PREFAZIONE.
XXXVII
padre suo.39 Sennonché, le poesie del nostro Benvenuto
non aggiungono a gran pezza il valore delle sue prose.
Vive le immagini, vivo 1' affetto; ma rozza la forma, e
nuda affatto di quelle doti che sono veste necessaria
ad ogni poesia perfetta; colpa principalmente della ti-
rannia della rima, al Cellini, come ad ogni altro in-
esperto, intollerabile, così che talvolta in luogo di rima
bastagli 1' assonanza, 40 o se ne franca del tutto, o traesi
d'impaccio con una sconcordanza persino. " Nè meno
grave tormento della rima gli era la legge del ritmo." Da
questo nasce che i suoi concetti (se ne eccettui ben po-
chi, espressi, a vero dire, con bella felicità) or sono
strani e capricciosi, ora così nebulosi, stiracchiati e con-
torti, che non è dato d'intenderli affatto. Non v'è, insom-
ma, nelle sue rime quella pulitezza di locuzione, quella
venustà di forma, quell'arte e regola perfetta, che viene
dalla coltura delle buone lettere e dallo studio de' mi-
gliori esemplari. Ciò nonpertanto, a farsi intera ragione
dell' ingegno di Benvenuto importava anco conoscerne
questa parte.
Il Tassi fu il primo a porre in luce un saggio delle
poesie celliniane, sobriamente scelte. Esaminando gli au-
tografi riccardiani, mi parve che essi potevano dar ma-
teria ad una seconda scelta; ma nel rispigolare mi venne
fatto di raccogliere tutte le rimanenti, e tutte le do per
compagne alle già pubblicate; chiedendo scusa se non
ho saputo risolvermi a sceverare dal buono o mediocre
il cattivo, e se ho più che raddoppiato, con le nuove, il
numero delle già pubblicate.
XIX. Versi di vari in lode del Perseo. Quando, nel-
l'aprile 4554, fu scoperta la statua del Perseo, dice il
Cellini, « e' vi furono appiccati più di venti sonetti, tutti
in lode smisuratissime della mia opera. Dappoi ch'io
la ricopersi (per darle la sua fine), ogni dì mi v' era
XXXVII
padre suo.39 Sennonché, le poesie del nostro Benvenuto
non aggiungono a gran pezza il valore delle sue prose.
Vive le immagini, vivo 1' affetto; ma rozza la forma, e
nuda affatto di quelle doti che sono veste necessaria
ad ogni poesia perfetta; colpa principalmente della ti-
rannia della rima, al Cellini, come ad ogni altro in-
esperto, intollerabile, così che talvolta in luogo di rima
bastagli 1' assonanza, 40 o se ne franca del tutto, o traesi
d'impaccio con una sconcordanza persino. " Nè meno
grave tormento della rima gli era la legge del ritmo." Da
questo nasce che i suoi concetti (se ne eccettui ben po-
chi, espressi, a vero dire, con bella felicità) or sono
strani e capricciosi, ora così nebulosi, stiracchiati e con-
torti, che non è dato d'intenderli affatto. Non v'è, insom-
ma, nelle sue rime quella pulitezza di locuzione, quella
venustà di forma, quell'arte e regola perfetta, che viene
dalla coltura delle buone lettere e dallo studio de' mi-
gliori esemplari. Ciò nonpertanto, a farsi intera ragione
dell' ingegno di Benvenuto importava anco conoscerne
questa parte.
Il Tassi fu il primo a porre in luce un saggio delle
poesie celliniane, sobriamente scelte. Esaminando gli au-
tografi riccardiani, mi parve che essi potevano dar ma-
teria ad una seconda scelta; ma nel rispigolare mi venne
fatto di raccogliere tutte le rimanenti, e tutte le do per
compagne alle già pubblicate; chiedendo scusa se non
ho saputo risolvermi a sceverare dal buono o mediocre
il cattivo, e se ho più che raddoppiato, con le nuove, il
numero delle già pubblicate.
XIX. Versi di vari in lode del Perseo. Quando, nel-
l'aprile 4554, fu scoperta la statua del Perseo, dice il
Cellini, « e' vi furono appiccati più di venti sonetti, tutti
in lode smisuratissime della mia opera. Dappoi ch'io
la ricopersi (per darle la sua fine), ogni dì mi v' era