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Archivio storico dell'arte — 1.1888

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Fasc. VIII
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Baldoria, Natale: Un avorio del Museo Vaticano, [3]: studio iconografico
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https://doi.org/10.11588/diglit.17347#0424

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318

UN AVORIO DEL MUSEO VATICANO

appunto in uno stiramento più o meno forte delle braccia, costrette a sorreggere il peso del
corpo morto; il quale fa un arco col fianco sinistro per ripiegarsi poi colle ginocchia dalla parte
opposta. I piedi sono conficcati sulla croce da un solo chiodo : ma mentre nell'arte gotica del set-
tentrione noi li troviamo l'uno sopra l'altro in modo che pure le gambe ne restano intrecciate; in
Giotto e in generale ne' giotteschi e nei Senesi,1 come anche in molte sculture dopo Giovanni
Pisano, fra le quali ricordo quella d'un trittico in avorio attribuito all'Orcagna, esistente nel museo
Nazionale di Firenze, soltanto le punte de' piedi sono unite e trapassate dal chiodo, onde le gambe
restano l'ima dall'altra affatto separate. 2 A questo proposito giova notare che Nicola Pisano, nella
Crocifissione del pulpito del battisterio di Pisa, mentre diede al Cristo la curvatura del corpo usata
dai bizantini, e nello stesso secolo xm da Giunta Pisano e da altri pittori toscani anteriori a Giotto,
gli intrecciò le gambe ed i piedi nell'identico modo trovato dall'arte del Settentrione. Giovanni
Pisano (Crocifissione sul pulpito del duomo di Siena) accolse del tutto, ma da par suo, la mossa
data al Cristo dall'arte gotica,3 e questa segui, come ho già accennato, anche Giotto, il quale però
diede ad essa, rispetto alle gambe, la modificazione sopra indicata.

Dapprima, tanto nella letteratura quanto nell'arte, non si cercò di rappresentare realistica-
mente la scena di dolore svoltasi sul Calvario, e ciò, come lo abbiamo veduto pel Cristo, lo possiamo
constatare anche per le figure di Maria e di Giovanni. Il fatto non veniva dai cristiani considerato
in se stesso come storico ed umano, ma per i suoi effetti e per le considerazioni alle quali poteva
dar luogo. La scena del Calvario, svolta con brevissimi tratti ne' quattro Evangeli sinottici, dove
soltanto San Giovanni fa assistere Maria alla morte del figlio vicino alla croce, mentre gli altri
tre Evangelisti sono d'accordo a notare che le pie donne riguardavano da lontano la scena, non
acquista certo maggior vivezza dagli scrittori. Soltanto Sant'Ambrogio parla del modo con cui Maria
stava dinanzi alla croce del Aglio, e la dice calma nel dolore, riguardando il Cristo con occhi pietosi
(S. Ambr., De óbìtu Valentiniani consolatio, § 39, Migne, p. 1371; De Inst%tut. Vìrginis, cap. VII,
§ 49, Migne, tomo XVI, p. 318). Ma intanto il popolo interpretava anche i fatti evangelici secondo
il proprio sentire, imaginandoli nella loro realtà.

L' Evangelo apocrifo degli Ada Filali (Tischendorf, cod. B), col quale già fin dal vi secolo do-
vevano esser fermate le leggende popolari sulla Passione di Cristo, descrive diffusamente il pianto
di Maria ed ingenuamente racconta ch'ella svenne e cadde fra le pie donne e Giovanni che la
seguivano al Calvario; e rinvenuta, la fa continuare nelle sue disperate lamentazioni. Nel secolo vili,
San Giovanni Damasceno (Migne, Patr'ol: graeca, tomo 94, I, p. 1102, §27) e il Venerabile Leda
(Meditai. Pass. Chr. Basileae, 1503, tomo Vili, p. 1525 e segg.) si fermarono a meditare sugli
strazianti dolori di Maria sul Calvario; e il secondo, che intorno a ciò si diffonde assai, narra come,
dopo che il figlio spirò, ella sia caduta colla faccia a terra. Dall' vili secolo in poi è sempre un
crescendo in queste considerazioni del dolore di Maria, finché si arriva al Sermo de Passione
Domini di Sant'Anselmo (Migne, Patrol. lai., tomo 158, p. 675 e segg.) ed allo Stabat Mater do-

1 Giotto, nella chiesa inferiore di San Francesco in Assisi; nella cappella degli Scrovegni a Fadova, ecc.;
Giottino; Crociflsssione in Santa Croce a Firenze;

Iacopo Avanzi veronese ; nella cappella di San Giorgio a Padova, e nella cappella di San Felice entro la chiesa del Santo,
pure a Padova (cfr. Cavalcaselle e Crowe, St. della pittura in Italia,, pp. 117 e 156);

I fratelli Lorenzetti; nella chiesa inferiore di San Francesco in Assisi; Crocifissione attribuita dal Vasari al Cavallini
(cfr. Cavalcaselle e Crowe, op. cit.. pp. 174 e 193);

Lippo e Berna, seguaci di Simone Martini, nella cappella degli Spagnuoli in Santa Maria Novella a Firenze (cfr. Caval-
caselle e Crowe, III, p. 83 e segg.), ecc. ecc.

» N. 172, fotogr. Alinari, n. 15498.

3 È importante a notarsi come, oltre che nel Crocifisso di Lotario (ix secolo), già ricordatoci sia uno spiccato accenno
all'atteggiamento del Cristo quale fu usato dall'arte gotica, in un avorio tedesco dell' xi secolo, conservato nel museo di Darm-
stadt. I piedi però, come in quel di Lotario, ne son separati (cf. Rohault de Fleury, La Salute Vierge, I, tav. 47). Come i
Crocifissi gotici, specialmente nel secolo xiv, il Cristo di Giovanni Pisano è assai scarno, e, caso raro, le braccia della croce
formano un Y col palo verticale. Da croci di tal forma pendono i ladroni nell'avorio carolingio, già più volte ricordato, del ix
secolo, nella Nazionale di Parigi (Boucnox, Les relieures d'art, pi. vi); vi pende lo stesso Cristo sul calice di San Bernardo,
conservalo a Hildesheim (seo. xn, cf. RoSaclt de Fleury, La Messe)] e in una pittura di San Silvestro a Roma (sec. xm), ri-
prodotta dal D'Agincourt (Pittura, tav. 101), ecc. ecc.
 
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