Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 7.1904

DOI Heft:
Fasc. 2
DOI Artikel:
Rossi, Attilio: Opere d'arte à Tivoli, [2]
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.24149#0203
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
156

ATTILIO ROSSI

degli apostoli è molto abilmente distribuita in piccoli gruppi ed in figure isolate; l’insieme
apparisce perfettamente equilibrato ; intima e chiara la relazione dei personaggi. Il gruppo
della Vergine, volante in cielo, sorretta dagli angeli, è una delicata concezione piena di fre-
schezza e di vita.

Le stesse eminenti qualità, la stessa padronanza nella trattazione dei corpi, lo sforzo
d’infondere in essi un alto carattere espressivo, palesano anche le altre parti di questi af-
freschi e specialmente le belle figure degli evangelisti e dei dottori (figg. 4-6), ed il Salvatore
benedicente (fig. 7), dipinti nella volta del presbiterio. Il loro buono stato di conservazione,
i colori ancora freschi e vivaci, ne fanno ancora meglio risaltare gli alti pregi. Le figure degli
apostoli Matteo, Marco e Luca, quelle di Sant’Ambrogio e di San Girolamo, quali in atto di
ascoltare l’afflato divino o di fermare sulla carta un pensiero lungamente meditato, altre
rapite in ascetica visione o raccolte in colloqui interiori, dimostrano come al pittore fossero
familiari il linguaggio delle forme, il discernimento dei mezzi idonei alla rappresentazione
degli stati psicologici più elevati.

La scena della natività di San Giovanni è condotta con lo spirito di un episodio rea-
listico, che rimane tuttavia notevolmente inferiore ai modelli affini di Domenico Ghirlandaio
e degli altri maggiori pittori della Toscana e dell’Umbria (fig. 3).

Il sentimento di domestica poesia, il numero, la varietà dei personaggi e degli episodi,
la ricchezza dei particolari decorativi e delle suppellettili familiari, che fanno di quelle opere
squisiti capolavori di scene di genere, qui invece si ricercano invano. La rappresentazione
dell’avvenimento è trattata alla buona, senza cura soverchia dei particolari.

Il legame dei personaggi è reso con scarsa evidenza: sembra che ognuno di essi at-
tenda a compiere il gesto assegnato, trascurando la sua relazione con gli altri. Così la puer-
pera mostra di non avvedersi neppure della fanciulla che le reca le vivande, nè di prestare
alcuna attenzione alla lavanda del neonato e la vecchia che porta nelle braccia il fanciullo
compie la sua opera con la indifferenza di chi sostiene un fantoccio.

Anche le deboli qualità coloristiche di questo affresco non sostengono il confronto con
quelle vivaci e brillanti, proprie delle pitture della volta e della parete di sinistra. Le tinte
sono condotte sopra una gamma molto più pallida, scarsamente rilevate di chiaroscuro : così
il modellato delle figure non palesa l’energia e la robustezza che si nota negli altri perso-
naggi. La manifesta inferiorità di questa composizione in confronto delle altre ci fa incli-
nare a riconoscere in essa l’opera di un collaboratore assai meno abile che non fosse il
maestro, al quale la commissione venne affidata. La notevole difformità che è fra il tipo
delle figure muliebri trattate in questo affresco e quello delle altre pitture, ci sembra una
conferma della diversità delle mani che eseguirono l’uno e le altre.

La scena dell’attribuzione del nome, malgrado dei gravi danneggiamenti sofferti, è tuttavia
una delle composizioni più degne di considerazione in questo ciclo di affreschi. Il carattere
solenne, grandioso, altamente plastico delle figure, la nobiltà delle loro attribuzioni e delle loro
espressioni, la semplicità e la bellezza degli abbigliamenti, assicurano all’autore di essa uno
dei gradi eminenti fra i pittori che operarono a Roma nella seconda metà del Quattrocento.

Una indagine di notevole interesse, atta a fornire elementi utili alla soluzione delle
incertezze vive tuttora intorno ad alcune pitture romane del Quattrocento, potrebbe essere
quella condotta a determinare ed a circoscrivere le manifeste relazioni che corrono tra gli
affreschi della chiesa tiburtina e quelli del ciborio di San Giovanni in Laterano, dell’abside
di Santa Croce in Gerusalemme e dell’oratorio di Santa Caterina in Santa Maria della Mi-
nerva. L’esame comparativo di queste pitture romane e di quelle di Tivoli rivela numerose
corrispondenze di particolarità tecniche e stilistiche, che sorpassano, a nostro giudizio, quelle
solite a riscontrarsi fra le opere di autori appartenenti ad una medesima scuola.

Il tipo della Vergine rappresentato nella chiesa di San Giovanni a Tivoli è quello
stesso che sì ritrova nell’abside di Santa Croce in Gerusalemme ; come alcune delle figure
muliebri e virili qui dipinte presentano fedeli riscontri con alcune figure di Sibille e di Apo-
 
Annotationen