L ARTE ELLENISTICA
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romani in suolo etrusco. Per esempio, dalla necropoli di Vulci proviene la pietra funeraria
del quadrumviro jure dicundo C. Settimio, figlio di Caio della tribù Sabatina (1) (fig. 709).
Il volto, rappresentato dentro una nicchia quadrangolare, è di un uomo anziano, anzi
vecchio del tutto sbarbato. È un volto incisivo, energico, severo; alta è la fronte, con-
centrati sono gli occhi dallo sguardo fisso, lunga e sottile è la bocca, mentre notevoli
sono le quattro canne divergenti dal
collo sul petto, e peculiari della ri¬
trattistica romana dei tempi repub¬
blicani sono le due forti increspa¬
ture delle guancie incavate assai,
divergenti dalla canna del naso e
contornanti la bocca, ed è il distacco
reciso delle orecchie appiattite. È
nella sua purezza lo spirito di Roma,
ancora immune dalla raffinatezza
dell’oriente ellenistico.
Crudo verismo; ma è esso la qua¬
lità saliente della ritrattistica ro¬
mana repubblicana. Ed invero sul
volto della persona defunta, poco
prima del seppellimento o della cre¬
mazione, si modellava una maschera
di cera, che, come ricordo dello scom¬
parso famigliare, veniva depositata
in uno armarium del tabiino; così
in ogni famiglia patrizia si formava
la serie dei ritratti degli antenati.
Se una novella morte accadeva, si
estraevano dallo armarium queste
maschere di cera, e le si fissavano
dinnanzi ai volti di persone merce¬
narie, le quali prendevano parte ai
funerali rappresentando in tal modo
la schiera dei membri scomparsi.
È naturale che queste maschere mortuarie venissero in modo pedissequo imitate
dagli artisti, che ricevevano l’incarico di fissare i tratti dei personaggi defunti o nel
bronzo o nel calcare o nel marmo. Non tanto adunque erano a ciò spinti i Romani da
interesse artistico, quanto dal desiderio di conservare i ricordi famigliari dei defunti,
sia per giusto orgoglio, sia per sciocca vanità.
È ovvio perciò supporre che le maschere di cera siano state per gran parte causa
del crudo verismo, che in modo così vigoroso si esplica nei tempi sillani e che sì chiara-
mente fa apparire i caratteri etnici della forte stirpe di Roma.
Fig. 708. — Stucco della Casa dei Grifi sul Palatino.
(1) Copenaga, Ghittoteca Ny-Carlsberg.
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romani in suolo etrusco. Per esempio, dalla necropoli di Vulci proviene la pietra funeraria
del quadrumviro jure dicundo C. Settimio, figlio di Caio della tribù Sabatina (1) (fig. 709).
Il volto, rappresentato dentro una nicchia quadrangolare, è di un uomo anziano, anzi
vecchio del tutto sbarbato. È un volto incisivo, energico, severo; alta è la fronte, con-
centrati sono gli occhi dallo sguardo fisso, lunga e sottile è la bocca, mentre notevoli
sono le quattro canne divergenti dal
collo sul petto, e peculiari della ri¬
trattistica romana dei tempi repub¬
blicani sono le due forti increspa¬
ture delle guancie incavate assai,
divergenti dalla canna del naso e
contornanti la bocca, ed è il distacco
reciso delle orecchie appiattite. È
nella sua purezza lo spirito di Roma,
ancora immune dalla raffinatezza
dell’oriente ellenistico.
Crudo verismo; ma è esso la qua¬
lità saliente della ritrattistica ro¬
mana repubblicana. Ed invero sul
volto della persona defunta, poco
prima del seppellimento o della cre¬
mazione, si modellava una maschera
di cera, che, come ricordo dello scom¬
parso famigliare, veniva depositata
in uno armarium del tabiino; così
in ogni famiglia patrizia si formava
la serie dei ritratti degli antenati.
Se una novella morte accadeva, si
estraevano dallo armarium queste
maschere di cera, e le si fissavano
dinnanzi ai volti di persone merce¬
narie, le quali prendevano parte ai
funerali rappresentando in tal modo
la schiera dei membri scomparsi.
È naturale che queste maschere mortuarie venissero in modo pedissequo imitate
dagli artisti, che ricevevano l’incarico di fissare i tratti dei personaggi defunti o nel
bronzo o nel calcare o nel marmo. Non tanto adunque erano a ciò spinti i Romani da
interesse artistico, quanto dal desiderio di conservare i ricordi famigliari dei defunti,
sia per giusto orgoglio, sia per sciocca vanità.
È ovvio perciò supporre che le maschere di cera siano state per gran parte causa
del crudo verismo, che in modo così vigoroso si esplica nei tempi sillani e che sì chiara-
mente fa apparire i caratteri etnici della forte stirpe di Roma.
Fig. 708. — Stucco della Casa dei Grifi sul Palatino.
(1) Copenaga, Ghittoteca Ny-Carlsberg.