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Stanisław Mossakowski
Sigismondo) di Francesco Fiorentino, architetto e
scalpellino italiano, nonche 1'uso nelle nuove parti
della residenza reale delle forme all 'antica e perfino
1'introduzione di un motivo imperiale nel program-
ma ideologico del palazzo devono essere conside-
rate prima di tutto nel contesto di cid che il futuro
sovrano di Polonia aveva incontrato nella capitale
dell'Ungheria. Non e inoltre escluso che a Buda
Sigismondo abbia potuto vedere i disegni delle
decorazioni di Urbino arrivate - come si pud
supporre - in Ungheria tramite la corte degli
Aragona napoletani.
La conoscenza delle forme e dei contenuti
ideologic! dei palazzi reali di Napoli arrivo a Wawel
anche in maniera diretta grazie alla venuta a Cra-
covia nel 1518 della nuova regina, Bona Sforza
d'Aragona, della sua numerosa corte e di altre
persone del suo seguito. La nipote, da parte materna,
del re Alfonso II, Bona aveva passato la sua infanzia
e la sua giovinezza nella Napoli capitale. Negli anni
1500 - 1501 ci soggiorno alla corte dello zio di sua
madre, re Federico (1496-1501). Successivamente
viaggio spesso da Bari a Napoli dove lei e la madre
presero fissa dimora nel 1510. Durante i loro
soggiorni napoletani alloggiavano nel Castel Capuano
e proprio li, in presenza dei numerosi ospiti polacchi,
si svolse nel dicembre del 1517 la cerimonia del
matrimonio per procura della giovane principessa
con il re Sigismondo.
Arrivando sul Wawel rinascimentale, gia parzial-
mente ricostruito, la nuova regina doveva parago-
nare la residenza dei sovrani polacchi con i palazzi
degli Aragona napoletani, sia per quanto riguarda la
ricchezza dell'arredamento e delle decorazioni, sia
per quanto riguarda la struttura funzionale. Sia la
regina che le persone con lei venute dall'Italia
Meridionale rimasero sicuramente sorprese dalia
funzione, anche artistica, delle maestose stufe nelle
stanze del castello di Wawel. I frequentatori della
corte napoletana non potevano invece restare stupiti
dalle caratteristiche della residenza reale come: gli
appartamenti separati dei consorti reali, le forme
rinascimentali delle gallerie all 'antica, 1'uso a scopo
decorativo delle stupende tappezzerie e perfino il
bagno attiguo alla parte femminile del palazzo. Tutte
queste cose non mancavano ne nel Castel Nuovo ne
nel Castel Capuano, soprattutto dopo la ricostru-
zione di quest'ultimo voluta dal nonno di Bona negli
anni 1487-1488.
Nasce invece spontanea la domanda se, e in
quale misura, la conoscenza, le abitudini e gli
eventuali suggerimenti di Bona potessero esser stati
presi in considerazione durante le successive fasi
della ricostruzione del palazzo.
Sappiamo, per esempio, che il nuovo ap-
partamento reale nel Castel Nuovo, arredato negli
anni 1496-1498 dal prozio di Bona, Federico
d'Aragona (regnante 1496-1501) e situato nell'ala
sud-est con vista sul mare, disponeva di un
padiglione con una loggia aperta circondata da
colonne e coperta da un tetto di legno decorato. Una
simile camera della terrazza, attigua del resto al
bagno dell'appartamento principale, era comparsa
gia prima (negli anni 1487-1488) nel Castel
Capuano. E percio difficile da accettare che la
graduale introduzione nel palazzo di Wawel dei
patio (terrazzi panoramici con tettoia) prima nelle
vicinanze degli appartamenti del re sopra la Torre
Danese (Wieża Duńska, 1530-1535) e poi sopra il
bagno della regina (1535-1536) si fosse attuata
senza il suo consiglio.
Si pud anche supporre che il ricordo dei dettagli
decorativi della residenza familiare di Napoli abbia
potuto facilitare alla regina la plena accettazione di
alcuni motivi adottati nell' appartamento della nuova
ala orientale soprattutto negli ambienti destinati alla
dimora di suo figlio. Penso qui alle testoline dei
serafini (1531), usate nei soffitti progettati da
Berecci, nonche all'idea di servirsi del motivo delle
teste umane per decorare i cassettoni (1535). Tutti
questi motivi erano apparsi sul magnifico arco
trionfale dal quale si accedeva al Castel Nuovo. Ai
probabili suggerimenti della regina potrebbe essere
collegata la figura dell'imperatore Berengario II,
capostipite degli Aragona, il quale non fu dimen-
ticato mentre si sceglievano immagini degli impera-
tori romani che vennero raffigurati nella continua-
zione pittorica del fregio del secondo piano del
chiostro (1535-1536).
Sembra che Bona fosse anche iniziatrice di una
delle piu grandi curiosita del programma ideologico
del palazzo di Wawel, inesistente nelle residenze
monarchiche europee, cioe quella di collocare, sui
portali e sulle finestre, le iscrizioni latine di carattere
filosofico-morale attinte di solito dalle opere di
Ovidio, Cicerone e prima di tutti Seneca. Contrar-
iamente alle iscrizioni che ornavano i palazzi di altri
sovrani europei quelle di Wawel non riguardavano
la titolatura e non glorificavano le opere del
fondatore - erano completamente prive di qualsiasi
significato propagandistico-politico. Solo una, al-
ludente ad aulae et aurata tecta, sembra lodare la
nuova residenza reale. Allo stesso tempo tutte le is-
crizioni, tranne un comandamento biblico: memo-
rare novissima et non peccabis, hanno un carattere
laico. A volte sono delle osservazioni generali: nihil
sine causa; tempora mutantur et nos mutamur
in illis o tendit in ardua virtus. Prevalgono rac-
comandazioni: nosce te ipsum; tecum habita;
faciliter creditur quod desideratur; in adversis
fortis, in prosperis cautus. Esse erano dirette alle
persone che intraprendevano un'azione: velis quod
Stanisław Mossakowski
Sigismondo) di Francesco Fiorentino, architetto e
scalpellino italiano, nonche 1'uso nelle nuove parti
della residenza reale delle forme all 'antica e perfino
1'introduzione di un motivo imperiale nel program-
ma ideologico del palazzo devono essere conside-
rate prima di tutto nel contesto di cid che il futuro
sovrano di Polonia aveva incontrato nella capitale
dell'Ungheria. Non e inoltre escluso che a Buda
Sigismondo abbia potuto vedere i disegni delle
decorazioni di Urbino arrivate - come si pud
supporre - in Ungheria tramite la corte degli
Aragona napoletani.
La conoscenza delle forme e dei contenuti
ideologic! dei palazzi reali di Napoli arrivo a Wawel
anche in maniera diretta grazie alla venuta a Cra-
covia nel 1518 della nuova regina, Bona Sforza
d'Aragona, della sua numerosa corte e di altre
persone del suo seguito. La nipote, da parte materna,
del re Alfonso II, Bona aveva passato la sua infanzia
e la sua giovinezza nella Napoli capitale. Negli anni
1500 - 1501 ci soggiorno alla corte dello zio di sua
madre, re Federico (1496-1501). Successivamente
viaggio spesso da Bari a Napoli dove lei e la madre
presero fissa dimora nel 1510. Durante i loro
soggiorni napoletani alloggiavano nel Castel Capuano
e proprio li, in presenza dei numerosi ospiti polacchi,
si svolse nel dicembre del 1517 la cerimonia del
matrimonio per procura della giovane principessa
con il re Sigismondo.
Arrivando sul Wawel rinascimentale, gia parzial-
mente ricostruito, la nuova regina doveva parago-
nare la residenza dei sovrani polacchi con i palazzi
degli Aragona napoletani, sia per quanto riguarda la
ricchezza dell'arredamento e delle decorazioni, sia
per quanto riguarda la struttura funzionale. Sia la
regina che le persone con lei venute dall'Italia
Meridionale rimasero sicuramente sorprese dalia
funzione, anche artistica, delle maestose stufe nelle
stanze del castello di Wawel. I frequentatori della
corte napoletana non potevano invece restare stupiti
dalle caratteristiche della residenza reale come: gli
appartamenti separati dei consorti reali, le forme
rinascimentali delle gallerie all 'antica, 1'uso a scopo
decorativo delle stupende tappezzerie e perfino il
bagno attiguo alla parte femminile del palazzo. Tutte
queste cose non mancavano ne nel Castel Nuovo ne
nel Castel Capuano, soprattutto dopo la ricostru-
zione di quest'ultimo voluta dal nonno di Bona negli
anni 1487-1488.
Nasce invece spontanea la domanda se, e in
quale misura, la conoscenza, le abitudini e gli
eventuali suggerimenti di Bona potessero esser stati
presi in considerazione durante le successive fasi
della ricostruzione del palazzo.
Sappiamo, per esempio, che il nuovo ap-
partamento reale nel Castel Nuovo, arredato negli
anni 1496-1498 dal prozio di Bona, Federico
d'Aragona (regnante 1496-1501) e situato nell'ala
sud-est con vista sul mare, disponeva di un
padiglione con una loggia aperta circondata da
colonne e coperta da un tetto di legno decorato. Una
simile camera della terrazza, attigua del resto al
bagno dell'appartamento principale, era comparsa
gia prima (negli anni 1487-1488) nel Castel
Capuano. E percio difficile da accettare che la
graduale introduzione nel palazzo di Wawel dei
patio (terrazzi panoramici con tettoia) prima nelle
vicinanze degli appartamenti del re sopra la Torre
Danese (Wieża Duńska, 1530-1535) e poi sopra il
bagno della regina (1535-1536) si fosse attuata
senza il suo consiglio.
Si pud anche supporre che il ricordo dei dettagli
decorativi della residenza familiare di Napoli abbia
potuto facilitare alla regina la plena accettazione di
alcuni motivi adottati nell' appartamento della nuova
ala orientale soprattutto negli ambienti destinati alla
dimora di suo figlio. Penso qui alle testoline dei
serafini (1531), usate nei soffitti progettati da
Berecci, nonche all'idea di servirsi del motivo delle
teste umane per decorare i cassettoni (1535). Tutti
questi motivi erano apparsi sul magnifico arco
trionfale dal quale si accedeva al Castel Nuovo. Ai
probabili suggerimenti della regina potrebbe essere
collegata la figura dell'imperatore Berengario II,
capostipite degli Aragona, il quale non fu dimen-
ticato mentre si sceglievano immagini degli impera-
tori romani che vennero raffigurati nella continua-
zione pittorica del fregio del secondo piano del
chiostro (1535-1536).
Sembra che Bona fosse anche iniziatrice di una
delle piu grandi curiosita del programma ideologico
del palazzo di Wawel, inesistente nelle residenze
monarchiche europee, cioe quella di collocare, sui
portali e sulle finestre, le iscrizioni latine di carattere
filosofico-morale attinte di solito dalle opere di
Ovidio, Cicerone e prima di tutti Seneca. Contrar-
iamente alle iscrizioni che ornavano i palazzi di altri
sovrani europei quelle di Wawel non riguardavano
la titolatura e non glorificavano le opere del
fondatore - erano completamente prive di qualsiasi
significato propagandistico-politico. Solo una, al-
ludente ad aulae et aurata tecta, sembra lodare la
nuova residenza reale. Allo stesso tempo tutte le is-
crizioni, tranne un comandamento biblico: memo-
rare novissima et non peccabis, hanno un carattere
laico. A volte sono delle osservazioni generali: nihil
sine causa; tempora mutantur et nos mutamur
in illis o tendit in ardua virtus. Prevalgono rac-
comandazioni: nosce te ipsum; tecum habita;
faciliter creditur quod desideratur; in adversis
fortis, in prosperis cautus. Esse erano dirette alle
persone che intraprendevano un'azione: velis quod