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deteriore, di una addizione variabile all'infinito, in infiniti risultati, dei vari elementi costitutivi ; condannarsi
alla ricerca continua d'un minimo comune denominatore che di quelli rendesse possibile la convivenza. Voleva
dire anche, in ordine pratico, la distruzione della grande tradizione rinascimentale della discepolanza di bottega,
condotta presso un unico maestro e su opere d'arte viventi e in formazione; e la convinzione invece che esistono
modelli multipli e conchiusi, ineliminabili e immutabili, dai quali al maestro non rimanga che insegnare a trarre
deduzioni altrettanto fisse e irrevocabili : nel che precisamente consiste l'accademia. E la scuola dei Carracci
fu infatti, assai più di quella fiorentina del Vasari, la prima accademia d'Italia.
Ma siccome, specialmente Annibale, erano artisti non mediocremente dotati, riuscì loro impossibile,
come è facile pensare, l'attuazione integrale del programma. E a volta a volta propendevano più per una
che per l'altra delle forme e dei modi stilistici di cui invocavano la realizzazione concomitante. Nelle pale
d altare era la composizione correggesca, assai appesantita, che la vinceva; con quel tanto di gigantismo, figlio
spurio del plasticismo michelangiolesco, che affiorava anche nel Tiziano dell'« Assunta », del «San Pietro
Martire », delle storie bibliche di Santa Maria della Salute; e con tentativi di aggiogare a partiti chiaro-
scurali intensi un solido colorismo veneziano. Nei quadri di cavalletto era quasi sempre ovvio il trionfo di
un puro venezianismo cromatico e di pennellata. Infine negli affreschi, Annibale a Roma o Agostino a Parma,
forse anche dietro la costrizione persuasiva della tecnica, conciliarono un plasticismo michelangiolesco, più
solido e contenuto nelle parti decorative, più rigonfio e vuoto nelle storie, con il senso compositivo raffael-
lesco andato a ricercare nella terza delle stanze vaticane, nella storia di Psiche e più di tutto nella «Galatea».
E fu la loro vera conquista. Gli speciali elementi che concorrevano in quel punto dell'arte raffaellesca
facilitarono la conciliazione. Ed essi, presi a pieno dall'amore della favola bella, dal gusto della narrazione
beata, si lasciarono andare nei momenti più felici, senza troppe fisime, a una fiorosa illustrazione pastorale e
bucolica nella quale, risalendo sempre più a galla e alla superficie, con sempre meno stile e più realismo ;
contornando e frugando con un disegno vivido ed elegante le masse michelangiolesche, moltiplicando i gesti
e le divaricazioni dei membri; disfacendo cioè i blocchi di Michelangiolo e misconoscendo e intorbidando le
supreme spazialità vacue, in superficie e in profondità, di Raffaello, riuscirono, specie Annibale nella Galleria
Farnese, a un grandioso arabesco decorativo, su cui si doveva innestare poi lo stile di Pietro da Cortona.
In totale i Carracci, se non inventarono, assodarono per sempre la tradizione accademica del « secolo
doro ». E crearono un neo-cinquecentismo il quale costituì una delle grandi correnti di cui si alimentò la
pittura europea nel secolo XVII.
3. - Di esse la seconda e ben maggiore fu la caravaggesca. La posizione psicologica del Caravaggio
e il rovescio di quella dei Carracci. Egli negò, almeno nei momenti di oltranza polemica, tutta quanta la
tradizione d'arte che il cinquecento conosceva, statue antiche e madonne di Raffaello, in blocco. E ci si
pose contro in stato d' animo rivoluzionario. Nel fatto le cose andarono poi diversamente, come succede di
tutti gli incaponimenti preventivi. E di giorno in giorno si fanno sempre più chiare le connessioni caravaggesche
con 1 arte del cinquecento. Già i contemporanei conobbero quanto nella sua formazione egli dovette a Giorgione.
Modernamente è stata rilevata la parte che ebbero nella sua educazione il Lotto o il Savoldo. Qualcuno ha
richiamato il chiaroscuro formale di Raffaello, e messo a riscontro, per controprova, qualche intento stilistico
di Ingres. A qualcuno certe sue composizioni han rammentato Masaccio. Può aggiungersi che certe solidi-
ficazioni plastiche di nudi del Caravaggio, « l'Amore Vittorioso », o il « San Giovanni » della Galleria Doria,
o il « Carnefice » di San Luigi de' Francesi, qualche costruzione facciale a lento degradare di piani curvilinei
continui (se ne scelgano nelle sue opere quanti se ne vuole) possono essere messi fruttuosamente a paragone
con opere bronziniane come « Venere e Cupido » di Londra, il « Cristo morto » di Santa Croce, e molti
ritratti feminei ; fatta la dovuta parte alla diversità grande del trattamento coloristico delle superfici e del
chiaroscuro, non più soltanto modellativo nel Lombardo.
L'ULTIMO
CLASSICO:
IL CARA-
VAGGIO.
deteriore, di una addizione variabile all'infinito, in infiniti risultati, dei vari elementi costitutivi ; condannarsi
alla ricerca continua d'un minimo comune denominatore che di quelli rendesse possibile la convivenza. Voleva
dire anche, in ordine pratico, la distruzione della grande tradizione rinascimentale della discepolanza di bottega,
condotta presso un unico maestro e su opere d'arte viventi e in formazione; e la convinzione invece che esistono
modelli multipli e conchiusi, ineliminabili e immutabili, dai quali al maestro non rimanga che insegnare a trarre
deduzioni altrettanto fisse e irrevocabili : nel che precisamente consiste l'accademia. E la scuola dei Carracci
fu infatti, assai più di quella fiorentina del Vasari, la prima accademia d'Italia.
Ma siccome, specialmente Annibale, erano artisti non mediocremente dotati, riuscì loro impossibile,
come è facile pensare, l'attuazione integrale del programma. E a volta a volta propendevano più per una
che per l'altra delle forme e dei modi stilistici di cui invocavano la realizzazione concomitante. Nelle pale
d altare era la composizione correggesca, assai appesantita, che la vinceva; con quel tanto di gigantismo, figlio
spurio del plasticismo michelangiolesco, che affiorava anche nel Tiziano dell'« Assunta », del «San Pietro
Martire », delle storie bibliche di Santa Maria della Salute; e con tentativi di aggiogare a partiti chiaro-
scurali intensi un solido colorismo veneziano. Nei quadri di cavalletto era quasi sempre ovvio il trionfo di
un puro venezianismo cromatico e di pennellata. Infine negli affreschi, Annibale a Roma o Agostino a Parma,
forse anche dietro la costrizione persuasiva della tecnica, conciliarono un plasticismo michelangiolesco, più
solido e contenuto nelle parti decorative, più rigonfio e vuoto nelle storie, con il senso compositivo raffael-
lesco andato a ricercare nella terza delle stanze vaticane, nella storia di Psiche e più di tutto nella «Galatea».
E fu la loro vera conquista. Gli speciali elementi che concorrevano in quel punto dell'arte raffaellesca
facilitarono la conciliazione. Ed essi, presi a pieno dall'amore della favola bella, dal gusto della narrazione
beata, si lasciarono andare nei momenti più felici, senza troppe fisime, a una fiorosa illustrazione pastorale e
bucolica nella quale, risalendo sempre più a galla e alla superficie, con sempre meno stile e più realismo ;
contornando e frugando con un disegno vivido ed elegante le masse michelangiolesche, moltiplicando i gesti
e le divaricazioni dei membri; disfacendo cioè i blocchi di Michelangiolo e misconoscendo e intorbidando le
supreme spazialità vacue, in superficie e in profondità, di Raffaello, riuscirono, specie Annibale nella Galleria
Farnese, a un grandioso arabesco decorativo, su cui si doveva innestare poi lo stile di Pietro da Cortona.
In totale i Carracci, se non inventarono, assodarono per sempre la tradizione accademica del « secolo
doro ». E crearono un neo-cinquecentismo il quale costituì una delle grandi correnti di cui si alimentò la
pittura europea nel secolo XVII.
3. - Di esse la seconda e ben maggiore fu la caravaggesca. La posizione psicologica del Caravaggio
e il rovescio di quella dei Carracci. Egli negò, almeno nei momenti di oltranza polemica, tutta quanta la
tradizione d'arte che il cinquecento conosceva, statue antiche e madonne di Raffaello, in blocco. E ci si
pose contro in stato d' animo rivoluzionario. Nel fatto le cose andarono poi diversamente, come succede di
tutti gli incaponimenti preventivi. E di giorno in giorno si fanno sempre più chiare le connessioni caravaggesche
con 1 arte del cinquecento. Già i contemporanei conobbero quanto nella sua formazione egli dovette a Giorgione.
Modernamente è stata rilevata la parte che ebbero nella sua educazione il Lotto o il Savoldo. Qualcuno ha
richiamato il chiaroscuro formale di Raffaello, e messo a riscontro, per controprova, qualche intento stilistico
di Ingres. A qualcuno certe sue composizioni han rammentato Masaccio. Può aggiungersi che certe solidi-
ficazioni plastiche di nudi del Caravaggio, « l'Amore Vittorioso », o il « San Giovanni » della Galleria Doria,
o il « Carnefice » di San Luigi de' Francesi, qualche costruzione facciale a lento degradare di piani curvilinei
continui (se ne scelgano nelle sue opere quanti se ne vuole) possono essere messi fruttuosamente a paragone
con opere bronziniane come « Venere e Cupido » di Londra, il « Cristo morto » di Santa Croce, e molti
ritratti feminei ; fatta la dovuta parte alla diversità grande del trattamento coloristico delle superfici e del
chiaroscuro, non più soltanto modellativo nel Lombardo.
L'ULTIMO
CLASSICO:
IL CARA-
VAGGIO.