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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 3
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Corrieri
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0269
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CORRIERI

22 g

stesso artista, con figure in proporzioni minori delle
prime, le diverse scene della Passione, anch’esse in-
teressantissime e con tutti i caratteri dell’ ignoto maestro
che appartenne molto verosimilmente alla scuola mar-
chigiana.

Una vecchia tavola di Cola d’Atnatrice. Nella
chiesa di Sant’Agostin > in Amatrice vidi, or non è
molto, una tavola di Cola con la seguente iscrizione :

COLA FILO
TETIOS MDXXII.
restaurata netti 1594

Rappresenta una Sacra Famiglia, tratta da un la-
voro della scuola di Raffaello. Estranea al soggetto
vi appare la figura di .una donna in piedi, che è tutta
cosa del Filotesio. Eccettuata questa, la composizione
è raffaellesca. Ma purtroppo il restauratore ha fatto
scempio dell’opera di Cola. Non so se fosse più pos-
sibile liberare il dipinto dalle brutture onde fu coperto
nel 1594 ; ad ogni modo il quadro ci conferma nella
idea che Cola, contrariamente a quanto asserirono
gli scrittori del Seicento e ripeterono gli altri, dovè
conoscere e studiare fuori della sua patria opere di
maestri diversi, non esclusi quelli che furono impro-
priamente detti di scuola romana.

Varia. — A Spinetoli, circondario di Ascoli Piceno,
presso il signor N. Pallottini potei visitare nell’ottobre
scorso una piccola raccolta di quadri, di cui i più no-
tevoli sono: una grande tela (m. 2.25 X 1.70) guer-
cinesca, rappresentante una giovane donna ignuda
(Venere), che si orna il crine con gioie, mentre si
appoggia con la destra sul tappeto su cui è seduta e
un putto alato (Amore) le presenta lo specchio; una
tela che ricorda il Cignani, con la Madonna in atto
di adorare il Bambino dormente e quattro angeli che
contemplano divoti la dolce scena ; una lunetta, con
l’Annunciazione, di scuola toscana e una tavola, molto
restaurata, rappresentante il piccolo Gesù e San Gio-
vannino, di un artista di poco posteriore a Raffaello
e che ne imita la maniera.

E. Calzint.

Notizie di Roma.

Restauri degli affreschi di Michelangelo nella
Cappella Sistina.— Due avvenimenti che fanno epoca
per la storia della Cappella Sistina, si compirono nel-
l'anno testé decorso: la grande pubblicazione dello
Steinmann intorno alla Cappella, accompagnata dalla
riproduzione in tavole fototipiche e a colori degli af-
freschi e di tutte le opere anche minori di scultura e
di semplice decorazione che la compongono,1 ed i

1 Die SixUniscile Kapelle, herausgeg von E. Steinmann, II B.,
Michelangelo, Munchen, 1905.

nuovi restauri degli affreschi della volta e del Giu-
dizio universale.1

È noto agli studiosi di storia dell’arte che il peri-
colo di guasti e quindi la necessità di restauri per
l’insigne monumento non sono da ieri, e non sarà
inopportuno sulla scorta dello Steinmann (II, pag. 779
e seg.) richiamarne qui i dati principali.

La prima volta che la Cappella Sistina cominciò a
far parlare di sè fu nell'ultimo anno del pontificato di
Pio IV (1565). Essendosi allora cavato del terreno in-
torno ai fondamenti dalla parte della zecca attuale, si
manifestarono all’improvviso nell’edificio molte fes-
sure, le quali fecero « fuggir in un momento tutti
quelli eh’habitavano in paradiso» ; e indussero il papa,
tornato dal palazzo di Venezia al Vaticano, a ritirarsi
nelle stanze di Giulio III. abbandonando le camere
della torre Borgia, ov’era solito abitare prima, come
quelle che, per la loro prossimità alla cappella, si tro-
vavano, in caso di rovina, esposte a maggiori pericoli.
Nel carteggio inedito di Paolo Odescalco al Borromeo,
conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, e
nel Diario del tempo di Cornelio Firmano e di Lo-
dovico Branca nell’Archivio segreto pontificio, si parla
ripetutamente delle preoccupazioni causate dalle le-
sioni apparse nell’edificio; e fu allora che Pirro Li-
gorio ne rinforzò i fianchi con fortissimi speroni e
pilastroni, che verso il Belvedere sono tuttora visibili.
Anche le pitture dovettero soffrirne per le molte scre-
polature apparse nella volta, tanto che Pio V affidò
l’incarico di restaurarle a certo Girolamo da Fano;
ma questi morì senza aver fatto gran cosa, e fu chia-
mato all’importantissimo ufficio Domenico Carnevale,
notissimo pittore modenese, il quale compì la stucca-
tura degli screpolamenti e rifece un pezzo d’intonaco
appartenente alla pittura del Sacrifizio di Noè.

Sotto Urbano Vili, nel 1625 la cappella fu sotto-
posta ad una ripulitura generale, compiuta dall’indo-
ratore di palazzo Simone Laghi, come è ricordato in
due codici, l’uno Vat. Capponiano 231 (f. 238) e l’altro
Chigiano G. Ili, 67 (f. 208): « Sotto Urbano Vili fu-
rono rinettate le pitture della cappella di palazzo detta
di Sisto, e l’ordine che si tenne fu questo, che spol-
verata figura per figura, con pannolino se gli levava
la polvere con fette di pane a baiocco o altro più
vile, stropicciando diligentemente, e tal volta, dove la
polvere era più tenace, bagnavano un poco detto pane
e così ritornarono alla loro pristina bellezza senza ri-
cever danno alcuno » (sic).

Una seconda ripulitura generale fu fatta sotto Cle-
mente XI verso il 1712, come si legge in una relazione
manoscritta (Cod. Vat. 9927, f. 57 e seg.) di Agostino
Taja sotto il titolo: «Di alcuni risarcimenti, et ornati
nuovi, proposti per l’intiero ristoramente della Cap-

1 Di questi restauri riferì al pubblico lo Steinmann stesso nella
rivista Museumskunde, voi. I, fase. 40, pag. 226 e seg. e nel II vo-
lume della sua Sixtìnische Kapelle, pag. 784 e seg.
 
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