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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. I-II
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0143

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184

copia in questo Archivio, anno VII, a pag. 164 e 165).
Siccome il Botticelli in ogni modo deve averla di-
pinta innanzi al 1498 (anno della morte di Savo-
narola, di cui egli era uno dei più accaniti seguaci),
anzi secondo ogni verosimiglianza già alcuni anni
prima, bisogna trarne la conseguenza che al tempo
dell'attività del Bramante a Roma questa nuova
maniera di decorare la scena aveva già avuto
la sua origine a Firenze. E ci ripromettiamo che
il nostro autore stesso nella seconda parte del suo
saggio, in cui si propone di trattar appunto dello
svolgimento della decorazione scenica a Firenze,
valendosi non solo delle testimonianze letterarie,
ma facendo pure soggetto dei suoi studi i disegni
rispettivi della raccolta degli Uffizi, arriverà allo
stesso risultato. E ci sarà grato di leggere quanto
prima questa seconda parte complementare del pre-
sente suo lavoro, imperocché leggendo questo ci
siamo convinti della scrupolosità e saldezza delle
sue indagini, e dell'assiduità da lui adoperata per
chiarire alquanto il soggetto in discorso, finora poco
studiato.

C. de Fabriczy.

Geistliches Schauspiel und Kirchliche Kunst in ihrem
Verhàltniss erlautert an einer Ikonographie der Kirche
und Synagoge. Eine Kunsthistorische Studie von Dr.
Paul "Weber. Mit 10 Abbildungen in Lichtdruck und 18
Textbildern. Stuttgart, Ebner u. Seubert, 1894. 152 pp.
di 8° gr.

Lo scopo che il giovane autore si è prefisso nella
presente dissertazione, era di dimostrare, seguendo
ed indagando l'evoluzione di un singolo ciclo di
raffigurazione, il nesso intimo che sussisteva du-
rante tutto il medio evo fra le rappresentazioni
drammatiche di soggetto sacro e l'arte ecclesiastica.
Prendendo le mosse dall'investigazione iconografica
sulla personificazione della Chiesa e della Sinagoga,
che si trovano raffigurate così frequentemente nelle
opere d'arte medioevali accanto al crocefisso, il
nostro autore riuscì di stabilire una influenza de-
cisiva dei cosiddetti misteri ossia rappresentazioni
religiose sull'arte sacra del medio evo. I resultati
da lui ottenuti sono tanto più pregevoli e meri-
tano tanto maggior attenzione, perchè egli — ec-
cettuato un saggio di Giulio Durand, pubblicato
nel Bulletin Monumentai dell'anno 1888, e che
tratta dei monumenti figurati del medio evo, ese-
guiti dietro testi liturgici — nel campo su cui si
avventurò nei suoi studi non aveva, o quasi, pre-
cursori.

Prima di entrare nell'argomento proprio, l'autore
passa in rivista le rappresentazioni dei primi otto
secoli dell'arte cristiana, che formano per così dire
i primordi del ciclo in discorso. S'intende da se,
che per queste i monumenti italiani non solo sono
di somma importanza, ma formano addirittura il
fondamento. E perciò l'autore discute le raffigura-
zioni della Chiesa nel codice rossanese, nella Ge-
nesi della biblioteca imperiale di Vienna, spiega
le due figure femminili sui mosaici di Santa Sa-
bina e di Santa Pudenziana in Roma, tocca la
questione delle Oranti, delle immagini della Chiesa
nei cosiddetti « Exultet » (preghiera liturgica che
fu cantata al sabato santo nella consacrazione del
cero pasquale), parla del più antico ciclo tipolo-
gico nei mosaici del presbiterio di San Vitale in
Ravenna, che forse potrebbe essere riguardato come
il primo grado della raffigurazione della Chiesa e
della Sinagoga, per stabilire la prima e più ante-
riore di siffatte raffigurazioni probabilmente già in
una iniziale miniata del cosiddetto sacramentario
di Drago proveniente da Metz (c. 850), ma certa-
mente in parecchie tavole in avorio, scolpite in
bassorilievo, del nono o decimo secolo, raffiguranti
tutte la crocefìssione. Fra questi avori di cui l'au-
tore ne enumera sedici, provenienti per la mag-
gior parte dalla scuola artistica che in quell'epoca
si era formata intorno alle due città di Metz e
Tournai come sedi arcivescovili ed in generale
centri di alta cultura, se ne trova anche uno nel
Museo nazionale di Firenze (Coli. Carand, n. 82).

Ricercando ora l'origine di queste raffigurazioni
della Chiesa e Sinagoga, il Weber riesce di sta-
bilire come loro fondamento un dialogo in forma
di disputa, che per secoli servì da preambolo o
intermezzo favorito al grande ciclo della passione,
una delle rappresentazioni più antiche e più fre-
quenti nei misteri, ossia rappresentazioni dramma-
tiche di carattere sacro nel medio evo. In questo
dialogo la Chiesa, adducendo testimonianze dal
vecchio Testamento, prova alla Sinagoga essere ar-
rivato alla sua fine il predominio del giudaismo e
della vecchia fede, prendere ora il suo posto essa
stessa come promessa sposa di Gesù Cristo re dei
re, sicché la Sinagoga infine riconosce essere se
stessa abbandonata, priva di potenza e condannata
colla forza dei suoi propri argomenti, e si sotto-
mette alla Chiesa, che le spezza il vessillo e le
benda gli occhi in segno della sua cecità e osti-
nazione. Consta ormai che già nel secolo nono si
facevano, promosse già allora dalla Chiesa, rappre-
 
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