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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. V
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Supino, Igino Benvenuto: Nino e Tommaso Pisano
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0361

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352

TGINO BENVENUTO SUPINO

ma se ne trova un'impronta in gesso ed in galvano-plastica più piccola dell'originale, cioè
di millimetri 60, siccome in questa stessa raccolta si vede. Ciò farei)be supporre ai meno

informati che da altro sigillo fosse derivata, ma non
è così: l'anteriore proprietario del sigillo avendone
negata l'impronta, questa gli venne presa nascosta-
mente, sopra una pasta da pane cruda e quindi lasciata
seccare, la quale ha prodotto una copia tutta ridotta
in proporzione, che ha servito di forma per le im-
pronte che vediamo circolare in commercio ». E a
complemento di queste notizie aggiungiamo che pure
a Nino è attribuito dagli eruditi il conio del fiorino
pisano. « Credo non si possa attribuire a gara di cam-
panile se asserisco, scrive Moisè Supino in una nota
Xdell'opera citata, che questo aguglino o fiorino pisano

sia il più bello tra tutti gli altri delle rammentate zec-
che (Firenze, Lucca e Siena), essendo voce tradizionale
'"im.cu.mc che i coni fossero eseguiti dal celebre Nino scultore

Sigillo attribuito a Nino Pisano oiafo pisano. Infatti il suo disegno c elegante e

(Dalla pubblicazione «I Sigilli del Comune di Pisa») COliettO, bello il VOltO della Mad0111ia, maestosa la

posa, grazioso il Bambino, ricchi i panneggiamenti.
L'aquila è lavorata con molta accuratezza; nell'insieme è tipo tale, che i più celebrati co-
niatori del secolo xvi avrebbero potuto ben poco migliorare».1

VI.

Con Nino Pisano, e noi l'abbiam dedotto dalla osservazione e dallo studio delle diverse
opere, lavorava il fratello Tommaso; nò è da supporsi che in quell'epoca i due fratelli, entrambi
scultori, orafi e architetti, non avessero comune la bottega e non operassero insieme; e
abbiamo aggiunto che le parti più scadenti da noi riscontrate nelle opere di Nino dovevano
ritenersi di Tommaso, certo di lui meno abile scultore, a giudicarlo almeno dal lavoro che
ci rimane col suo nome.

Lo stesso doge del resto, che adoperò Nino, si servì pur del fratello, cui diede incarico,
dopo demolito il palazzo Gambacorti, di fabbricarne un altro, che non fu compiuto per la
caduta del tiranno. Fece per lui il modello di un cimiero o berretto ducale, disegnò una
sedia, che eseguita in marmo, doveva collocarsi nella tribuna maggiore del Duomo, ed ebbe
incarico di scolpir la tomba che doveva racchiudere le ossa della moglie del doge, Marghe-
rita, pur questa da collocarsi nel Duomo di Pisa.2 Ma l'incendio della chiesa distrusse l'opera
di Tommaso Pisano-.

Scrive il Vasari che rimasero di Andrea molti discepoli, e fra gli altri Tommaso Pisano,
architetto e scultore; il quale finì la cappella del Camposanto, e pose la fine del Campanile del
Duomo, cioè quell'ultima parte dove sono le campane.3

Gli storici concordi attribuiscono a Tommaso l'ultimo giro del campanile, sebbene nessun
documento confermi la notizia; ma sarà bene intrattenerci un po'sulla affermazione che

1 I sigilli del Comune di Pisa, pag. 33. Il prezioso
medagliere raccolto dal cav. Moisè Supino, fu dalla con-
sorte di lui donato alla Città, e si trova ora esposto, in-
sieme con quello Franceschi, nel Museo Civico pisano.

2 II Milanesi scrive che Tommaso era anche pittoro,

e che dipinse nel 1368 due scrigni da offrirsi in dono

alla duchessa Margherita. Ma gli scrigni furono dipinti
da Tommaso pittore, detto Giottino, come del resto ci
dice lo stesso Bonaini. Vedi Memorie inedite di disegno,
pag. 61.

3 Ed. Sansoni, voi. I, pag. 494.
 
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