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Serlio, Sebastiano
Tutte l'opere d'architettura di Sebastiano Serlio Bolognese (Buch 1-7) — Venetia, 1584

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https://doi.org/10.11588/diglit.1693#0147
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C A V. II IL

DELLE ANTICHITÀ’

5*

'siA‘ gli antichi edifici che si -veggono in ig&majsimò che il sirn-
tbeon per vn corpo filo sia neramente il piu beilo, il pm integro,
& il meglio intefo: & è tanto piu marauigliofo de gli altri, qudn
to che hauendo egli molti membri-, cefi ben tutti corrssimidono al
corpo,che qualunque per fona vedendo tal correspmidéhtia re ri-
mari satissatto. & questo attiene .che quel prudente Architetto,
che ne su inventore , sece elettione della piu perfetta sorma, cioè
della rotodita, onde volgarmentesi gli dice la ritonda : perdo eh e
nella parte interiore tanto e Halteggafua, quanto la sud largegga.
& forfè il prefato Architetto co sedera do che tutte le cefi che prò
cedono ordinatamente,hanno vn principale,&fil capotai quale
dipendono gli altri inseri ori *volsi che queslo edisicio hauesfe un lume filo: ma nellapartefitperiore,
àcciocheper tutti ì luoghi fi potesie vgualmente dilatare,come in esfetto si uede che fa. perche ol-
irà le altre cose che hanno il suopersetto lume, le sei capette, le quali per essere nella grojfegga del
muro doueriano essere tenebrose ; hanno nondimeno il suo lume conueniente per vigore d'alcune fine
fìre sopra le dette capelle,chegli porgono il lume fecondo,tolto dall'appura disopra, sì che non ci è
cofa,per minima chesia,che non habbia Infila parte del lume • Et fidamente le cofe dell'edificio ma
teriali,e stabiti hanno vnagrada mirabile:ma le persine che si veggono quitti detro,ancora che bah
bino mediocre assetto & prefengasi gli accrefie un non s-o che di grandegga,& di venusiani tutto
nasiedal lume celefie,che da cosa alcuna non è impedito: & dò non è fatto finga gran giudi do, per-
che essendo queslo tempio anticamente siato dedicato a tutti li Dei,onde ci immutili unno molte sìa
tue,del che ne san sede diuerfi tabernacoli, nichi, & finefìrelle , hi fognava che tutte bauesjhro la lo-
ro accommodata luce. Et però quelli che fi dilettano dì tenere diuerfi fatue , & altre cofe di rileuo,
deueriano hauere vna fìanga silmile, chi riceuesse il lume difopra ; percioche no accaderia mai andar
mendicando il lume alle cofe, ma in qualunque luogo su siere pofìe dirno sìreriano la fua persettione.
Sarebbe ancora molto alproposito per le pitture , pur che fuffero diate dipinte a tal lume. llche
suol sare la maggior parte degiuditiofi pittori, che mentre voglion dare gran sorga, &rilìeuo alle
sigure,pigliano il lume dalato: ma le pitture satte in cotal maniera vogliono esfere guardate dahuo
mini intendenti,che altrimenti deue sussero degne di lode- sariano biafimate : perche le ombre oseure
offendono quelli chenonintendon l’arte: benché le pitture del gran Titiano silano pur fatte a che
lume si voglialo anno nondimeno tata dglcegga, & son cosi ben colorite, chefatisfano a tutte le per
sine, & hanno grandissimorilieuo . H or per tornare al mioprimo ragionamento dico, che esfon-
do ilTantheon,secondo ilgiudicio mio,la meglio intefa Architettura dì tutte l' altre che io ho veda
te, & che si veggono,mi èparso metterlo nel principio, & per capo di tuttiglialtri edifici, & mafsi -
imamente essendo tempio sacro,&dedicato al culto diurno per BonifatioTontefice . Il fondatore di
quello tempio,per quanto metteTlinìo in piu dvn luogo, su Marco cAgrippa, adempiendo però la
volontà di cAuguslo Cefare,che interrotto dalla morte non lo puote fare. &su queslo tempio edlfi
tato circa all' anno di C hrisìo quartodecimo,che viene a essere gli anni del mondo cinquemila & duge
to & tre in circa.nel detto tempio (come scriue Tlinio) li capitelli erano di rame. il detto ferine che
Diogene Scult ore Atheniesesece le Cariatide nelle coione molto approbate, & che le Hatue pofìe fio
fra il si onte sile io erano molto lodate,benché per l'alt egg a del luogo non susfero celebrate. Queslo
tempio ni per cossa dalli fulmini, & si abbrucò circa l'anno duodecimo di Traiano Imperatore , che
viene ad essere l’anno di Chnffo cento tredeci, & del mondo cinque mila trecento undici. gir Lucio
Settimo Seuero, <& njsitarco tAurelio tAn tonino lo tisi oravano con tutti lisuoi ornamenti, come
G z appare
 
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