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Tasso, Torquato
La Gerusalemme liberata — Venedig, 1745

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https://doi.org/10.11588/diglit.5052#0319
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343

UNDECIMO.
XXX.
Deh spezza tu del predator Francese
L'asta , Signor, con la man giusta e sorte :
E lui che tanto il tuo gran nome offese ,
Abbatti, e spargi sotto 1' alte porte.
Così dicean, ne fur le voci intese
Là giù tra'l pianto dell'eterna morte.
Or mentre la Città s'appretta e prega,
Le genti e l'armi il pio Buglion dispiega.
xxxi.
Tragge egli fuor Fesercito pedone
Con molta provvidenza, e con beli' arte ;
E contra il muro, eh' assalir dispone,
Obbliquamente in duo lati il comparte.
Le balille per dritto in mezzo pone,
E gli altri ordigni orribili di Marte ;
Onde in guisa di fulmini li lancia
Ver le merlate cime or sallo, or lancia.
XXXII.
E mette in guardia i cavalier de' fanti
Da tergo, e manda intorno i corridori.
Dà il legno poi della battaglia, e tanti
I sagittarj sono, e i frombatori,
E l'arme delle macchine volanti,
Che seemano fra i merli i difensori.
Altri v' è morto , e '1 loco altri abbandona :
Già men folta del muro è la corona.
XXXIII.
La gente Franca impetuosa e ratta
Allor quanto più puote affretta i passi.
E parte seudo a seudo insieme adatta,
E di quegli un coperchio al capo fassi :
E parte sotto macchine s'appiatta,
Che fan riparo al grandinar de' sassi.
Ed arrivando al follo, il cupo e '1 vano
Cercano empirne, ed adeguarlo al piano.
( 131 )
 
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