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Archivio storico dell'arte — 7.1894

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Fasc. V
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Calzini, Egidio: Marco Palmezzano e le sue opere, [3]
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https://doi.org/10.11588/diglit.19206#0380

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MARCO PALMEZZANO E EE SUE OPERE 337

arti. Però nel complesso come pel colore languido, questo del Forlivese lo si crederebbe
condotto non molto prima o non molto dopo della tavola del San Valeriano. Il paese, di
carattere schiettamente umbro, ha in distanza i soliti monti azzurri, ove a destra di
chi l'osserva, sono altre piccole figure di pellegrini riposanti, di fattura squisita. Peccato
clie attorno al santo, massimamente in basso, tristi restauri abbian deturpato anche questo
buon lavoro.

X.

In Forlì gli affreschi più importanti di Marco Melozzo e del suo allievo sono., come
è noto, in San Biagio nella prima cappella a destra, entrando. La cupola, insigne lavoro
attribuito al maestro, è divisa in cassettoni esagonali e romboidali contornati da ricche
cornici di stile classico; otto grandi figure sapientemente disegnate in iscorcio, stanno in
diverse attitudini sedute sul cornicione sul quale s'innalza la volta, e rappresentano gli
Evangelisti ed i Profeti. Nel centro è lo stemma della famiglia Bonucci, 1 circondato da
un festone di foglie di quercia, attorno al quale gira una vaga corona di testine alate,
condotte con la massima valentia. Ma oggetto di più grande ammirazione per gl' intelli-
genti è la bellezza e la verità che si riscontrano negli scorci delle otto maestose figure
condotte e lumeggiate da grande maestro, per mezzo di colori freschi e lucenti, e cosi bene
adatti alla luce del luogo. Nella parete a destra è la lunetta (Tav. IV) nella quale il
Melozzo, secondo alcuni, o il Palmezzano secondo altri, 2 rappresentò un miracolo di
San Giacomo apostolo con figure piene di movimento, in istile largo, con profonda cono-
scenza del vero, con modellatura, sia nelle forme che nel colore, solida e potente. Vi sono
dipinte molte figure, e pare che ne' due pellegrini inginocchiati debbansi ravvisare i ritratti
di Caterina Sforza, come già dicemmo, e di Girolamo Riario. Lo Schmarsow anzi aggiunge
che altri ritratti della stessa famiglia sono da riconoscersi in altri personaggi : così nel
giovanetto che parla con Caterina, quello di Ottaviano suo figlio, e nel giovane che sta
presso al pellegrino, fìsso lo sguardo su Caterina, quello di Giacomo Feo suo castellano
ed amante.

Il grande dipinto della parete appartiene al Palmezzano che, dopo la morte del mae-
stro, servì certamente Caterina Sforza.3 Sotto un portico, d'ordine composto, diviso in due
arcate e con vòlte a crociera, vedesi, a sinistra, un cavaliere vestito da pellegrino che col
bordone indica la via ad un altro pellegrino che lo segue a piedi ; il cavaliere non ha,
come asserisce il Cavalcaselle, un cadavere sulla groppiera del cavallo, ma bensì un uomo
veramente vivo, legato dietro la sella. Questo personaggio rappresenta, nell' intenzione del-
l'artista, Ermogene, che volle rimanere sempre in compagnia del santo, in ogni suo viaggio.
San Giacomo va in Compostella, ove poi subirà il martirio, e nella lontana veduta, incon-
trerà per via (ciò che è rappresentato sotto la seconda arcata) due soldati che tornano
indietro dopo di avere impiccato un pellegrino; e altri due pellegrini più in alto che guar-
dano a qualche distanza la forca e il loro compagno, e si meravigliano al vedere, all'arrivo

1 Nella primavera del 1898, mentre si rifaceva il
] invi mento della cappella medesima, si trovò Ja se-
poltura della famiglia Bonucci. Lo stemma dipinto
nel centro della cupola (che si diceva de' Feo), è qua
e là abraso, ma sono ancora riconoscibili gli ele-
menti ond'è composto : cioè, di tre uccelli, due dei
quali disposti sulla stossa linea ed uno più in basso.
Tale è anche riprodotto dal Reggiani che gli affre-
schi della cappella disegnò a penna nel 1831; non
cosi dal Giardini nel volume delle Famiglie estinte di

Forlì (ms. 2 della Bibl. coni.) e dal Marchesi nel
Supplemento, ecc., p. 818. Costoro ne alterarono a r-
bitrariamente la forma, disponendo in figura di trian-
golo tre galli rossi in campo d'oro.

2 II Venturi dice che la lunetta appartiene al Pai-
mezzano, così la cupola, ove però riconosce la mano
del maestro, rispetto ai cartoni.

3 V. lo Schmarsow, op. cit., p. 288 e seg., le Me-
morie su M. Melozzo, di E. Calzini, p. 30-34; Soa-
nelli, op. cit., p. 223; e Bonoli, op. cit., voi. II, p. L94.
 
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