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DECIMO QUINTO.
LIV.
Né , come altrove suol, ghiacci ed ardori,
Nubi e sereni a quelle piaggie alterna j
Ma il ciel di candidissimi splendori
Sempre s'ammanta, e non s'infiamma, o vermi}
E nutre ai prati l'erba, all'erba i fiori.
Ai fior l'odor, l'ombra alle piante eterna.
Siede sui lago, e signoreggia intorno
I monti , e i mari il bel palagio adorno.
LV.
I Cavalier per l'alta aspra salita
Sentiansi alquanto affaticati e lassi :
Onde ne gian per quella via fiorita
Lenti, or movendo , ed or fermando i pam -y
Quando ecco un fonte che a bagnar gì' invita
Le asciutte labbra, alto cader da' salli,
E da una larga vena, e con ben mille
Zampilletti spruzzar Y erbe di Mille.
LVL
Ma tutta insieme poi tra verdi sponde
In profondo canal l'acqua s'aduna:
E sotto l'ombra di perpetue fronde
Mormorando sen va gelida e bruna j
Ma trasparente sì che non asconde
Dell' imo letto suo vaghezza alcuna 5
E sovra le sue rive alta s'estolle
L'erbetta, e vi fa seggio fresco e molle.
LVII.
Ecco il fonte del riso, ed ecco il rio
Che mortali perigli in se contiene.
Or qui tener a fren noslro desio,
Ed esser cauti molto a noi conviene.
Chiudiam l'orecchie al dolce canto e rio
Di quelle del piacer false Sirene.
Così n'andar fin dove il fiume vago
Si spande in maggior letto, e forma un lago.
( 180 )
 
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