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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. I-II
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Supino, Igino Benvenuto: Giovanni Pisano
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0061

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IGINO BENVENUTO SUPINO

dell'artista pisano, ma sibbene chiarissimi invece quelli dei suoi seguaci o scolari, e fra
questi specialmente di Tino di Camaino.

Abbiamo poi già dimostrato come la statua della Tergine col Figlio, che è sul pinnacolo
centrale della ornatissima chiesetta, e che i citati scrittori volevano di Giovanni, sia piuttosto
da ascriversi ad Andrea Pisano,1 e che le altre due immagini esistenti nell'esterno della
chiesa sono evidentemente della scuola, non mai del nostro scultore.

Ma l'opera sua maggiore e più importante è senza dubbio il pulpito ch'ei lavorò per
il Duomo di Pisa dal 1303 al 1311. Già, come dicemmo in principio, abbiamo studiato
l'argomento ed espresso i nostri dubbi intorno alla originaria configurazione di questa insigne
opera d'arte. Completeremo ora gli studi già fatti, correggeremo quegli errori in cui potremmo
essere incorsi, e se dovremo talvolta ripetere ciò che ai lettori è noto, o ritroverebbero
scritto in altra parte di questo stesso periodico, ci sia di scusa il desiderio di dare chiaro
e preciso svolgimento al nostro assunto per arrivare, con nuovi studi e nuove ricerche, a
più nuove e più importanti conclusioni. Ma avanti di parlare del pergamo ci pare oppor-
tuno e necessario fissare, per quanto ci sarà possibile, il carattere della scultura di questo
artefice pisano, il quale, nonostante la ricerca del vero e l'esagerato desiderio di vita e di
movimento, specie nella composizione, riesce a conservare alle figure della Tergine impronta
di verità e di maestà, non scompagnate da correttezza e da grazia ; ai tipi del Bambino carat-
tere e fanciullesca espressione; e questo perchè nella riproduzione delle figure ferme sa meglio,
il che è anche più facile, mantenere la proporzione e l'insieme. I volti delle Madonne, pur
avendo dell'antico, hanno espressioni e sentimenti più umani e veri; non son più matrone
in paludamento, trasportate da' sarcofaghi a rappresentare la Divina Madre cristiana, ma
donne con tutta la femminile espressione e la dolcezza propria al sentimento materno, che
si compiacciono nell'ammirazione del figlio; e si rassomigliano per quella caratteristica
costruzione che si ripete quasi costante: la fronte alta e il naso diritto, impostato come nelle
statue greche; la bocca piccola dalle labbra contornate, il mento pieno e carnoso. Questo
nelle immagini che sono a Pisa, questo in quella pure che è a Padova nella cappella Scro-
vegni, che porta sotto, nello zoccolo, la scritta johis magistki Nicoli. Così la figura che è
sulla facciata della Cattedrale di Siena, rappresentante una Sibilla, non indubbiamente gli
appartiene, e si può rassomigliare per carattere alle sculture del pergamo di Pistoia. Quelle del
pulpito di Pisa ricordano pure la sua maniera già riscontrata in altre opere, ma se ne distac-
cano talvolta, per migliorare in alcuni casi, e in altri, è pur necessario convenirne, per attestare
una decadenza o piuttosto un cambiamento, cui sarebbe però difficile dare una artistica
giustificazione. È dunque lo stile di Giovanni una mescolanza, che va dall'imitazione più
o meno sentita dell'antico al desiderio del nuovo e del vero, quando, come più spesso ac-
cade, non unisce questi due intenti; cosicché sarebbe ben difficile stabilire norme costanti
alla maniera sua; ma queste particolari tendenze si possono facilmente riscontrare per gli
esempi che abbiamo, e che son quelli appunto che ci lian servito e ci serviranno di guida.
Quando troveremo statue che dell'antico non hanno la ricerca artistica della forma e del-
l'espressione, ma soltanto un lontano richiamo e solo per il soggetto che rappresentano,
quando troveremo dei gruppi di figure, che pur essendo fermi, son goffi, vuoti e conven-
zionali, con superficialità di tecnica e con povertà d'intelligenza eseguiti, non con senti-
mento profondo, queste statue e questi gruppi non potremo dar mai a Giovanni, ma bensì
agli imitatori di lui, che, come tutti gli imitatori, non seppero afferrare che la superficialità
delle cose, mancando loro quello spirito che può solo animare le creazioni degli artisti vera-
mente grandi. Se il pulpito di Pistoia segna l'apogèo dell'arte di Giovanni Pisano, quello
di Pisa non ne segna per nulla la decadenza: non è facile vedere, come ancor qui si vedono,
delle riproduzioni così semplici e così sincere della realtà: c'è qualche rigidezza elegante

1 Archivio storico dell'Arte, anno VI, fase. V.
 
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