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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. I-II
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Baudi di Vesme, Alessandro: Giovan Francesco Caroto alla corte di Monferrato
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0044

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giovan francesco caroto alla corte di monferrato 35

non posso essere di tale opinione, perchè della cappella in San Domenico parla specifica-
tamente il Vasari poche linee più sotto come di cosa distinta dalla prima. Io credo invece
che la cappella di cui il biografo aretino volle parlare sia quella del castello marchionale.
Questo castello, che posteriormente al 1470, tempo approssimativo della sua costruzione,
fu la residenza abituale dei marchesi di Monferrato, venne, già nei secoli passati, a varie
riprese modificato, ed ora, quasi completamente sfigurato sì all'interno che all'esterno,
serve all' uso di caserma. Perciò chi volesse investigare qual' è il locale del castello che
in principio del secolo xvi servì all'uso di cappella di Corte, andrebbe incontro a dubbi
e difficoltà.

Il canonico Giuseppe De Conti, nel suo Ritratto della città di Casale, redatto nell'anno 1794
e non dato alle stampe, dice che la cappella ducale (così egli la chiama, e non marchio-
nale, perchè il Monferrato fu eretto in ducato dall'imperatore Massimiliano ]I nel 1574)
era nel belvedere del castello' e che ai suoi tempi era già demolita ; ed aggiunge che l'ave-
vano dipinta l'Alberini ed il Musso, pittori secentisti, e che del Musso era pure l'ancona
dell'altare rappresentante VIncarnazione del Verbo.

Ma questa, descritta dal De Conti, è molto probabilmente una cappella eretta nel corso
del secolo xvii dai Gonzaga, allora sovrani del Monferrato, i quali, com'è noto, innalza-
rono molte nuove costruzioni nel castello, e molte vecchie demolirono o distrassero dall'uso
primiero.

Esiste ancora nel castello un locale che ha tutta l'apparenza d'essere stato la cappella
che il marchese Guglielmo fece dipingere al Caroto, ed è quello presentemente conosciuto
sotto il nome di armeria. Non vi si vede pittura alcuna, anzi è tutta coscienziosamente
imbiancata. È però possibile che sotto la calce giacciano nascosti importanti avanzi dei
lavori del Caroto, e sarebbe bene che si facesse qualche tentativo per venir in chiaro della
cosa. L'Ullicio regionale per la conservazione dei monumenti del Piemonte e della Liguria,
la Commissione conservatrice dei monumenti della provincia d'Alessandria, l'Ispettore dei
monumenti per il circondario di Casale, il Municipio di Casale, la Società d'archeologia
e belle arti sedente in Torino potrebbero occuparsene, e meriterebbero così, quando pure
le ricerche riuscissero infruttuose, la riconoscenza di quanti portano affetto alle arti ed alle
memorie antiche.

Più ardua impresa sarebbe il voler rintracciare i dipinti del Caroto « per le camere
del castello », a cagione dell'assoluta deficienza di indicazioni e degli sconvolgimenti cui
l'edificio andò soggetto.

Le altre pitture decorative ricordate dal Yasari sono quelle fatte in San Domenico,
dove Giovali Francesco dipinse « tutta la cappella maggiore ». Un altro marchese Gu-
glielmo, zio del mecenate del Caroto, aveva fondato il convento e la chiesa di San Dome-
nico nel 1468, — dicesi per un voto inteso ad ottenere dal cielo figliuolanza maschile; ma
se ciò è vero, il suo voto non fu esaudito, — ed in fondo alla navata destra della chiesa
aveva fatto costrurre, come si esprime il padre Cavalli, «una competente'cappella dedicata
a San Giovanni battista», perchè vi fossero poi riposte la sua tomba e quelle dei suoi; e
questa è appunto « la cappella maggiore » di cui paria il Yasari. Ma uè egli, morto
nel 1483, nè suo fratello Bonifacio, morto nel 1493, e nemmeno quel marchese Guglielmo
che la fece ornare delle pitture del Caroto e non morì che nel 1518, poterono esservi tu-
mulati, perchè al tempo del loro decesso la cappella non era ancora all'ordine. La chiesa
di San Domenico fu consacrata nel 1513.

In origine le cappelle della navata destra, e specialmente questa « cappella maggiore »,
avevano più sfondo e si protendevano più oltre verso il chiostro del convento; ma nel 1675
« furono rimesse nella stessa proporzione di quelle che erano verso la contrada di Po »,
cioè quelle della navata sinistra. Le pitture del Caroto dovettero in quell'occasione subire
un primo sfregio, se pur fu il primo; ma peggio loro accadde nel 1748, quando la cap-
pella, è doloroso a dirsi, fu distrutta sotto pretesto che la vòlta minacciava di rovinare,
 
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