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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. IV
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Ffoulkes, Constance Jocelyn: L' esposizione dell'arte veneta a Londra, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0259

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sare i tratti di Francesco Maria della Rovere, ma crediamo che abbia invece colto nel segno
nn distinto critico tedesco nell' identificare il ritrattato in un altro principe regnante
del quale esistono molte effigie autentiche.

Il ritratto del Doge Grimani ha una genealogia che potrebbesi chiamare ineccepibile.
Antonio Grimani fu eletto Doge nel 1521, e nel breve periodo del suo regno Tiziano fu
parecchie volte chiamato a ritrarlo. Una volta, secondo gì'istoriografi della pittura ita-
liana, i signori Crowe e Cavalcasene, per la bottega, un'altra per il palazzo ducale, e due
volte per la famiglia Grimani. Tre esemplari, secondo codesti scrittori, esistono tuttora, e il
ritratto della New Gallery sarebbe quello che, fino all'anno 1873, stava sempre nel palazzo
Grimani a Venezia; di là passò nella collezione del conte di Rosenberg, console generale
per i Paesi Bassi a Venezia, ed è sempre in possesso della di lui vedova. Poco però nel
concetto e nella esecuzione ci ricorda Tiziano, e pare assolutamente impossibile di riferirlo
a qualunque epoca della sua carriera. La maniera di trattare gli accessori ha una certa
relazione invece col fare di Lorenzo Lotto, ed è senza dubbio interessante l'osservazione (Be-
renson, pag. 4), che potrebb'essere della stessa mano di quella di un ritratto firmato da Dome-
nico Capriolo in un'altra collezione privata. Di questo trevisano abbiamo scarse notizie, ma
è considerato come imitatore del Lotto. Non conoscendo il ritratto suindicato, non possiamo
confermare che l'attribuzione surriferita sia ben fondata; il ritratto dev'essere di un'epoca
ben diversa da quella dell'effigie di se stesso, che si trova in un'altra collezione privata in
campagna. Quest'ultima è segnata Frane. De Dominicis, iscrizione che circonda una specie di
medaglia sulla quale è rappresentato un cane o, come potrebbe anche darsi, una capra, ripor-
tandosi forse al nome del pittore. Ripetizioni o copie di detto ritratto esistono nella Galleria
di Monaco e in quella di Pietroburgo e di Pavia. Non ci pare però affatto stabilito che il
pittore, il quale in un quadro a Treviso si firma: Dnicus Ch ciprio lo, 1518 p., sia il me-
desimo come quello che si segna F. de Dominicis, ne come quell'altro, che nel palazzo Gio-
vanelli a Venezia si serve del monogramma DC. Quest'ultimo ci pare piuttosto un pittore
che aveva relazioni col ferrarese Mazzolino.

Il Federici (Memorie, pag. 46) e il Ridolfì (I, pag. 309), parlano pure di Francesco de
Dominici, ma questi dev'essere stato un altro pittore, posteriore, che operava fra il 1550 e
il 1570. Nessuno dei due nomina il Capriolo. Il ritratto a Monaco, che non vuoisi ritenere
tuttavia per altro che una copia di quello in Inghilterra, è segnato:

MDXIIII DOMINICVS F. A. XXV.

Il n. 257, detto « Francesco Maria della Rovere col suo figlio », non è certo un originale
del Tiziano. La goffa composizione, la debolezza tanto nel disegno quanto nelle proporzioni,
ci fanno sino dubitare che sia una copia da un quadro originale. Le fattezze hanno una
certa somiglianza con quelle del Duca di Urbino, e gli accessori, i bastoni del comando, ecc.,
sono evidentemente copiati dal conosciutissimo ritratto del Duca negli Uffizi. Il Berenson
lo qualifica per una buona copia; altri lo ritengono per cosa da poco.

Mirabile nel modellato e nella semplicità del concetto è il bel ritratto muliebre n. 156,
appartenente al Capt. Holford. Rappresenta una signora in mezza figura, vestita di abito
scuro guarnito di pelliccia, con turbante sui capelli biondi; nel fondo una tenda rossa.
Infondate avrebbero ad essere tanto la denominazione « una signora della famiglia Sforza »,
quanto l'attribuzione a Tiziano. Viene aggiudicato da diversi critici al Romanino e inoltre
al Pordenone, e se possiamo permetterci un'opinione ci pare più prossima al vero questa
ultima versione nell'indicare l'ambiente dove si potrebbe collocarlo. Non potrebbe darsi che
fosse un ritratto della buona e fresca età di Bernardino Licinio,] di un'epoca anteriore, ben
s'intende, di quella della sedicente professoressa già nominata in queste pagine?

Parlando di Tiziano è opportuno di fare qui una piccola digressione per nominare il
suo seguace Polidoro Lanzani, al quale viene assegnato ora un discreto numero di opere
 
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