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Ojetti, Ugo [Editor]; Palazzo Pitti [Contr.]
La pittura italiana del Seicento e del Settecento alla mostra di Palazzo Pitti — Milano [u.a.]: Bestetti e Tumminelli, 1924

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La Mostra della Pittura italiana
del Seicento e del Settecento, a Palazzo Pitti

Nel 1919, sùbito dopo la vittoria, gli stessi uomini che avevano nel 1911 ordinato in Palazzo Vecchio
la Mostra del Ritratto italiano, proponevano al capo del Comune che Firenze non abbandonasse l'idea di
queste sue grandi esposizioni retrospettive d'arte, tanto adatte alla sua gloria, alla sua storia, al suo gusto,
al suo pubblico che nessun'ultra città italiana pensava di contrastargliene il diritto, anzi il privilegio esclu-
sivo. E una Mostra suggerivano, quella della « Pittura italiana del Seicento », perchè (ripeto le parole di
quella proposta) « crediamo sia giunto il momento d'avviare ordinatamente l'attenzione del pubblico italiano
e straniero su questa epoca insigne dell'arte nostra. Le diverse città d'Italia nelle quali, spezzata l'unifor-
mità degli eclettici e degli accademici dell'ultimo Cinquecento, quest'arte ebbe tipi e maniere più definite,
Napoli, Genova, Bologna, Roma, Milano ; il peso delle tradizioni contraddittorie dalle quali essa trasse
la pratica e l'ispirazione; i desiderii, le abitudini e i capricci dei committenti; il carattere singolare degli
artisti più rinomati, in un'epoca in cui la singolarità anche voluta e ingegnosa era l'ostentata ambizione
fin dei mediocri; il loro continuo viaggiare da un capo all'altro d' Italia, e fuori d' Italia; la presenza
qui di pittori stranieri celebratissimi, Rubens, Fan Dycfc, Velasquez, Poussin, Ribera; la volontà di tutto
dipingere, dall' allegoria al ritratto, dal paesaggio alle bambocciate, dall'affresco colossale che spalancasse
le volte d'una chiesa sulla gloria celeste, fino alla « natura morta » che raccogliesse sopra una tavola rozza
le più modeste stoviglie domestiche e le frutta dell'orto vicino : tutte queste cause dònno alla pittura se-
centesca italiana una varietà che la fa apparire ora teatrale e declamante, ora virile e immediata, veemente
e graziosa, volgare e seducente, tempestosa e serena, qua ritmica composta e bilanciata come un'architettura,
là sconnessa convulsa e travolgente come un urlo di passione. Tutti i cultori d'arte sentono che bisogna
cominciare a mettere ordine in questo caos. Bisogna confrontare, dedurre, fissare le origini, le concordanze, le
influenze in questa folla disparata. Bisogna pacatamente sceverare i discepoli dai maestri, fissare le famiglie spi-
rituali e i loro stipiti. Bisogna tentare con tanto prezioso materiale una costruzione storica e critica degna di esso».
Questo programma fu accettato dal Comune di Firenze. Chi visitò tra l'aprile e l'ottobre del 1922 in
Palazzo Pitti le cinquanta sale della nostra Mostra, potè giudicare se lo assolvemmo bene, pel vantaggio della
cultura non solo italiana.
La Mostra della Pittura del Seicento, come diventò la Mostra della Pittura del Seicento e del
Settecento ? Abbastanza logico e abbastanza facile era stato far cominciare il Seicento dal Caravaggio. Ben si
vedeva che, mentre con la sua passione per la vita e con la sua volontà inflessibile il Caravaggio aveva ri-
condotto la pittura, svanita nella retorica e nella scolastica, alla schietta e soda sincerità degli antichi, egli
aveva anche capovolto l'animo dei pittori costringendoli, per molti e molti anni, non più a partirsi dalla serena
luce per nascondere qua e là in poca ombra i loro rari sospiri, ma ad estrarre da una massa tremenda d'ombra
e di mistero con pochi colpi e rimbalzi di luce le forme e le anime dei corpi, tutti in primo piano, presenti
 
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