355
piuttosto si direbbe opera di uno scultore volgare che avesse voluto esagerare di proposito,
ma rozzamente e in modo quasi deforme, la maniera di Nino.1
Noi infatti non possiamo non osservare nelle diverse figure dei santi i volti contratti,
volgari, privi d'espressione, e quel che è peggio puerilmente e grottescamente lavorati, dalle
mascelle inferiori grosse e ordinarie, dagli occhi appena visibili, dalle sopracciglia corrugate.
Le mani ordinarie han dita lunghe e informi, le pieghe tonde cadono a guisa di festoni;
siamo, insomma, davanti a un dozzinale lavoro, che nel solo gruppo della Tergine con gli
angeli accenna ad un lieve miglioramento. Anche qui il movimento è contorto; i volti son
grossi e ordinari, mancanti di espressione, le mani lunghe dalle dita ancor più lunghe e de-
formi, le pieghe vuote e convenzionali ; ma pur c'è qualche cosa di più che non si trovi nelle
altre statue: per lo meno una fattura meno gretta, meno povera e meno primitiva. Le sto-
GADDO UPEZINGHI E GIOVANNA DELLA GHERARDESCA, DI TOMMASO PISANO
riette della base sono appena accennate, e qua e là non mancano alcuni pochi accenni di
un certo spirito e di vita, sebbene la trascuranza con la quale sono trattate ci confermi il
severo giudizio già dato intorno a questo artefice come scultore.
Il gradino non si accorda più con la parte superiore: due angioletti, che facevan parte
della storia rappresentante il Battesimo, sono stati messi all'angolo della Resurrezione, e
tutto l'insieme, così slegato com'è, dimostra che nel disfarlo, per trasportarlo dalla chiesa
di San Francesco in Camposanto, non s'è avuta quella cura che era doverosa e necessaria.
YII.
«Nello spazio che è tra questo altare », così si legge in un manoscritto dell'Archivio del
Capitolo, ove son riportate tutte le iscrizioni esistenti un tempo nelle chiese di Pisa, « nello
1 Storia della pittura, voi. II, pag. 15.
piuttosto si direbbe opera di uno scultore volgare che avesse voluto esagerare di proposito,
ma rozzamente e in modo quasi deforme, la maniera di Nino.1
Noi infatti non possiamo non osservare nelle diverse figure dei santi i volti contratti,
volgari, privi d'espressione, e quel che è peggio puerilmente e grottescamente lavorati, dalle
mascelle inferiori grosse e ordinarie, dagli occhi appena visibili, dalle sopracciglia corrugate.
Le mani ordinarie han dita lunghe e informi, le pieghe tonde cadono a guisa di festoni;
siamo, insomma, davanti a un dozzinale lavoro, che nel solo gruppo della Tergine con gli
angeli accenna ad un lieve miglioramento. Anche qui il movimento è contorto; i volti son
grossi e ordinari, mancanti di espressione, le mani lunghe dalle dita ancor più lunghe e de-
formi, le pieghe vuote e convenzionali ; ma pur c'è qualche cosa di più che non si trovi nelle
altre statue: per lo meno una fattura meno gretta, meno povera e meno primitiva. Le sto-
GADDO UPEZINGHI E GIOVANNA DELLA GHERARDESCA, DI TOMMASO PISANO
riette della base sono appena accennate, e qua e là non mancano alcuni pochi accenni di
un certo spirito e di vita, sebbene la trascuranza con la quale sono trattate ci confermi il
severo giudizio già dato intorno a questo artefice come scultore.
Il gradino non si accorda più con la parte superiore: due angioletti, che facevan parte
della storia rappresentante il Battesimo, sono stati messi all'angolo della Resurrezione, e
tutto l'insieme, così slegato com'è, dimostra che nel disfarlo, per trasportarlo dalla chiesa
di San Francesco in Camposanto, non s'è avuta quella cura che era doverosa e necessaria.
YII.
«Nello spazio che è tra questo altare », così si legge in un manoscritto dell'Archivio del
Capitolo, ove son riportate tutte le iscrizioni esistenti un tempo nelle chiese di Pisa, « nello
1 Storia della pittura, voi. II, pag. 15.