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PREFAZIONE (XIX)
da chi s\ Applicala si alla, filosofia sì alt arte del difegno . Perciò le poefie di luì
erano la {orgente comune , onde cavavano tanto i tragici quanto gli artefici i/og-
getti delle opere loro 5 ficuri gli uni e gli altri di farfi capire da chi le a/coltava.
e le considerava . Le poefìe d' Omero poi, e/fendo con le altre tradizioni della mi-
tologia unite i.nfieme con issrettifsimo legame ? furono tenute come tante notizie
srettanti alla religione, ed infegnateperciò nelle fcuole asfieme con la lettura di,
quel poeta ■> principiando dal congiungimento d' ZJrano > o sia del cielo con In-
terra y e tutto quel fìstema della favola fin al ritorno d Vli/fe a Itaca chiamata
il Circolo mitico ( Kv'n.KQ- (xvdi>tG<; *) venne a ejfere il -va/lo campo in cui
j' efercitaVa l' arte . Dalla parola KuzXQ- prefa in quesio senfò credo che quegli
fcrittori i quali fifendevano a trattare di tutto quel circolo > o almeno di tutto,
quel che comprende l'Iliade e V Odi/fea 5 fojfero chiamati Cyclii s onde Verrei
be a fpiegctrfi <V*el c^e Orazio dice poco dopo i verfi di /òpra citati j fenzjt ejfer.
sinora fiato bene mteso ? per quanto io fiappia i
Nec sìc incipies , ut scriptor Cyclius olirci °
Fortunara Priami cantabo , & nobile bellum .
Ma quefiofia detto di pa/faggio . La verità fi è 5 come già di/fi, che Omero era-
il gran maefiro de^h artefici antichi y e perciò chi defiderava di capire il lignifi-
cato delle immagini da loro rapprefentatene , conyien che ricorra allo fiejfo poeta >
per illuminarsi.
Dalla maffìma mede/ima da me propofia , la quale ha in vi/la degli argo-
menti disficili a /piegar/, vengono in confèguenzjt efiìusì i monumenti pubblici
eretti in onor de%t Imperadori, e la maggior parte delle loro medaglie , com' an-
che quelle di altri Re , e delle città s perchè alla riferva di qualche /imbolo,
ivi e/pre/fo y che pub rimanere ofeuro , alludono ai tempi d* allora •> come i monu-
menti di marmo de* Ce/ari quali fono /colpite le loro gesle .
? afsando pofei a a dimofirare V. utilità di quefla majfima^ dee rifletter/'>
eh' e/eludendo dagli antichi monumenti le rappre/entazjoni della forici non fa-
volo/a , e rifiringendoci in quefia, guisa alla favola , la-mente di colui il quale
li va /piegando , riman raccolta entro termini più rifretti, e forre con meno
di/fipazione il vasio campo delle immagini antiche > fi/fandofi più facilmente in
un abbietto > che chi fi perde colpenferò nella fioria più basfo, tanto de"* Greci
quanto de' Romani. Ben provai io quel che dico , allor quando , per oppormi a
ciò che può fignisicarne il frammento d un bafjorilievo riferito in que/F Opera
al Num. 127. l& prima idea che mi Venne in mente fu U fioria di Filippo medico <>
di cui narrafl 5 che nel porgere ad Ale/fandro Magno già infermo , una bevanda >
fu incolpato pre/fo quefio Re , d'avergli voluto propinare il veleno in cambio di
medicina 3 e che Ale/fandro considato/i in lui , e infra fi difiolpandolo , in-
trepidamente la beve . Imperciocché la sigura che fotea prender/ per Alef/andro
e ignuda alt eroica > e fenzj> diadema , del quale per altro è adorna l'altra
sigura eh" io pigliava per. quella del medico 1 or conviene ad Ale/fandro - la nudità -,
e il diadema al fervo ? guanto più di convenienza per altro trovai m ciò a che
* * * 2 poi
(1) Proci, chrestomath. ap. Phot, bibl, £. 521. h %%x
 
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