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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. I-II
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Sant' Ambrogio, Diego: Bernardino de Rossi in Santa Maria delle Grazie in Milano: nella Sala del Cenacolo e nella crocifissione del Montorfano
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0031

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22 DIEGO SANT'AMBROGIO

dipinta a fresco dal De Rossi in Pavia nell'attuale locale del Seminario, già monastero di
Teodote, di cui scrisse a lungo Defendente Sacchi.

E benché in genere nell'architettura e nella decorazione del Rinascimento tornassero
graditi in arte tondi, scolpiti o meno, nelle lesene o sui basamenti delle colonne, nessun
artista fece mai sì costante e copioso uso di quel motivo ornamentale quanto il De Rossi
nei propri dipinti.

Una fila di tali dischi, ma di piccole proporzioni, ed a colori diversi, fra cui predomi-
nano il rosso, il giallo e l'azzurro, scorgiamo pure nella modanatura superiore del corni-
cione dipinto a fresco tutto intorno alla sala del Cenacolo.

Quel cornicione, che corre in alto lungo le due pareti della sala lunga braccia mila-
nesi 59 e larga 14, va ripartito in dieci zone da pilastrini aventi nel mezzo un riquadro a
colori, ma è nel fregio più propriamente che si ripetono quegli intrecci a colori che si appa-
lesano analoghi in tutto agli intrecci consimili del piedicroce delle Grazie.

Di quei dieci riparti, cinque appaiono composti a losanghe d'un fondo giallo con rosette
di color azzurro e verde sulla destra del rosone centrale di cadaun riparto, e d'un fondo
verde con palloncini rossi invece sul lato sinistro.

Gli altri cinque riparti alternantisi con essi constano invece di rombi ottenuti con fasci
di asticelle biancastre spiccanti sopra un fondo rossastro a destra del rosone centrale e verde
a sinistra, aventi non so qual carattere dell'arte moresca.

Dai nove pilastrini intermedii pendono poi simmetricamente, in modo da occupare tutto
lo spazio d'ogni singolo riparto, dieci festoni di fiori e più di frutta fasciati nel punto di
mezzo e ai lati da specie di stuoie a vimini contesti d'un color gialliccio, e a rendere più
gaia siffatta ornamentazione grandi nastri rossi svolazzano in basso ed ai lati d'ogni singolo
festone, ed altro nastro rosso si leva dal mezzo del festone e ondeggia in due capi al disopra
di esso. Al punto d'intersezione dei varii festoni scendono da ultimo, appese a funicelle,
cartelle rettangolari con orecchiette ai lati, della consueta forma prediletta agli artisti del
Rinascimento, portanti con eleganti caratteri tondi a lettere incluse motti appropriati alla
destinazione della sala, quali: Comedite amici, His contenti sumus, Comede quod sufficit ti hi,
oppure sentenze di carattere religioso, quali: Manducamus et evangetizemus, Sint vobis omnia
comunia, ecc.1

Ora, se l'intonazione di colori e il genere d'ornamentazione a dischetti e fascie intrec-
ciantesi si confà in tutto al genere di decorazione in cui eccelleva il De Rossi, anche i
festoni coi rossi nastri ondeggianti rilevano parimenti la sua mano e formano essi infatti,
intralciati con vaghi puttini di mezzo, portanti attrezzi chiesastici, un gaio ornamento del-
l'archivolto della porta grande od atrio della Certosa di Pavia.

In questa decorazione della sala del Cenacolo che è opera di minor pretesa e compiuta
dal De Rossi ben undici anni prima della dipintura dell'atrio della Certosa e quattordici
innanzi dell'affresco di Yigano Certosino, non abbiamo puttini e quella ricchezza di motivi
artistici per cui si fanno notare quelle due opere d'arte, ma, come si è osservato, il garbo e
l'intonazione dei colori serbano pur sempre le eguali doti di quell'insigne artista.

Una questione più grave è quella se a Bernardino De Rossi, o non piuttosto allo stesso
Leonardo da Yinci, siano da attribuirsi le corone di fronde e frutta con legacci ad intervalli
che osservansi nelle lunette al disopra del dipinto del Cenacolo, e nel cui mezzo spiccano
sopra un fondo scuro grandi targhe sforzesche terminanti a punta, colle iniziali ai lati
ricordanti il duca Lodovico Maria Sforza e la di lui consorte Beatrice Estense.

Quest'ultima circostanza lascerebbe arguire che quelle lunette siano state eseguite col
Cenacolo, prima del gennaio 1497, in cui Beatrice d'Este venne a morte, e poiché sì le
corone quanto e più specialmente gli stemmi si appalesano dipinti coll'egual sistema del-
l'olio assottigliato preventivamente cogli alambicchi e impresso poi sull'intonaco a muro che

1 Veggansi quei motti nella monografia citata.
 
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