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Nuovo bullettino di archeologia cristiana: ufficiale per i resoconti della Commissione di Archeologia Sacra sugli Scavi e su le Scoperte nelle Catacombe Romane — 27.1921

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Marucchi, Orazio: Un singolare gruppo di antiche pitture nell'ipogeo del viale Manzoni, le quali possono spiegarsi con il libro di Giobbe
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https://doi.org/10.11588/diglit.19835#0097
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si faceva la carità. — E del resto simili scene di conviti festivi sono
frequentissime nei monumenti tanto' pagani quanto cristiani.

E giungiamo così alla parete ultima nel giro che abbiamo fatto
da sinistra a destra, la quale parete sarebbe poi la prima a destra
entrando e quella da cui ho cominciato il mio studio.

E questa rappresenta infatti l'episodio culminante nella dolo-
rosa storia delle sventure di Giobbe, cioè l'uomo giusto colpito dal-
l'ulcere e giacente sullo sterquilinio, rimproverato dalla moglie, e
visitato dai tre amici. — E qui Giobbe è rappresentato nell'atto di
lamentare i suoi dolori e di proferire quelle solenni parole che
accennano alla fede nel Redentore e nella resurrezione. — Ed è
anche assai notevole una circostanza: che cioè il volto di Giobbe
è rivolto verso la parete che gli sta dirimpetto e sulla quale è dipinto
quel personaggio che svolge il volume in mezzo al suo gregge, per-
sonaggio che, come si disse, rappresenta Cristo. Questa circostanza
non mi sembra fortuita : ma mi fa pensare che l'artista abbia voluto
in tal modoi anche meglio' esprimere la grande acclamazione : « Scio
enim quod Redemptor meus vivit et in novissimo die de terra sur-
recturus suw ; et rursum cioeumdabor pelle mea et in carne mea
videbo Deum meum. — Quem visurus sum ego ipse et oculi mei
conspecturi sunt et non alius; reposita est haec spes mea, in sinu
meo». (Job., XIX, 25-27).

Ma, dopo le prove dolorose, l'uomo giusto viene finalmente ri-
compensato da Dio della fermezza della sua fede e gli vengono resti-
tuiti ed anzi raddoppiati i beni che prima possedeva. — E questo
ultimo episodio del ciclo fu rappresentato dall'artista nella lunetta
che sta sopra al quadro dello sterquilinio (Tav. XIII). Vi è lì una scena
campestre ed in fondo a questa scena si scorge la porta di ima città
che ci richiama al quadro della prima parete, ove è l'ingresso trion-
fale, e vi sta forse per indicare che siamo nello stesso luogo, cioè
nei dintorni della stessa città. La campagna ivi dipinta è senza
dubbio un podere con due case, da una delle quali esce una donna
ad attingere acqua ad una fontana; e fra le due case sono dipinti
vari animali, cioè, cominciando da sinistra: un asino, un cammello
o dromedario, dei buoi e delle pecore. Ora, questi animali sono
precisamente quelli indicati nel sacro testo come possessioni di
Giobbe, che furono a lui tolte e poi restituite. « Et facta sunt ei qua-
tuordecim millia ovium et sex millia camelorum et mille juga ho-
vum et mille asinae ». (Job, XLII, 12).

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