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Ma per restare nella pura osservazione critica della pittura, un'altra conclusione devo additare; ed è
che qui finalmente, al Tiepolo e al Guardi voglio dire ai due ultimi prodigi dell'arte veneziana, s'è trovata
un'origine logica e visibile, un'ascendenza diretta e sicura fin nel cuor del Seicento. Feti, Strozzi, Lys, Maf-
fei, Crespi, Magnasco, Ricci, Piazzetta, ecco di quei due re l'albero genealogico in cui Genova, Roma,
Bologna hanno, tra fronde d'alloro, il loro nome. La Venezia settecentesca, tutta lusso, musica, teatro e
galanteria, diventa la serra calda da cui l'albero, rotti i ripari, lancerà contro un cielo azzurro, tra sospiri
di nuvole leggere, il suo fiore supremo.
E finalmente, l'ultima conclusione e l'ultimo vantaggio della Mostra è stato il conforto che essa ha
dato ai pittori viventi: e dico viventi non solo per dire di quei pittori che respirano e camminano, ma per
dire di quelli che operano, anzi adesso tornano a operare con rispetto della tradizione, con amore dei
loro antichi, felici di trovare in Italia, di trovare anche in questi due secoli d'arte italiana, guide e maestri
ben più sicuri e più saldi di quelli che per seguire la moda essi andavano a cercare oltre monte. Le visite
e i consensi più cari ci sono stati insomma quelli dei pittori. Chi s'è innamorato del calmo equilibrio di
Guido Reni, del « dolce Guido », e chi dei nervosi capricci del Magnasco ; chi della grassa pittura di Luca
Giordano nei suoi quadri d'erbe e di frutta, e chi del modellare caravaggesco a colpi e rimbalzi e scivoli
di luce. Ma il fatto si è che una verità è apparsa a tutti, senza contestazione: che lo sforzo della pittura
dell'Ottocento è stato di ricongiungersi al Settecento dopo il lungo e freddo riposo dell'Accademia neoclas-
sica. E se adesso la moda Volge a una più semplice e piena costruzione dei corpi, anzi di tutto il quadro,
è utile imparare da questi maestri la perfetta conoscenza dell'arte, l'equilibrio tra ragione e fantasia,
tra fantasia e verità, tra originalità e tradizione, e la volontà di parlar chiaramente a tutti, non solo, per
geroglifici e criptogrammi, agl'iniziati. Vi sono incontri e ritorni che svelano al primo sguardo questa
aderenza, ad esempio, della pittura di paese dell' 800 alla pittura dei grandi paesisti veneti del '700. Ri-
cordiamo solo due piccoli quadri: il « Ponte rotto » di Antonio Canal che ci venne da Londra, la «La-
guna » di Francesco Guardi prestataci dal Museo Poldi Pezzoli. V'è già tutta la più bella e sincera e
profonda pittura di paesaggio degl'inglesi e dei francesi tra la fine del '700 e il 1850 o '60. Dopo questa
Mostra, potranno gli storici del paesaggio moderno rifiutarsi ancóra di risalire dai francesi e dagl'inglesi
fino ai veneziani? Antonio Canal, Marco Ricci, Francesco Zuccarelli lavorarono proprio in Inghilterra.
Quelli che non v'andarono, Bellotto, Guardi, Zais, ebbero allora una clientela inglese prima che italiana.
Per ricordare questa Mostra, per renderne durevoli i frutti, per far sì che anche chi non la visitò
possa goderne e giovarsene, per esortare la città di Firenze o altre città italiane a moltiplicare su logici
programmi e in sedi degne queste grandi mostre d'arte passata le quali finora sembravano vanto esclusivo
degli stranieri, pubblichiamo questo libro.
Ci è caro, ripensando al lungo lavoro, salutare qui sulla soglia e ringraziare gli amici e i colleghi,
italiani e stranieri, che ci hanno aiutati con l'opera e con la dottrina. Come la Mostra, anche questo libro
è merito loro prima che nostro.
UGO OJETTI.
La Commissione esecutiva per la Mostra della Pittura del Seicento e del Settecento era così composta:
UGO OJETTI presidente, CARLO GAMBA-GHISELLI vice presidente, GIOVANNI POGGI,
NELLO TARCHIANI, LUIGI DAMI segretario.
Ma per restare nella pura osservazione critica della pittura, un'altra conclusione devo additare; ed è
che qui finalmente, al Tiepolo e al Guardi voglio dire ai due ultimi prodigi dell'arte veneziana, s'è trovata
un'origine logica e visibile, un'ascendenza diretta e sicura fin nel cuor del Seicento. Feti, Strozzi, Lys, Maf-
fei, Crespi, Magnasco, Ricci, Piazzetta, ecco di quei due re l'albero genealogico in cui Genova, Roma,
Bologna hanno, tra fronde d'alloro, il loro nome. La Venezia settecentesca, tutta lusso, musica, teatro e
galanteria, diventa la serra calda da cui l'albero, rotti i ripari, lancerà contro un cielo azzurro, tra sospiri
di nuvole leggere, il suo fiore supremo.
E finalmente, l'ultima conclusione e l'ultimo vantaggio della Mostra è stato il conforto che essa ha
dato ai pittori viventi: e dico viventi non solo per dire di quei pittori che respirano e camminano, ma per
dire di quelli che operano, anzi adesso tornano a operare con rispetto della tradizione, con amore dei
loro antichi, felici di trovare in Italia, di trovare anche in questi due secoli d'arte italiana, guide e maestri
ben più sicuri e più saldi di quelli che per seguire la moda essi andavano a cercare oltre monte. Le visite
e i consensi più cari ci sono stati insomma quelli dei pittori. Chi s'è innamorato del calmo equilibrio di
Guido Reni, del « dolce Guido », e chi dei nervosi capricci del Magnasco ; chi della grassa pittura di Luca
Giordano nei suoi quadri d'erbe e di frutta, e chi del modellare caravaggesco a colpi e rimbalzi e scivoli
di luce. Ma il fatto si è che una verità è apparsa a tutti, senza contestazione: che lo sforzo della pittura
dell'Ottocento è stato di ricongiungersi al Settecento dopo il lungo e freddo riposo dell'Accademia neoclas-
sica. E se adesso la moda Volge a una più semplice e piena costruzione dei corpi, anzi di tutto il quadro,
è utile imparare da questi maestri la perfetta conoscenza dell'arte, l'equilibrio tra ragione e fantasia,
tra fantasia e verità, tra originalità e tradizione, e la volontà di parlar chiaramente a tutti, non solo, per
geroglifici e criptogrammi, agl'iniziati. Vi sono incontri e ritorni che svelano al primo sguardo questa
aderenza, ad esempio, della pittura di paese dell' 800 alla pittura dei grandi paesisti veneti del '700. Ri-
cordiamo solo due piccoli quadri: il « Ponte rotto » di Antonio Canal che ci venne da Londra, la «La-
guna » di Francesco Guardi prestataci dal Museo Poldi Pezzoli. V'è già tutta la più bella e sincera e
profonda pittura di paesaggio degl'inglesi e dei francesi tra la fine del '700 e il 1850 o '60. Dopo questa
Mostra, potranno gli storici del paesaggio moderno rifiutarsi ancóra di risalire dai francesi e dagl'inglesi
fino ai veneziani? Antonio Canal, Marco Ricci, Francesco Zuccarelli lavorarono proprio in Inghilterra.
Quelli che non v'andarono, Bellotto, Guardi, Zais, ebbero allora una clientela inglese prima che italiana.
Per ricordare questa Mostra, per renderne durevoli i frutti, per far sì che anche chi non la visitò
possa goderne e giovarsene, per esortare la città di Firenze o altre città italiane a moltiplicare su logici
programmi e in sedi degne queste grandi mostre d'arte passata le quali finora sembravano vanto esclusivo
degli stranieri, pubblichiamo questo libro.
Ci è caro, ripensando al lungo lavoro, salutare qui sulla soglia e ringraziare gli amici e i colleghi,
italiani e stranieri, che ci hanno aiutati con l'opera e con la dottrina. Come la Mostra, anche questo libro
è merito loro prima che nostro.
UGO OJETTI.
La Commissione esecutiva per la Mostra della Pittura del Seicento e del Settecento era così composta:
UGO OJETTI presidente, CARLO GAMBA-GHISELLI vice presidente, GIOVANNI POGGI,
NELLO TARCHIANI, LUIGI DAMI segretario.