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colpo alla testa, in un alterco, un suo concittadino del partito
avverso. 1 A Lucca seppe che, in patria, accusato d’aver avuto
pratiche col conte di Durazzo, quando questi erasi mosso
contro Firenze, l’avevano condannato a essere prima trasci-
nato per la città legato alla coda d’un asino, e poi decapitato;
oltre a doversi abbattere le sue case e a trattarsi i suoi fi-
gliuoli come ribelli. Se la sentenza non veniva, come venne
di fatto, revocata lo stesso anno, non avremmo Donatello.
1 II fatto è narrato dal contemporaneo Buonaccorso di Luca Pitti,
in questi termini :
« L’anno 1379 andai a Gienova con Matteo de lo Scielto, e tornati
che fumo a Pisa, Mess. Piero Gambacorta fecie acomiatare di Pisa
me e molti altri sbanditi. Andamene a Siena, e stato là alquanti mesi,
ritornai a Pisa, e tornommi con Giusto del Citerna, che avea bando
da Firenze ; e stato là alquanti mesi, acchade l’anno 1380 adi ....
d’Aprile, che Matteo del Ricco Corbizi da San Piero Magiore, es-
sendo egli a Pisa per suoi fatti di merchantia, e perch’egl’era de’ con-
fidenti acoloro, che per alora regievano a Firenze, a la scoperta con
disoneste parole parlava a viso, a cerchio, a loggia, e su per le piazze
a la ’ncontra di tutti: e di ciaschuno cittadino sbandito, e confinato
con dire villane parole, e seghuitando ciò con isfrenata baldanza, ac-
chadde, che uno di egli disse a me villania, etc. di che gli risposi, e
dissili, che s’egli seghuitasse a dire villania e dare noia a Cittadini
usciti, o vero cacciati da Firenze, che a lui sarebbe un di insanghuinata
la sua chamicia. Montò in superbia, e radoppiò il dirmi villania.
Partimi da lui, e mandai Giusto del Citerna a dirgli, ch’io non an-
drei più dov’egli fosse, nè gli parlerei, a ciò ch’egli non mi diciesse
più villania, e che s’egli venisse dov’io fossi, me n’andrei, e che se
pure egli seghuitasse di dire cosa, che toccasse al mio honore ch’io
gli dimostrerei con effetto che mi dispiaciesse. Andò, e tornò: rapor-
tòmi che egli gli disse : Va, di a Bonacorso, ch’io non curo le sue
parole, nè minacele, ma che io non ristarò, ch’egli, e tu, e gli altri
sbanditi, che ci sono, non potranno stare a Pisa. Seghuitò, che ivi a
pochi di avendo io cienato con Matteo de lo Scielto, e usciti fuori
in su le 24 ore, e trovando noi il detto Matteo del Ricco, Matteo de
lo Scielto s’accozzò con lui, perchè aveano alcuno trafico insieme di
merchantia. Lasciali, e trovai Niccolò di Betto Bardi, e aspettando, che
Matteo lasciasse l’altro Matteo, poco istante Matteo del Ricco lasciò
colpo alla testa, in un alterco, un suo concittadino del partito
avverso. 1 A Lucca seppe che, in patria, accusato d’aver avuto
pratiche col conte di Durazzo, quando questi erasi mosso
contro Firenze, l’avevano condannato a essere prima trasci-
nato per la città legato alla coda d’un asino, e poi decapitato;
oltre a doversi abbattere le sue case e a trattarsi i suoi fi-
gliuoli come ribelli. Se la sentenza non veniva, come venne
di fatto, revocata lo stesso anno, non avremmo Donatello.
1 II fatto è narrato dal contemporaneo Buonaccorso di Luca Pitti,
in questi termini :
« L’anno 1379 andai a Gienova con Matteo de lo Scielto, e tornati
che fumo a Pisa, Mess. Piero Gambacorta fecie acomiatare di Pisa
me e molti altri sbanditi. Andamene a Siena, e stato là alquanti mesi,
ritornai a Pisa, e tornommi con Giusto del Citerna, che avea bando
da Firenze ; e stato là alquanti mesi, acchade l’anno 1380 adi ....
d’Aprile, che Matteo del Ricco Corbizi da San Piero Magiore, es-
sendo egli a Pisa per suoi fatti di merchantia, e perch’egl’era de’ con-
fidenti acoloro, che per alora regievano a Firenze, a la scoperta con
disoneste parole parlava a viso, a cerchio, a loggia, e su per le piazze
a la ’ncontra di tutti: e di ciaschuno cittadino sbandito, e confinato
con dire villane parole, e seghuitando ciò con isfrenata baldanza, ac-
chadde, che uno di egli disse a me villania, etc. di che gli risposi, e
dissili, che s’egli seghuitasse a dire villania e dare noia a Cittadini
usciti, o vero cacciati da Firenze, che a lui sarebbe un di insanghuinata
la sua chamicia. Montò in superbia, e radoppiò il dirmi villania.
Partimi da lui, e mandai Giusto del Citerna a dirgli, ch’io non an-
drei più dov’egli fosse, nè gli parlerei, a ciò ch’egli non mi diciesse
più villania, e che s’egli venisse dov’io fossi, me n’andrei, e che se
pure egli seghuitasse di dire cosa, che toccasse al mio honore ch’io
gli dimostrerei con effetto che mi dispiaciesse. Andò, e tornò: rapor-
tòmi che egli gli disse : Va, di a Bonacorso, ch’io non curo le sue
parole, nè minacele, ma che io non ristarò, ch’egli, e tu, e gli altri
sbanditi, che ci sono, non potranno stare a Pisa. Seghuitò, che ivi a
pochi di avendo io cienato con Matteo de lo Scielto, e usciti fuori
in su le 24 ore, e trovando noi il detto Matteo del Ricco, Matteo de
lo Scielto s’accozzò con lui, perchè aveano alcuno trafico insieme di
merchantia. Lasciali, e trovai Niccolò di Betto Bardi, e aspettando, che
Matteo lasciasse l’altro Matteo, poco istante Matteo del Ricco lasciò