I FUNERALI DI ARCHEMORO
sì deve. Sicché comincia da capo e grida: Figlio infelice,
non avrai nè sete, nè fame, nè freddo. Tu mi sei stato
tolto, o misero, e fuggendo le infermità non temi più nè
febbre, nè nemico, nè tiranno. L' amore non ti darà più
angoscia, nè due o tre volte al giorno avrai a gozzovi-
gliare ! Oh " gran disgrazia ! Non sarai dispregiato, dive-
nendo vecchio, da' giovani, nè sarà loro noioso il tuo
aspetto. Se dirai, o padre, queste cose, non saranno
esse molto più vere, o più ridicole di quelle tu hai detto?
Ma guarda che non ti affligga il pensare alle tenebre, ed
alla caligine soverchia, che è tra noi, nè temere che io
non rimanga soffogato, rinchiuso essendo entro il sepolcro.
Considera piuttosto, che putrefatti gli occhi, e per Giove
tra poco bruciati, se avete in animo di bruciarmi, non
avrò più bisogno nè di tenebre, nè di luce. Queste cose
son tuttavia tollerabili; ma "a me che giova questo vostro
lamento, e quel picchiar di petti a suono di flauto, que-
gli smoderati pianti delle donne , quella pietra coronata
sopra il sepolcro, o che mi vale quel versare vin puro?
Credete voi che distillando correrà a noi fino in inferno?
Per me credo che di questi sacrifizi mortuari v' avvedrete
voi stessi, che il meglio di tutto il vostro apparato, il fumo
lo porti di sopra in cielo, e noi non ne abbiamo in in-
ferno nessun giovamento. Quello che rimane, si è pol-
vere inutile, salvo che voi non credeste, che noi ci
pascessimo di ceneri. Nò si è poi tanto sterile, nè sì in-
fruttuoso il regno di Plutone, nè ci manca asfodelo, che
dobbiamo a voi ricorrere per cibarci; talché, giurovi per
Tisifone, è già lunga pezza, che mi è venuta voglia di
Poh ir. iq
sì deve. Sicché comincia da capo e grida: Figlio infelice,
non avrai nè sete, nè fame, nè freddo. Tu mi sei stato
tolto, o misero, e fuggendo le infermità non temi più nè
febbre, nè nemico, nè tiranno. L' amore non ti darà più
angoscia, nè due o tre volte al giorno avrai a gozzovi-
gliare ! Oh " gran disgrazia ! Non sarai dispregiato, dive-
nendo vecchio, da' giovani, nè sarà loro noioso il tuo
aspetto. Se dirai, o padre, queste cose, non saranno
esse molto più vere, o più ridicole di quelle tu hai detto?
Ma guarda che non ti affligga il pensare alle tenebre, ed
alla caligine soverchia, che è tra noi, nè temere che io
non rimanga soffogato, rinchiuso essendo entro il sepolcro.
Considera piuttosto, che putrefatti gli occhi, e per Giove
tra poco bruciati, se avete in animo di bruciarmi, non
avrò più bisogno nè di tenebre, nè di luce. Queste cose
son tuttavia tollerabili; ma "a me che giova questo vostro
lamento, e quel picchiar di petti a suono di flauto, que-
gli smoderati pianti delle donne , quella pietra coronata
sopra il sepolcro, o che mi vale quel versare vin puro?
Credete voi che distillando correrà a noi fino in inferno?
Per me credo che di questi sacrifizi mortuari v' avvedrete
voi stessi, che il meglio di tutto il vostro apparato, il fumo
lo porti di sopra in cielo, e noi non ne abbiamo in in-
ferno nessun giovamento. Quello che rimane, si è pol-
vere inutile, salvo che voi non credeste, che noi ci
pascessimo di ceneri. Nò si è poi tanto sterile, nè sì in-
fruttuoso il regno di Plutone, nè ci manca asfodelo, che
dobbiamo a voi ricorrere per cibarci; talché, giurovi per
Tisifone, è già lunga pezza, che mi è venuta voglia di
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