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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. I-II
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Sant' Ambrogio, Diego: Bernardino de Rossi in Santa Maria delle Grazie in Milano: nella Sala del Cenacolo e nella crocifissione del Montorfano
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0040

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BERNARDINO DE ROSSI

31

Quanto poi alla Madonna col bambino Gesù dipinta su fondo oscuro nella lunetta della
porta a sesto acuto che immette dal chiostro nella sala del Cenacolo, premesso che, in man-
canza di documenti non si ponno che avanzare semplici congetture, tutto indurrebbe ad
attribuire a quell'insigne frescante della fine del xv secolo, che fu il pavese Bernardino
I)e Rossi, anche quel bello affresco, ma non va taciuto che, come per la pittura della sala
del Cenacolo, anche per questa del chiostro e della porta che serve di transito al refettorio
l'opinione generale si era in passato che esse fossero ascrivibili al Montorfano.1

Solo non regge quest'opinione desunta da scritti di autori, come il Torre, d'assai poste-
riori all'epoca dei dipinti, alla stregua dell'osservazione e più specialmente del raffronto della
pittura della Crocifissione che porta la data e la segnatura del Montorfano, coi festoni deco-
rativi e i medaglioni della sala stessa del Cenacolo, e più poi colle belle immagini di santi
domenicani dipinti a fresco sulle navate laterali delle Grazie.

Ora, per quel che concerne i festoni, tratteggiati e coloriti con sì nuovo senso d'arte,
già, sulla fede del Lomazzo, erasi posto innanzi il nome di Stefano Scotto, che il Lomazzo
dice, col Perugino, il maestro di Gaudenzio Ferrari, e che artisti diversi dei quali non
giunse fino a noi il nome abbiano operato sui primordii nel tempio delle Grazie e nel vicino
refettorio, ce lo attesta lo stesso padre Gattico, il quale avvertì che non indicava da parte
sua che i più celebrati.

Nell'oscurità pertanto ed anzi nella assoluta mancanza di notizie intorno all'autore di
questa gaia decorazione della sala del Cenacolo, sì discorde dal carattere melanconioso e
piuttosto antiquato della pittura del Montorfano, non parrà troppo ardito se, in base ai mi-
nuti raffronti più sopra esposti, già si pose innanzi l'avviso che non già al Montorfano ne
allo Scotto, ma sibbene a Bernardino I)e Rossi siano quegli affreschi da attribuirsi, e s'è
spinto innanzi lo studio sino all'assegnare al De Rossi stesso le manifeste aggiunzioni degli
otto santi domenicani a' pie della Crocifissione.

Non men che nei festoni, si appalesa chiaramente il De Rossi nei medaglioni con santi
e sante dell'ordine dei predicatori dipinti nei fregi della sala, e che rispondono in tutto,
dal raffronto, coi medaglioni consimili ultimamente venuti in luce nella sala del Cenacolo,
coi molti medaglioni di egual fattura della Cappella già di Teodote nel seminario di Pavia,
e cogli altri medaglioni visibili nella retrocliiesa di San Maurizio in Milano, di cui si era
fin qui cercato invano l'autore.

La soavità dei volti, la buona esecuzione dei dipinti e più che tutto quella speciale e
gaia intonazione di colorito che era propria del De Rossi, fanno correre tosto al pensiero il
nome di quell'artista, ed una circostanza, secondaria, se vuoisi, ma pure non da trascurarsi,
ne confermerebbe l'attribuzione di quei medaglioni ornamentali della sala del Cenacolo a
Bernardino De Rossi, ed è quella del vedersi dipinta fra le immagini più in vista, di fianco
al celebrato Cenacolo, la Beata Sibillina di Pavia.

Fa quel medaglione simmetria all'altro di fronte col l'effigie della Beata Elisabetta d'Un-
gheria, che fu riprodotta altresì in quella sala, fra le tre sante domenicane ritte in piedi
dietro la duchessa Beatrice d'Este, insieme a Santa Caterina da Siena e ad altra beata do-
menicana.

Ora, noi sappiamo che con special predilezione soleva Bernardino De Rossi riprodurre
quella beata oriunda di Pavia, e così la vediamo effigiata con altre sante nella tavola di
proprietà Bottigella in Pavia, già attribuita in passato al Borgognone ed ora dal Crowe e
«lai Cavalcasene allo stesso Bernardino, e che venne descritta dal compianto C. Magenta nella
sua opera sui Visconti e gli Sforza nel Castello di Pavia.

Il I orre, nel suo Ritratto di Milano, così si esprime
in proposito:

« Nello stesso refettorio Donato Montorfano dipinse
nello sfondo, per servire di prospetto, la città di Geru-

salemme e la Crocifissione del Salvatore, come ancora
le figure sopra le finestre e porta del Capitolo e quelle
antiche nel transito del secondo chiostro denominato il
grande ».
 
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