ne potrebbe conoscere.