VOCI DI ETRURIA
133
Addio, etrusca Velathri\ la tua sparizione sembra
simboleggiata dalla rovina paurosa, che alle Balze
della Badia ha inghiottito tanti tuoi ricordi. Spet-
tacolo tragico di orridezza e di devastazione della
immensa lavina, ove si sovrappone agli strati
possenti della grigia marna la giallastra arenaria.
Alla luce del sole, che tramonta e che accende ful-
gidi bagliori, contrastanti recisi, violenti con l’ombra
dei sottoposti incisi incavi, si prova il senso della
distruzione irreparabile. Unico rumore è lo stridìo
dei falchi, che, quali macchie oscure, sinistramente
volteggiano sul baratro. Ma il senso della distru-
zione aumenta ancora; al di là dei colli si nasconde
il rosso disco solare; si spegne l’ardente luce e suc-
cede il livido grigiore; salgono dal profondo le
tenebre e tutto è inghiottito dalla funerea oscurità.
La mente rievoca i fantasmi del lontano passato;
ma una immagine prevale sulle altre. Così doveva
essere la rupe desolata, così doveva essere il baratro
della morte, dentro cui la Sfinge, il tremendo e
beffardo dèmone, faceva rotolare i miseri mortali,
che invano avevano cercato, affannosi, di sciogliere
l’enimma tremendo proposto dalle labbra sottili del
mostro, Femmina del perchè della vita.
Addio, etrusca Velathri, scomparsa tu pure come
un evanescente fantasma dal colle, da te un giorno
superbamente signoreggiato. Volterra medioevale
ha raccolto il tuo nobile retaggio ed oggi ostenta
il suo massiccio, austero palazzo dei Priori, la più
133
Addio, etrusca Velathri\ la tua sparizione sembra
simboleggiata dalla rovina paurosa, che alle Balze
della Badia ha inghiottito tanti tuoi ricordi. Spet-
tacolo tragico di orridezza e di devastazione della
immensa lavina, ove si sovrappone agli strati
possenti della grigia marna la giallastra arenaria.
Alla luce del sole, che tramonta e che accende ful-
gidi bagliori, contrastanti recisi, violenti con l’ombra
dei sottoposti incisi incavi, si prova il senso della
distruzione irreparabile. Unico rumore è lo stridìo
dei falchi, che, quali macchie oscure, sinistramente
volteggiano sul baratro. Ma il senso della distru-
zione aumenta ancora; al di là dei colli si nasconde
il rosso disco solare; si spegne l’ardente luce e suc-
cede il livido grigiore; salgono dal profondo le
tenebre e tutto è inghiottito dalla funerea oscurità.
La mente rievoca i fantasmi del lontano passato;
ma una immagine prevale sulle altre. Così doveva
essere la rupe desolata, così doveva essere il baratro
della morte, dentro cui la Sfinge, il tremendo e
beffardo dèmone, faceva rotolare i miseri mortali,
che invano avevano cercato, affannosi, di sciogliere
l’enimma tremendo proposto dalle labbra sottili del
mostro, Femmina del perchè della vita.
Addio, etrusca Velathri, scomparsa tu pure come
un evanescente fantasma dal colle, da te un giorno
superbamente signoreggiato. Volterra medioevale
ha raccolto il tuo nobile retaggio ed oggi ostenta
il suo massiccio, austero palazzo dei Priori, la più