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Avellino, Francesco Maria: Osservazioni sopra un novello dipinto pompejano del supplizio di Dirce: lette all'Accademia il dì 25 febbrajo 1845
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DIPINTO DI DIRCE 9
presso. Ecco adunque una novella scena del mito , che
forma la continuazione delle precedenti.
Se non che essendo proprio della pittura scegliere quel-
1' istante delle rappresentazioni , che far possa indovinare
agevolmente i precedenti fatti, e prevedere i seguenti :
puossi credere che nell'ultimo dipinto mentre mostrasi Dir-
ce trascinata dal toro, con quel frettoloso accorrere di An-
none, e coli' averlo effigiato presso alla grandiosa porta già
eretta al suono della sua lira, abbia il pittore voluto dimostra-
re che Annone parte alcuna in quel crudele supplizio non ebbe.
Ed in fatti s' egli unitamente con Zeto avesse ligata Dirce
al toro, ed istigata la belva , avrebbe dovuto essere effigiato
o in atto di osservare le conseguenze di quel suo fatto, o
pure , ove di altro non gli calesse, in atto di allontanarsi,
e recarsi colla sua lira a continuar la portentosa sua edi-
ficazione. Ma certamente non potrebbe intendersi come in
quella ipotesi potesse Anfione rappresentarsi in atto d'ac-
correre verso Dirce. Convien dunque dir che volle in tal
modo il pittore farci intendere come Annone ignaro del
supplizio , al sentir le grida della donna, o forse al veder
da lontano la belva fuggente, accorresse a contemplare quel-
la scena di orrore, nella quale il pittore credea certamente
eh' egli non avesse avuto parte alcuna.
E cosa assai nota che in Anfione furono adombrati i
costumi della civiltà , abborrenti da ogni crudele vendetta ,
mentre in Zeto adombravasi al contrario la forza, spesso
brutale, delle armi. Il dialogo che Euripide nella sua An-
tiope, sventuratamente perduta, mise in bocca a'due fratelli
circa la prevalenza dell' incivilimento alle armi, o di que-
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presso. Ecco adunque una novella scena del mito , che
forma la continuazione delle precedenti.
Se non che essendo proprio della pittura scegliere quel-
1' istante delle rappresentazioni , che far possa indovinare
agevolmente i precedenti fatti, e prevedere i seguenti :
puossi credere che nell'ultimo dipinto mentre mostrasi Dir-
ce trascinata dal toro, con quel frettoloso accorrere di An-
none, e coli' averlo effigiato presso alla grandiosa porta già
eretta al suono della sua lira, abbia il pittore voluto dimostra-
re che Annone parte alcuna in quel crudele supplizio non ebbe.
Ed in fatti s' egli unitamente con Zeto avesse ligata Dirce
al toro, ed istigata la belva , avrebbe dovuto essere effigiato
o in atto di osservare le conseguenze di quel suo fatto, o
pure , ove di altro non gli calesse, in atto di allontanarsi,
e recarsi colla sua lira a continuar la portentosa sua edi-
ficazione. Ma certamente non potrebbe intendersi come in
quella ipotesi potesse Anfione rappresentarsi in atto d'ac-
correre verso Dirce. Convien dunque dir che volle in tal
modo il pittore farci intendere come Annone ignaro del
supplizio , al sentir le grida della donna, o forse al veder
da lontano la belva fuggente, accorresse a contemplare quel-
la scena di orrore, nella quale il pittore credea certamente
eh' egli non avesse avuto parte alcuna.
E cosa assai nota che in Anfione furono adombrati i
costumi della civiltà , abborrenti da ogni crudele vendetta ,
mentre in Zeto adombravasi al contrario la forza, spesso
brutale, delle armi. Il dialogo che Euripide nella sua An-
tiope, sventuratamente perduta, mise in bocca a'due fratelli
circa la prevalenza dell' incivilimento alle armi, o di que-
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