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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. VI
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0486

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477

Antonio avrà non di rado fornito il disegno per le
pitture del fratello minore. E così egli suppone che
sia arrivato anche per le altre cinque virtù. Sol-
tanto la Prudenza, la migliore di tutte, gli pare
essere anche dipinta da Antonio. La tavola degli
Uffizi, già sull'altare della cappella del cardinale
di Portogallo in San Miniato a Monte, è un lavoro
comune dei due fratelli (e cioè il primo di data
certa, giacche la cappella fu consacrata nel 1466);
il cartone, e per parte la pittura dei Santi Jacobo
e Vincenzo, fu di mano di Antonio, il sant'Eusta-
chio fu aggiunto per intiero, e i due altri santi
furono terminati da Piero. Ad Antonio stesso lo
Ullmann attribuisce il fregio, da lui scoperto, in
una delle sale del palazzo Venezia a Roma, raffi-
gurante Lavori di Ercole, ma altri non vi vogliono
vedere — e ci pare che abbiano ragione — se non
la mano di allievi che per queste pitture si sarebbero
serviti di composizioni del maestro, fra altre di
quelle dipinte nel 1460 su tre tele nel palazzo Me-
diceo a Firenze. A lui invece appartengono, senza
alcun dubbio, le due piccole tavole negli Uffizi con
Lavori di Ercole, probabilmente repliche di alcuni
di quelli dipinti sulle tele del palazzo di Via Larga;
la piccola tavola con Apollo e Dafne nella Galleria
Nazionale di Londra e il martirio di San Seba-
stiano quivi, proveniente dalla cappella Pucci ai
Servi di Firenze, come anche la figura dello smesso
santo nel palazzo Pitti, per cui si trova uno schizzo
fra i disegni del Morelli (oggi nel possesso di
G. Frizzoni), e che Ullmann giudica particolarmente
caratteristica per la maniera del disegno, del mo-
dellare e del dipingere di Antonio. Interessante è
la notizia che in uno dei bassorilievi dell' arco
trionfale dipinto nel fondo del quadro del Seba-
stiano a Londra si trova già un gruppo in tutto
simile al disegno dal maestro pel monumento di
Fr. Sforza, conservato nel Gabinetto delle stampe
a Monaco. Essendo il quadro di Londra stato finito
nel 1475, viene provata l'insussistenza dell'opinione
emessa dal Courajod, che cioè Antonio abbia co-
piato il suo disegno di Monaco dietro il modello
di Lionardo per quel monumento, fatto non prima
del 148B! Chiude l'autore il suo diligente lavoro
con l'elenco dei disegni autentici dei due Pollajuoli
e delle copie contemporanee di essi, per quanto egli
ne ha potuto esaminare nelle collezioni pubbliche
o private, elenco che, del resto, non pretende essere
completo.

Il barone Geymuller, in un suo contributo: Die
ardiiteldonische Entwickelung Michelozzos und sein

Zusammenwirken mit Donatello, tratta dell'evolu-
zione di Michelozzo architetto e della sua colla-
borazione con Donatello. Combatte l'opinione pre-
valsa negli ultimi tempi che Michelozzo sia l'autore
esclusivo della parte architettonica nelle opere ese-
guite insieme con Donatello (monumenti Coscia,
Brancacci e pergamo di Prato), giacché esse nella
composizione, e quanto riguarda l'ultima anche nei
particolari e nella sagomatura, tradiscono il fare e
l'influsso di un maestro più progredito di quanto
ci si svela il Michelozzo in opere posteriori alle
testé indicate, p. e. nelle singolo parti del convento
di San Marco (1437-1452). Il Geymuller, invece,
inclina a veder nella parte architettonica di quelle
opere comuni se non la mano almeno il genio del
Brunelleschi, che era congiunto in amicizia stretta
a Donatello, ed a cui, perciò, quest'ultimo natu-
ralmente avrebbe avuto ricorso quando per lui si
trattava d'invenzioni architettoniche. Queste, poi,
secondo i progetti del Brunelleschi, sarebbero stale
eseguite dai due compagni, e in tale occasione Mi-
chelozzo nel trattamento di alcuni particolari ben
avrebbe potuto mettere anche qualche cosa della
propria sua maniera. Determinando il nostro autore
così l'anno 1430 in circa come termino dei primi
passi di Michelozzo nell'architettura, e visto la
maniera delle prime sue produzioni di data certa
in questo campo dell'arte (Biblioteca di San Giorgio
Maggiore in Venezia, 1434, chiesa e convento di
San Marco, cominciati nel 1437), egli naturalmente
è spinto a non ammettere l'essere il palazzo Medici
in Via Larga stato cominciato a costruire prima
dell'anno 1440 incirca, data approssimativa a cui
partendo da altre considerazioni è arrivato anche
chi scrive questo resoconto (V. il suo libro su Filippo
Brunelleschi, Stuttgart, 1892, pag. 306). Il Gey-
muller, del resto, non si schiera dalla parte di coloro
che a Donatello negano ogni senso, ogni talento
architettonico. Anzi, nei fondi di alcuni de'suoi
bassorilievi (principalmente di quelli nel Santo a
Padova), nelle incorniciature di parecchie delle sue
composizioni (Annunziata in Santa Croce, nicchia
pel San Lodovico in Or San Michele, che invece che
al 1423-25 egli erroneamente mette nel 1435-40),
scorge idee architettoniche spesse volte strane sì
e poco corrette, dal punto di vista strettamente
architettonico, ma sempre robuste, vi scorge un
modo di vedere affatto singolare, a cui non si po-
trebbe negare il pregio artistico e l'impronta del-
l'indipendenza artistica assoluta. Il prospetto cro-
nologico delle opere di Michelozzo, con cui l'autore
 
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