FASE QUARTA O DEGLI ARTISTI SCOPA, PRASSITELE, LISIPPO
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l’ascella destra e cade, ricoprendo il petto, in lembi simmetrici dal braccio sinistro.
La Musa a lei vicina è tutta drappeggiata nel mantello, sotto cui risaltano e il braccio
destro piegato sul petto ed il sinistro abbassato; una terza compagna seduta e col
petto e col ventre liberi dallo himation, graziosamente ripiegando un po’ il capo,
suona uno strumento a forma di mandola. La quarta Musa è di profilo ed apre un ro¬
tolo; la quinta, ripiegando il braccio
destro al fianco ed abbassando il si-
nistro sulla coscia, ha in modo assai
vago disposto lo himation a cintura at-
torno al corpo; l’ultima Musa infine
alza con la destra la cetra, mentre il
mantello suo, avvoltolato attorno alla
cintura, cade dall’avambraccio sinistro.
Quale spontanea attrazione di grazia,
di soavità, di gentilezza, posseggono le
figure di Muse in questo rilievo, ese-
guito da mano non sempre sicura e
facile, ma certamente sotto lo impulso,
anzi secondo il modello del giovine
Prassitele ! E come già risalta in que-
sto rilievo la personalità del grande
scultore !
Caratteri dell’arte di Scopa e di Pras-
sitele. — Non già il pathos di Scopa, la
espressione cioè di un eccezionale tur-
bamento dello spirito, che ha il suo vivo
riflesso nello aspetto fisico, la lotta, la
passione dell’animo, ma qui par di rac-
cogliere il senso di un placido e raffinato
godimento della vita, pare che l’arte
debba sciogliere un inno perenne alla
Bellezza, quale può essere offerta da
esseri femminili o da figure di adole-
scenti, oppure anche da forme già adulte
o mature, illuminate dal sorriso di una
{Brogi)
Fig. 505. — Eros Farnese (m. 1,54).
lieta, facile esistenza. E tale grave di¬
versità d’indole tra i due grandi artefici di questo secolo iv è a noi appariscente anche
in quel che concerne i temi trattati e dall’uno e dall’altro. La mano di Scopa eseguiva
opere come la caccia al cignale, la lotta sul Caico nel tempio di Athena a Tegea; come la
commossa Afrodite, la dea di amori che suscitano battaglie nell’animo, con la personifi-
cazione di questi amori, Eros, Himeros, Pothos, come le Erinni implacabili, la Menade
infuriata, il turbolento Ares, i torbidi dèi del mare, simboleggianti la mutevolezza, le
burrasche dell’infido elemento. Ed anche quando Scopa rappresenta una figura in riposo,
come l’eroe cacciatore, forse Meleagro, infonde in essa un’agitazione piena di affanno.
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l’ascella destra e cade, ricoprendo il petto, in lembi simmetrici dal braccio sinistro.
La Musa a lei vicina è tutta drappeggiata nel mantello, sotto cui risaltano e il braccio
destro piegato sul petto ed il sinistro abbassato; una terza compagna seduta e col
petto e col ventre liberi dallo himation, graziosamente ripiegando un po’ il capo,
suona uno strumento a forma di mandola. La quarta Musa è di profilo ed apre un ro¬
tolo; la quinta, ripiegando il braccio
destro al fianco ed abbassando il si-
nistro sulla coscia, ha in modo assai
vago disposto lo himation a cintura at-
torno al corpo; l’ultima Musa infine
alza con la destra la cetra, mentre il
mantello suo, avvoltolato attorno alla
cintura, cade dall’avambraccio sinistro.
Quale spontanea attrazione di grazia,
di soavità, di gentilezza, posseggono le
figure di Muse in questo rilievo, ese-
guito da mano non sempre sicura e
facile, ma certamente sotto lo impulso,
anzi secondo il modello del giovine
Prassitele ! E come già risalta in que-
sto rilievo la personalità del grande
scultore !
Caratteri dell’arte di Scopa e di Pras-
sitele. — Non già il pathos di Scopa, la
espressione cioè di un eccezionale tur-
bamento dello spirito, che ha il suo vivo
riflesso nello aspetto fisico, la lotta, la
passione dell’animo, ma qui par di rac-
cogliere il senso di un placido e raffinato
godimento della vita, pare che l’arte
debba sciogliere un inno perenne alla
Bellezza, quale può essere offerta da
esseri femminili o da figure di adole-
scenti, oppure anche da forme già adulte
o mature, illuminate dal sorriso di una
{Brogi)
Fig. 505. — Eros Farnese (m. 1,54).
lieta, facile esistenza. E tale grave di¬
versità d’indole tra i due grandi artefici di questo secolo iv è a noi appariscente anche
in quel che concerne i temi trattati e dall’uno e dall’altro. La mano di Scopa eseguiva
opere come la caccia al cignale, la lotta sul Caico nel tempio di Athena a Tegea; come la
commossa Afrodite, la dea di amori che suscitano battaglie nell’animo, con la personifi-
cazione di questi amori, Eros, Himeros, Pothos, come le Erinni implacabili, la Menade
infuriata, il turbolento Ares, i torbidi dèi del mare, simboleggianti la mutevolezza, le
burrasche dell’infido elemento. Ed anche quando Scopa rappresenta una figura in riposo,
come l’eroe cacciatore, forse Meleagro, infonde in essa un’agitazione piena di affanno.