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DINGO SANT'AMBROGIO
già addetto alla Fabbrica del duomo sul finire del xv secolo, Tommaso da Cazzaniga, e si appalesa
invece da sé, pe' suoi pregi artistici, come opera indubbia di Giovanni Antonio Omodeo.
Sgraziatamente mancarono fin qui attendibili documenti per respingere issofatto come erronea
l'opinione che assegna a Tommaso da Cazzaniga, anziché all'Omodeo, quel monumento; — e poiché
e in materia di storia e in materia d'arte si ama ripetere un'opinione, pur senza fondamento,
ma universalmente accettata, piuttostochè affrontare risolutamente un problema insoluto o attenersi
ad un prudente riserbo — passò fino ad oggi come da tutti indiscutibilmente ammessa l'opinione
più sopra accennata, benché affatto destituita di ogni valore e fondamento.
Senonchò, quando si dimostri la fallacia di quel giudizio, che appare tanto più evidente a
chi ponga mente che il monumento Della Torre è opera del 1483, e che il Tommaso da Cazza-
niga non venne ad avere qualche celebrità che nell' ultimo decennio del secolo xv, in cui fu
annoverato, con Benedetto Briosco, fra gli scultori della cattedrale milanese — converrà ognuno
che fa d'uopo respingere un errore insinuatosi a poco a poco per difetto meramente di sana critica, e
accettare come assai più logici e concludenti i risultati che, per inoppugnabili ragioni artistiche,
ne fanno ascrivere il grandioso monumento Della Torre a Giovanni Antonio Omodeo.
E, innanzi tutto, fa d'uopo osservare che il sarcofago Della Torre, che ci sta innanzi oggi-
giorno nella cappella del Rosario di Santa Maria delle Grazie, non è integralmente conservato
quale poteva essere nei giorni della sua erezione, ma andò soggetto a guasti non pochi, e fra di
essi ad un radicale ristauro nel 1725, che, nell'intento di assicurare la solidità del monumento,
non poco gli tolse della sua grazia e leggiadria. E chi può dire non sia andata perduta in
quelle manomissioni, pur fatte a titolo di bene, la preziosa scritta che ne avrebbe rivelato
senza altro l'insigne artista cui è realmente dovuta quell'arca preziosa?
Riesce infatti agevole lo scorgere come il sarcofago Della Torre appaia oggidì quasi incas-
sato in un'arcata a muro della cappella del Rosario, die nasconde ai riguardanti le due facce
laterali dell'urna. Aggiungasi a ciò che, delle quattro colonne che dovevano sostenere origina-
riamente la marmorea urna quadrilunga, le due sole sulla parte anteriore furono conservate
intatte, e le altre due, che pur dovevano andare adorne di preziose sculture e medaglie, rima-
sero totalmente sacrificate e obliterate nel massiccio muro di sostegno eretto dietro le due
colonne di fronte. E in quel muro che furono infisse le due lapidi che vi si veggono tuttodì,
e cioè quella originaria del 1483 in basso, e al disopra di essa l'altra lapide riferentesi al
restauro del 1725.1
1 Le due lapidi, che amiamo di qui trascrivere por norma degli studiosi, sono le seguenti:
Al disopra:
MONVMENTVM
VETVSTATE DII.APSVM
FRANCISCV8 MARIA A PORTA
.....HIERONIMVS FERRERIVS.......
MARCHIO HIEKOM1MVS ET 10SEPH FKES PVTEOBOSELLI
FA TRJCII MEDIOLA XI ; XS ICS
ET H E G 1 T M T D A TAMII
MOBILISSIMA GENTIS A 1VRRE
EX MATRE HyEREDES
IN GENTI LITIO B. V. SACELLO
INSTA VRABA.XT
ANNO MDCCXXV.
Sotto di essa:
D. IMMORTALI
HOC MONVMENTVM IOANNES ERANCISOVS DE LA TVRRE
COMES PALLATINVS AC DVCALIS QV^ESTOR REVERENDISSIMO 7.
XRO PATRI ■ I). IACOPO ANTONIO DE LA TVRRE EPO ET COMIT]
CREMONENS] ItVCALI SENATORI PATRI ET I1HXEEACTORI SVO
OPTIMO : LEZADRAE VXOR] SVAK CARI88IMAE - 8IBI ' LIBERI8QVE
SVIS AC POSTERIS POSVIT ANNO SAL. MC C C C L X X XII I.
NB. — Le parole in corsivo nel testo furono cancellate coli'opera dello scalpello nei primi giorni della
Repubblica Cisalpina l'anno 1796.
DINGO SANT'AMBROGIO
già addetto alla Fabbrica del duomo sul finire del xv secolo, Tommaso da Cazzaniga, e si appalesa
invece da sé, pe' suoi pregi artistici, come opera indubbia di Giovanni Antonio Omodeo.
Sgraziatamente mancarono fin qui attendibili documenti per respingere issofatto come erronea
l'opinione che assegna a Tommaso da Cazzaniga, anziché all'Omodeo, quel monumento; — e poiché
e in materia di storia e in materia d'arte si ama ripetere un'opinione, pur senza fondamento,
ma universalmente accettata, piuttostochè affrontare risolutamente un problema insoluto o attenersi
ad un prudente riserbo — passò fino ad oggi come da tutti indiscutibilmente ammessa l'opinione
più sopra accennata, benché affatto destituita di ogni valore e fondamento.
Senonchò, quando si dimostri la fallacia di quel giudizio, che appare tanto più evidente a
chi ponga mente che il monumento Della Torre è opera del 1483, e che il Tommaso da Cazza-
niga non venne ad avere qualche celebrità che nell' ultimo decennio del secolo xv, in cui fu
annoverato, con Benedetto Briosco, fra gli scultori della cattedrale milanese — converrà ognuno
che fa d'uopo respingere un errore insinuatosi a poco a poco per difetto meramente di sana critica, e
accettare come assai più logici e concludenti i risultati che, per inoppugnabili ragioni artistiche,
ne fanno ascrivere il grandioso monumento Della Torre a Giovanni Antonio Omodeo.
E, innanzi tutto, fa d'uopo osservare che il sarcofago Della Torre, che ci sta innanzi oggi-
giorno nella cappella del Rosario di Santa Maria delle Grazie, non è integralmente conservato
quale poteva essere nei giorni della sua erezione, ma andò soggetto a guasti non pochi, e fra di
essi ad un radicale ristauro nel 1725, che, nell'intento di assicurare la solidità del monumento,
non poco gli tolse della sua grazia e leggiadria. E chi può dire non sia andata perduta in
quelle manomissioni, pur fatte a titolo di bene, la preziosa scritta che ne avrebbe rivelato
senza altro l'insigne artista cui è realmente dovuta quell'arca preziosa?
Riesce infatti agevole lo scorgere come il sarcofago Della Torre appaia oggidì quasi incas-
sato in un'arcata a muro della cappella del Rosario, die nasconde ai riguardanti le due facce
laterali dell'urna. Aggiungasi a ciò che, delle quattro colonne che dovevano sostenere origina-
riamente la marmorea urna quadrilunga, le due sole sulla parte anteriore furono conservate
intatte, e le altre due, che pur dovevano andare adorne di preziose sculture e medaglie, rima-
sero totalmente sacrificate e obliterate nel massiccio muro di sostegno eretto dietro le due
colonne di fronte. E in quel muro che furono infisse le due lapidi che vi si veggono tuttodì,
e cioè quella originaria del 1483 in basso, e al disopra di essa l'altra lapide riferentesi al
restauro del 1725.1
1 Le due lapidi, che amiamo di qui trascrivere por norma degli studiosi, sono le seguenti:
Al disopra:
MONVMENTVM
VETVSTATE DII.APSVM
FRANCISCV8 MARIA A PORTA
.....HIERONIMVS FERRERIVS.......
MARCHIO HIEKOM1MVS ET 10SEPH FKES PVTEOBOSELLI
FA TRJCII MEDIOLA XI ; XS ICS
ET H E G 1 T M T D A TAMII
MOBILISSIMA GENTIS A 1VRRE
EX MATRE HyEREDES
IN GENTI LITIO B. V. SACELLO
INSTA VRABA.XT
ANNO MDCCXXV.
Sotto di essa:
D. IMMORTALI
HOC MONVMENTVM IOANNES ERANCISOVS DE LA TVRRE
COMES PALLATINVS AC DVCALIS QV^ESTOR REVERENDISSIMO 7.
XRO PATRI ■ I). IACOPO ANTONIO DE LA TVRRE EPO ET COMIT]
CREMONENS] ItVCALI SENATORI PATRI ET I1HXEEACTORI SVO
OPTIMO : LEZADRAE VXOR] SVAK CARI88IMAE - 8IBI ' LIBERI8QVE
SVIS AC POSTERIS POSVIT ANNO SAL. MC C C C L X X XII I.
NB. — Le parole in corsivo nel testo furono cancellate coli'opera dello scalpello nei primi giorni della
Repubblica Cisalpina l'anno 1796.