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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. I-II
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Supino, Igino Benvenuto: Giovanni Pisano
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0054

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GIOVANNI PISANO 4~>

vi aggiunge, pel suo temperamento, quel desiderio di maggior movimento e di nuova vita,
elie per la debole preparazione artistica sua e dei suoi tempi, non sempre però sa rendere, o
rende talvolta con troppa esagerata violenza. Egli è insomma un po' come il viandante che
si affretta alla mèta e per meglio raggiungerla pretende fare il passo più lungo della gamba,
con pericoloso e non possibile desiderio: ma conviene pure ammettere che, e per l'indole
sua, e per l'epoca nella quale visse e operò, molto fece perchè l'arte si avviasse a ideali
più vasti.

Bisognava vincere la rigidità dei contorni, la fermezza delle figure; e l'albero piegato
fu dovuto torcere dall'opposta parte, perchè poi tornasse a prendere la sua naturai dirittura.
Cliè, se egli fosse pervenuto a congiungere la classicità della forma con l'intensità del sen-
timento, sarebbe stato artefice troppo superiore al suo tempo, anzi a qualunque tempo. E
mentre Nicola è grande nell'intuizione e nella riproduzione dell'antica bellezza, Giovanni è
pur grande per il nuovo alito di vita e di sentimento da lui infuso all'arte. Cessiamo dunque
d'istituire confronti fra due artisti, che furon mossi da ideali così disparati fra loro!

II.

Già dicemmo come certi giudizi intorno alle sue sculture debbano naturalmente non
accogliersi, perchè dettati dall'esame di opere che non gli appartengono: studiamo dunque
i lavori certi di lui a Pisa; e per questi non dubitiamo che all'ultimo il giudizio dovrà
essere ben differente da quelli che abbiamo di sopra citato.

11 Cicognara, per esempio, non avendo potuto osservar da vicino gli specchi del pulpito
del Duomo di Pisa, è costretto a scrivere « che tali lavori, pregevoli però sempre, quantunque
spogli in gran parte di originalità, non sogliono in alcuna maniera esser veduti per la
troppo loro altezza (erano a quel tempo al poggiuolo delle reliquie sopra le tre porte), e per
non esser possibile di appressarvisi, dimodoché stanno come perduti ».J Yero: ma perchè
li dice spogli di originalità, se in tante parti e importantissime differiscono dagli specchi
del pulpito di Pistoia per nuova riproduzione di scene, per studio più fine e più giusto di
certi particolari, per sentimento maggiore e ricerca di verità con più evidenza raggiunta?
Eppoi, s'egli non gli ha potuti vedere, perchè così leggermente ha voluto giudicarli? E più
sotto aggiunge, parlando delle statue, che alternativamente con le colonne reggevano il
pulpito, che esse « sono atte a provarci evidentemente come di Giovanni fossero i lavori
d'Orvieto, e come seguendo le pratiche del padre negli studj sopra l'antico, fosse di lui
molto meno abile a trarne quel profitto che pur si poteva, giacche l'imitazione servile d'una
di quelle tante Teneri, che diconsi copie della celebre di Prassitele, oltre l'essere male adat-
tata al luogo con improvido consiglio, non conserva che una lontana reminiscenza dell'antico
lavoro, mancandovi in tutto la grazia. I volti ignobili, le estremità goffe e mal disegnate
ci confermano come le più squisite finezze dell'arte fossero ben lunge dall'essere intese dal
figlio, in proporzione di quel miglior partito che sapeva trarre Niccola da'monumenti pre-
ziosi ».2 E tutto questo pure sarebbe giustissimo, se le statue cui allude lo storico fossero
di Giovanni; ma poiché oltre non essere affatto di lui, non son nemmeno parti del pulpito,
ma bensì di altro monumento che era nel Duomo, e al pulpito appiccicate in seguito, così
tutta la tirata non ha più ragion d'essere.

E evidente, lo torniamo a ripetere, che le opere di Giovanni non debbono essere state
intimamente studiate, poiché bastano quelle sicuramente di lui che ci rimangono ad atte-
stare quant'egli fosse immeritevole di così acerbe accuse, quando alcuni pezzi sono tuttora
non dubbia attestazione dell'ingegno e del saper suo veramente meravigliosi. Che egli fosse
del resto meno abile del padre nel riprodurre e interpretare l'antico, ne conveniamo e l'abbiam

1 Storia della scultura, voi. Ili, p. 213.

2 Loc. cit., voi. Ili, p. 214-15.
 
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