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(Vedi a pag. 144 , note)
Sopra il ritratto di Bindo Altoviti,
creduto erroneamente quello di Raffaello ,
da lui stesso dipinto.
Ad un suo Amico.
Il cav. Tommaso Puccini.
E dunque vero, che il famoso ritratto di Raffaello ha cambiata la casa Altoviti di
Firenze con la R. Pinacoteca di Monaco ? Ma la legge non proibisce la estrazione dei
monumenti dalla Toscana senza l’assenso in iscritto del direttore della R. Galleria?
Come dunque avete assentito a spogliar la patria di uno così raro, così prezioso, e di
tanta celebrità? Vera verissima è pur troppo la perdita: cinque mila zecchini offerti dal
principe Poniatowski non valsero a sedurre il padre, e tremila cinquecento han sedotto
il figlio , o piuttosto 1’ amministratore di quel ricco patrimonio , per rinunciare al più
bell’ornamento della famiglia Altoviti. Le leggi toscane de’ 26 decembre 1754, e de’ 16
gennaio 1781 , proibiscono la estrazione di qualunque siasi monumento delle arti , senza
la permissione del Consiglio di Stato , a cui appresso fu sostituito per farne le veci il
direttore della R. Galleria : ma queste leggi quanto sollecite di preservare alla Toscana i
capi d’ opera delle arti, erano altrettanto aliene dall’ impedire 1’ arbitrio , che ciascun
proprietario aver deve sulle cose sue ; e perciò non davano a noi che la prelazione
sugli estranei. Io dunque invitato da Tilly presidente alla Galleria di Monaco ad
accordargli la libera estrazione di questo ritratto , com’ era del mio officio il sostenere
la nostra prelazione, cosi ricusai di prestarmi alle sue istanze , ne sospesi la esecuzione,
ed inoltrai una memoria alla Giunta per informarla del fatto , delle leggi , della rarità
del monumento , e del danno gravissimo , che avrebbe a noi cagionato la perdita. Tilly
mi conosceva troppo per non sperare , eh’ io per qualunque obbietto mi fossi rimosso
dalla mia determinazione ; e perciò convenne in voce , che io non poteva condurmi
altrimenti ; in fatti poi si crucciò meco , si dolse con gli amici , che io gli avessi per
siffatta maniera intorbidato l’affare , e questo concluso , lieto della vittoria , che dovè
intieramente ai 35oo zecchini, partì in così buona compagnia da Firenze, senza pur
salutarmi. Dopo la narrazion del fatto, potrete piangere col vostro amico la perdita, ma
non condannarlo come autore, o complice della medesima.
Mi domandate in seguito quale opinione io m’ abbia dell’ opera , e della sua
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(Vedi a pag. 144 , note)
Sopra il ritratto di Bindo Altoviti,
creduto erroneamente quello di Raffaello ,
da lui stesso dipinto.
Ad un suo Amico.
Il cav. Tommaso Puccini.
E dunque vero, che il famoso ritratto di Raffaello ha cambiata la casa Altoviti di
Firenze con la R. Pinacoteca di Monaco ? Ma la legge non proibisce la estrazione dei
monumenti dalla Toscana senza l’assenso in iscritto del direttore della R. Galleria?
Come dunque avete assentito a spogliar la patria di uno così raro, così prezioso, e di
tanta celebrità? Vera verissima è pur troppo la perdita: cinque mila zecchini offerti dal
principe Poniatowski non valsero a sedurre il padre, e tremila cinquecento han sedotto
il figlio , o piuttosto 1’ amministratore di quel ricco patrimonio , per rinunciare al più
bell’ornamento della famiglia Altoviti. Le leggi toscane de’ 26 decembre 1754, e de’ 16
gennaio 1781 , proibiscono la estrazione di qualunque siasi monumento delle arti , senza
la permissione del Consiglio di Stato , a cui appresso fu sostituito per farne le veci il
direttore della R. Galleria : ma queste leggi quanto sollecite di preservare alla Toscana i
capi d’ opera delle arti, erano altrettanto aliene dall’ impedire 1’ arbitrio , che ciascun
proprietario aver deve sulle cose sue ; e perciò non davano a noi che la prelazione
sugli estranei. Io dunque invitato da Tilly presidente alla Galleria di Monaco ad
accordargli la libera estrazione di questo ritratto , com’ era del mio officio il sostenere
la nostra prelazione, cosi ricusai di prestarmi alle sue istanze , ne sospesi la esecuzione,
ed inoltrai una memoria alla Giunta per informarla del fatto , delle leggi , della rarità
del monumento , e del danno gravissimo , che avrebbe a noi cagionato la perdita. Tilly
mi conosceva troppo per non sperare , eh’ io per qualunque obbietto mi fossi rimosso
dalla mia determinazione ; e perciò convenne in voce , che io non poteva condurmi
altrimenti ; in fatti poi si crucciò meco , si dolse con gli amici , che io gli avessi per
siffatta maniera intorbidato l’affare , e questo concluso , lieto della vittoria , che dovè
intieramente ai 35oo zecchini, partì in così buona compagnia da Firenze, senza pur
salutarmi. Dopo la narrazion del fatto, potrete piangere col vostro amico la perdita, ma
non condannarlo come autore, o complice della medesima.
Mi domandate in seguito quale opinione io m’ abbia dell’ opera , e della sua