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Maffei, Scipione; Vallarsi, Jacopo [Oth.]; Berno, Pierantonio [Oth.]
Verona Illustrata (Parte Terza): Contiene La Notizia Delle Cose In Questa Citta' Piu' Osservabili — In Verona: Per Jacopo Vallarsi, e Pierantonio Berno, 1732

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Capo quarto: Fabriche moderne
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https://doi.org/10.11588/diglit.62319#0045
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8r - CAPO <;
no d’idee Romane desiderava occasione d’
edifizj grandi, nè volentieri mettea mano a
case private . E dato ossèrvato, come al-
cune invenzioni, e modi particolari, quali
s’attribuiseono a Michelangelo Bonarroti,
furon prima podi in pratica dal Falconetto.
L’ultima cosa ch’ei facesse sedendo morto
dopo in età d’anni 76) fu la bellisfima ed or-
nai i^tma loggia, come la chiama ben con
ragione il Vasari, della casa Cornara in Pa-
dova, non lungi dalla Chieda di Sant’Anto-
nio, in fronte al cortile, dove era poi per
fabricarsi il palazzo. In quella fece vedere,
come secondo i luoghi e sapea far sodo , e
schietto, e vago ed ornato , e ben merite-
rebbe d’elser vilitata da’ forastieri di buon
gusto in quella Città, restando per altro oc-
cultata, e chiusa a chi non ne ha notizia:
vi si vede scolpito intorno all’ arco di me-
zo il nome dell’Architetto, e la patria, e
l’anno 1554. Quivi pure è un piccolo, ma
bizarro edilizio, che fu fatto con suo dise-
gno per musiche, e per altri tali tratteni-
menti : il Serbo nel libro settimo , che fa
volume da se, ne diede la pianta, e’1 pros-
petto: lo chiama la Rotonda di Padova, e
pare servide in parte di modello al Palla-
dio per ideare il bel palazzo di campagna
detto la Rotonda de i Conti Capra. Chiu-
deremo con ciò che scrive del Falconetto il
Vasari nella sua vita: cioè, ch’« su il pri-
mo , che pori affé il vero modo di fabricare , e la
buona architettura in Verona , Venezia, e in
tutte quefie parti-, non e (fendo fiato innanzi lui
chi fapeffe pur sare una cornice, 0 un capitello,
nè chi ìntendesfe misura, 0 proporzione d' Ordi-
ne alcuno-, il che però vuol’intenderli con
certa limitazione, Se follerò de’tempi Sca-
ligeri , come alcuni credono, la porta di S.
Maria dalla Scala, e la prossima del Con-
vento, che ne porta l’arme, molto innan-
zi converebbe dire si fosfe qui principiato a
* rifiorar l’arte.
Contemporaneo del Falconetto fu Fra
Giocondo, anzi anterior d’ alquanto, poi-
ché fiorì in tempo di Lorenzo Medici, e nel
1513 era già vetulus, come lo chiama il Giun-
ta nella Dedica del Vitruvio. Di quello
letterato , e Architetto, eh’ ebbe molto
lunga vita, si è già parlato trattando degli
Scrittori, Ei fu il primo, che portassel’ ar-
chitettura di là da monti, chiamato in Fran-
cia da Lodovico XII. secondo fu il Serlio
chiamatovi da Francesco I. Fece a Parigi il
famoso ponte su la Senna, e vi fece anche
il Ponte piccolo, carichi di botteghe; ope-
re, dice il! Vasari, degne veramente del grand'
animo di quel Re, e del maravigfiofo ingegno
di Fra Giocondo. E noto il dislico del San-
nazaro , sucundus geminimi impofuìt tibi Se-
Ver. lllufir. Parte III.


quana pontem &c. Giulio Scaligero nelle
poesie :
Euclidei, et Vìtruvius, cui cedere pos-
fent-,
IN.am gemino! pofuit pingui! tibi, Sequa-
na, ponte!,
Implevìtque alias immenfis molibus urbes.
Molt’altre opere architettò in quel Regno,
dove lungo tempo si trattenne. Ma trova-
toli in Roma alla morte di Bramante , cui
era appoggiata la fabrica di S. Pietro, fu
fatto a lui succedere in quell’ incarico, in-
sicine con Radaci d’Urbino, e con Giulia-
no da S. Gallo; dove elsendo convenuto ri-
fondarla, perchè minacciava mina, l’ in-
gegno di Giocondo ebbe adito di manifestar-
si. In Venezia avendo considerato , come
le lagune erano in punto d’interrarli fra po-
co, ne diede avviso, e suggerì il modo di
rimediarvi, che fu anche pollo in esecuzio-
ne,conducendo la metà della Brenta a sboc-
car verso Chioggia: affermava però ilsopra-
nominato Luigi Cornato, comedoveasi aver’
obligo immortale alla sua memoria, e co-
me potea chiamarli secondo edificator di Ve-
nezia. Quivi ancora, elsendosi abbrugiato
Rialto co’ricetti delle merci , fu commes-
soa lui di far l’idea per rifabricarlo di nuo-
vo: per lo che maraviglioso difegno , egli
diede, che sarebbe riuseito d* un comodo,
e d’una bellezza incredibile, ma non fu po-
dio in opera, anzi ne fu eletto un altro,per
la ragione che dal Vasari si racconta. Sic-
come però per compimento di tal’ opera , il
ponte ch’era allora di legno, ei volea fardi
pietra, e coperto di botteghe, così appare
che dopo qualche tempo fu in quello ab-
bracciato il parer suo , e di sua invenzione
e disegno si può creder che sia quel super-
bo ponte. In Verona dovendoli rifondatela
pila di mezo del ponte della Pietra, che più
volte era minata, per l’impeto dell’ acqua
in quel sito, e perla mollezza del terreno,
egli diede il modo e di farla , e di conser-
varla, con tenerla faseiata intorno di dop-
pie travi fitte nel fondo , talché il siume non
potessè cavar sotte. D’ altre opere di que-
llo Architetto nella sua patria, come nè
pure del Falconetto, non c' è rimasa noti-
zia. II tempo, e il modo mi faceano incli-
nare ad attribuire all’ un di loro la gran log-
gia della piazza de’ Signori, che ben meri-
ta d’edere osfervata, col ben disegnato in-
taglio di pietre dure, e con le due sale del
Consiglio: furono erette verso la fine del
1400, ponendo nell’alto le statue di Catul-
lo, Nepote, Vitruvio, Macro, e Plinio :
sopra 1’ arco più basso vi fu poi aggiunta
F quel-
 
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