BIBLIOGRAFIA
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dell’anno 259 di Cristo. Le pareti dell’ipogeo son tutte ornate
di pitture ancora in buono stato, una rappresenta Ulisse che
scopre Achille tra le fanciulle di Licomede, vi è poi tutta una
serie di medaglioni con ritratti dei defunti, virili e muliebri, e
ogni medaglione è sostenuto da una donna alata in piedi su una
sfera. Questo delle vittorie alate è il prototipo degli angeli dei
musaici della cappella di s. Zenone in Santa Prassede di Roma,
di s. Vitale a Ravenna, di un dittico consolare di Monaco, dei
musaici del duomo di Tornello. Le iscrizioni ci fanno ritenere
che l’ipogeo appartenesse a una comunità giudaica, e ad una
scuola siriaca di pittori giudei lo Strzygowski assegna le pit-
ture, istituendo anche un confronto con le miniature del Pen-
tateuco Ashburnham della Bibliothèque Nationale, che sarebbero
copie di originali siriaci del III-IV secolo. Meglio però che dallo
studio e dalle riproduzioni dello Strzygowski, si può giudicare
della grande importanza degli affreschi, dalla illustrazione che
ne ha fatta B. Farmakovskij nelle Notizie dell’Istituto russo di
Costantinopoli ’. Lo Strzygowski non è stato personalmente a
Paimira, ma si valse delle notizie e del materiale fornitigli dal
Sobernlieim che vi fece una spedizione nel 1899, materiale scarso
però, e notizie incomplete e inesatte. Alcuni dei principali affre-
schi non furono neanche notati, rimase sconosciuta la grande
iscrizione sull’antica porta d’ingresso dell’ipogeo, e il piano di
questo conteneva molte e gravi inesattezze. Il Farmakovskij ha
studiato sul materiale raccolto dalla spedizione compiuta nel 1900
dall’Istituto russo: fotografie, piante, acquarelli, che riprodotti in
fototipia e a colori, permettono di formarci un’idea esatta del va-
lore della catacomba e delle pitture. Studiando la pittura dei se-
coli successivi, si vedrà chiaramente quanti elementi stilistici ed
iconografici di questi dipinti palmiriani vi si riscontrano, prova
del rigoglioso fiorire della scuola siriaca. Una qualche dipendenza
da questa possono, a parer nostro, avere alcuni importanti affreschi
del IV secolo scoperti, or fa un anno, nel villaggio di Tripoli
Vecchia; sulla parete di fondo di un loculo si vede in un meda-
glione il ritratto della defunta Aelia Arisuth, che ricorda molto
1 B. V. Farmakovskij, Givopis v Palmirje (La pittura a Paimira), in
Izviestja dell’Istituto, Vili, 1902, pag. 172-198, tav. XXI-XXV1I.
«UOVO 1SUUL. n’AliCH. CR1ST. — A
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dell’anno 259 di Cristo. Le pareti dell’ipogeo son tutte ornate
di pitture ancora in buono stato, una rappresenta Ulisse che
scopre Achille tra le fanciulle di Licomede, vi è poi tutta una
serie di medaglioni con ritratti dei defunti, virili e muliebri, e
ogni medaglione è sostenuto da una donna alata in piedi su una
sfera. Questo delle vittorie alate è il prototipo degli angeli dei
musaici della cappella di s. Zenone in Santa Prassede di Roma,
di s. Vitale a Ravenna, di un dittico consolare di Monaco, dei
musaici del duomo di Tornello. Le iscrizioni ci fanno ritenere
che l’ipogeo appartenesse a una comunità giudaica, e ad una
scuola siriaca di pittori giudei lo Strzygowski assegna le pit-
ture, istituendo anche un confronto con le miniature del Pen-
tateuco Ashburnham della Bibliothèque Nationale, che sarebbero
copie di originali siriaci del III-IV secolo. Meglio però che dallo
studio e dalle riproduzioni dello Strzygowski, si può giudicare
della grande importanza degli affreschi, dalla illustrazione che
ne ha fatta B. Farmakovskij nelle Notizie dell’Istituto russo di
Costantinopoli ’. Lo Strzygowski non è stato personalmente a
Paimira, ma si valse delle notizie e del materiale fornitigli dal
Sobernlieim che vi fece una spedizione nel 1899, materiale scarso
però, e notizie incomplete e inesatte. Alcuni dei principali affre-
schi non furono neanche notati, rimase sconosciuta la grande
iscrizione sull’antica porta d’ingresso dell’ipogeo, e il piano di
questo conteneva molte e gravi inesattezze. Il Farmakovskij ha
studiato sul materiale raccolto dalla spedizione compiuta nel 1900
dall’Istituto russo: fotografie, piante, acquarelli, che riprodotti in
fototipia e a colori, permettono di formarci un’idea esatta del va-
lore della catacomba e delle pitture. Studiando la pittura dei se-
coli successivi, si vedrà chiaramente quanti elementi stilistici ed
iconografici di questi dipinti palmiriani vi si riscontrano, prova
del rigoglioso fiorire della scuola siriaca. Una qualche dipendenza
da questa possono, a parer nostro, avere alcuni importanti affreschi
del IV secolo scoperti, or fa un anno, nel villaggio di Tripoli
Vecchia; sulla parete di fondo di un loculo si vede in un meda-
glione il ritratto della defunta Aelia Arisuth, che ricorda molto
1 B. V. Farmakovskij, Givopis v Palmirje (La pittura a Paimira), in
Izviestja dell’Istituto, Vili, 1902, pag. 172-198, tav. XXI-XXV1I.
«UOVO 1SUUL. n’AliCH. CR1ST. — A
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