SCRITTA DA GIORGIO VASARI 35
piü celebrata, la piü bella e la piü divina. 13. Avvengache,
chi vuol conoscere il mostrare in pittura Cristo trasfigurato
alla divinitä, lö' guardi in quest'opera, nella quäle egli lo
fece sopra questo monte, diminnito in un' aria lucida con
Mose ed Elia, che, alluminati da una chiarezza di splendore,
si fanno vivi nel lume suo. 14. Sono in terra prostrati Pietro,
Jacopo e Giovanni in varie e belle attitudini; chi ha a terra
il capo, e chi con fare ombra agli occhi colle mani si di-
fende dai raggi e dalla immensa luce dello splendore di Cristo.
15. II quäle, vestito di colore di neve, pare che, aprendo le
braccia e alzando la testa, mostri la essenza e la deitä di
tutte le Tre Persone unitamente ristrette nella perfezione del-
Farte di Raffaello; il quäle pare che tanto si ristringesse in-
sieme colla virtü sua per mostrare lo sforzo e il valor del-
l'arte nel volto di Cristo, che finitolo, come ultima cosa che
a fare avesse, non toccö piü pennelli, sopragiungendogli la
morte.
XXVI. 1. Ora, avendo raccontate le opere di questo
eccellentissimo artefice, primache io venga a dire altri parti-
colari della vita e morte sua, non voglio che mi paia fatica
discorrere alquanto, per utile de nostri artefici, intorno alle
maniere di Raffaello. 2. Egli dunque, avendo nella sua fan-
ciullezza imitata la maniera di Pietro Perugino suo Maestro
e fattala molto migliore per disegno, colorito e invenzione,
e parendogli aver fatto assai, conobbe, venuto in migliore eta,
esser troppo lontano dal vero. 3. Perciocche, vedendo egli
le opere di Lionardo da Vinci, il quäle nelle arie delle teste,
cosi di maschi come di femmine, non ebbe pari, e nel dar
grazia alle figure e ne' moti superö tutti gli altri pittori, restö
tutto stupefatto e maravigliato; e insomma, piacendogli la
maniera di Lionardo piü ehe qualunque altra avesse veduta
mai, si mise a studiarla, e lasciando, sebbene con gran fatica,
a poco a poco la maniera di Pietro, cercö, quanto Seppe e
pote il piü, d'imitare la maniera di esso Lionardo. 4. Ma
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piü celebrata, la piü bella e la piü divina. 13. Avvengache,
chi vuol conoscere il mostrare in pittura Cristo trasfigurato
alla divinitä, lö' guardi in quest'opera, nella quäle egli lo
fece sopra questo monte, diminnito in un' aria lucida con
Mose ed Elia, che, alluminati da una chiarezza di splendore,
si fanno vivi nel lume suo. 14. Sono in terra prostrati Pietro,
Jacopo e Giovanni in varie e belle attitudini; chi ha a terra
il capo, e chi con fare ombra agli occhi colle mani si di-
fende dai raggi e dalla immensa luce dello splendore di Cristo.
15. II quäle, vestito di colore di neve, pare che, aprendo le
braccia e alzando la testa, mostri la essenza e la deitä di
tutte le Tre Persone unitamente ristrette nella perfezione del-
Farte di Raffaello; il quäle pare che tanto si ristringesse in-
sieme colla virtü sua per mostrare lo sforzo e il valor del-
l'arte nel volto di Cristo, che finitolo, come ultima cosa che
a fare avesse, non toccö piü pennelli, sopragiungendogli la
morte.
XXVI. 1. Ora, avendo raccontate le opere di questo
eccellentissimo artefice, primache io venga a dire altri parti-
colari della vita e morte sua, non voglio che mi paia fatica
discorrere alquanto, per utile de nostri artefici, intorno alle
maniere di Raffaello. 2. Egli dunque, avendo nella sua fan-
ciullezza imitata la maniera di Pietro Perugino suo Maestro
e fattala molto migliore per disegno, colorito e invenzione,
e parendogli aver fatto assai, conobbe, venuto in migliore eta,
esser troppo lontano dal vero. 3. Perciocche, vedendo egli
le opere di Lionardo da Vinci, il quäle nelle arie delle teste,
cosi di maschi come di femmine, non ebbe pari, e nel dar
grazia alle figure e ne' moti superö tutti gli altri pittori, restö
tutto stupefatto e maravigliato; e insomma, piacendogli la
maniera di Lionardo piü ehe qualunque altra avesse veduta
mai, si mise a studiarla, e lasciando, sebbene con gran fatica,
a poco a poco la maniera di Pietro, cercö, quanto Seppe e
pote il piü, d'imitare la maniera di esso Lionardo. 4. Ma
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