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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. I-II
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Supino, Igino Benvenuto: Giovanni Pisano
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0055

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pur detto : ma per poter dirlo assolutamente inferiore, e non veder altro in lui che un lato
solo del suo carattere o dell'artistica educazione, bisogna far troppa astrazione dallo spirito
della sua scultura. Chiedere a Giovanni la compostezza di Niccola nelle composizioni, sarebbe
come domandar l'impossibile per il temperamento tanto differente dell'artista; e l'artista è
quello che è, o, come dice Goethe, quale la natura lo ha fatto, non mai quello che dovrebbe
essere, o quello che si vorrebbe che fosse. Ma è lecito affermare intanto, che senza la viva-
cità e la indipendenza, chiamiamola così, di Giovanni, l'arte sarebbe rimasta al solito punto,
e la scultura non sarebbe mai stata maestra alla pittura, come fu nel secolo xiv per opera
principalmente del nostro. Come può dunque il Cicognara affermare che «l'arte non fece
sotto lo scalpello del figlio un passo progressivo da quello che fatto aveva per l'opera e per
l'ingegno del padre, e soprattutto allorché si scostò dall'imitazione degli esempj paterni? » 1
È il caso invece di concludere, che proprio agii ardimenti del figlio si deve il progresso
dell'arte nostra !

III.

Le carte antiche pisane ci serbano poche memorie di Giovanni. Il suo nome apparisce
saltuariamente nei registri di amministrazione dell'Opera, che ancora ci rimangono, dal 1299
al 1301, col titolo di capo maestro. E nell'anno successivo Bernardo, forse per l'assenza di Gio-
vanni^ chiamato caput magistrorum :2 questo fino al mese di dicembre, nel qual tempo riappare
il nome di Giovanni con lo stesso appellativo. Nel 1303, e precisamente nel mese di ottobre,
va a Carrara per far levar i marmi onde lavorare al pulpito nuovo del Duomo affidatogli
dall'operaio Borgundio Tadi, per il qual lavoro riceve settimana per settimana il compenso di
dieci soldi al giorno sino all'aprile del 1306. Poi non ne ritorna il nome che alla quarta
settimana del mese di giugno dell'anno 1308, e interrottamente sino ai primi del succes-
sivo 1309. Quindi, per mancanza ancora di alcuni registri, sino al 1315 non se ne ha più
menzione, anzi si trovano i nomi di Tino, Bernardo, Ciolo, ecc., tutti chiamati maestri ; e
nell'anno dopo maestro- Lupo, scultore, è capo maestro dell'Opera. Ma nel frattempo, e altre
volte, il nome di Giovanni è registrato nei libri di entrata e uscita; e prima, quando
l'operaio gli rimborsa le spese per essere stato presso la macchia nel piano del porto di
Pisa prò fadendo domos diete opere;3 poi, quando lo stesso operaio paga all'artista la pigione
per la casa da lui abitata, e questo nel 1302, nel 1304 e l'ultima volta nel 1308. 4

Stando poi alla notizia data dai signori Cavalcasene e Crowe, tra il 1302 e il 1311 avrebbe
dovuto Giovanni scolpire il sepolcro stato eretto a Benedetto XI (morto nel 1304) nella
chiesa di San Domenico a Perugia. Certo l'attività artistica di Ini in patria, nonostante
che ci manchino le notizie, non fu invero limitata, e le varie e notevoli opere rimaste chia-
ramente ce lo attestano. Del resto, doveva Giovanni avere un ingegno ben precoce, se il
padre nel contratto per il pulpito di Siena può nominare il figlio come suo collaboratore:
se fosse volato intervenire, come dice il contratto, avendo allora l'età di 15 anni. Ma mentre
nel pulpito di Siena egli non emerge per caratteri proprj, a Perugia invece, occupato col padre
ad ornare la fontana, si afferma risolutamente in alcune figure femminili, le quali si fanno
ammirare per l'audacia del movimento, la severità dell'espressione, e per la maniera pitto-
rica con cui son trattate le vesti.

1 Loc. cit., voi. Ili, p. 212.

2 Entrata e Uscita, 2, turchino, c. 100.

3 Entrata e Uscita, 7, turchino, c. 80.

i Entrata e Uscita, 3, turchino, c. 115; 7, turchino,
c. 76 t. ; 8 turchino, c. 64. In un foglietto sciolto dell'Ar-
chivio del Capitolo (Filza 2) leggiamo questi appunti:

Giovanni capo maestro dell'Opera esente dalle Date:
a foglio 17 dello spoglio della Comunità. Figlio di
maestro Nicola, lavora il pervio del Duomo nel 1308:
è privilegiato, ed era capo maestro di San Giovanni
Battista: detto spoglio a foglio 27 e a 30.
 
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