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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Milani, Luigi Adriano: Monumenti etruschi iconici d'uso cinerario: illustrati per servire a una storia del ritratto in Etruria
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0309

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- 297 -

in ciascun occhio. A tutta prima io credetti che
questi fori fossero stati praticati per isfregio al
defunto rappresentato dalla maschera, ed aveva
subito pronti dei passi degli antichi scrittori re-
lativi all'ahxog e all' àrifiia coi quali mi pareva
di dare una plausibile ed attraente spiegazione del
fatto. Però considerando meglio la cosa, e special-
mente mettendo in rapporto la maschera con la
serie dei monumenti che prenderemo in esame nel
seguente capitolo, si vedrà che la ragione di quei
buchi è assai diversa e che nemmeno ha origine
in un qualche uso religioso il cui significato ci
sfugga. Quei buchi sarebbero stati praticati sem-
plicemente per favorire Y effluvmm delle ceneri
contenute nel vaso cinerario sul quale la maschera
era applicata (cfr. p. 315). Perciò sono disposti
con singolare regolarità nei punti elove lo spes-
sore era minore, e dove meno potessero sfigurare
la faccia del defunto. *)

Artisticamente parlando la maschera F, tanto
più vera ed individuale delle maschere D ed E,
parmi che rappresenti un ritorno all' indirizzo na-
turalistico a cui appartengono le maschere ABC,
e, come tale, più che col gruppo DE mi sembra
collegarsi strettamente col gruppo anteriore ABC,
e con le stesse maschere di Micene, dove l'indivi-
dualità e il realismo sono resi con tale uno spirito

') Cfr. i fori osservati negli ossuari b, g, n,p, q, s, t ecc.

!) In Grecia le maschere di Micene rimangono un fatto
isolato, mentre in Etruria le maschere delle tombe a ziro
trovano la loro continuazione e il loro sviluppo nei vasi
a testa umana. Pare che l'idealità a cui l'arte s'ispirò
in Grecia fin dal suo nascere abbia inceppato lo sviluppo
realistico del ritratto, il quale ivi propriamente non co-
mincia avanti Alessandro il Grande, e può benissimo stare
in relazione con l'invenzione delle forme in gesso attri-
buita a Lisistrato fratello di Lisippo (cfr. Plinio, N. H.
XXXV, 44). Noi, vedendo come nasce e si svolge il ri-
tratto in Etruria, siamo più inclinati a dar fede alla tra-
dizione pliniana che all'opinione del Benndorf, il quale
crede {Antike Gesichtshelme und Sepulcralmasken p. 37)
che la conoscenza delle forme con cui si ricavavano mec-
canicamente le maschere dei morti ci si presenti tanto
indietro quanto indietro è dato seguire l'attività umana
nei suoi primordi, e rigetta la tradizione pliniana fra la
zavorra scolastica, siccome contraddicente al naturale
sviluppo dell'attività artistica greca.

3) Cfr. sopra p. 289 nota 1. Qualora sieno genuine, noi
accettiamo per esse l'ingegnosa interpretazione del Benn-
dorf, o. c. p. 46 sg.

4) Non è a credere che il numero delle maschere di
bronzo delle tombe a ziro si restringa a quelle da me
pubblicate; io stesso alcuni anni fa ne vidi due altre presso
il sig. Galeotti di Chiusi, le quali mi duole di non essere

greco da ricordare assai più da vicino l'epoca ri-
trattistica facente capo ad Alessandro il Grande,
che quella degli incunaboli dell'arte a cui in ordine
di tempo esse spettano.2) Non conoscendo noi nes-
sun'altra maschera di terracotta di questo tempo
da poter mettere in confronto diretto con la ma-
schera F, e le due maschere del Museo Britan-
nico pubblicate dal Benndorf, se pur sono ge-
nuine, 3) appartenendo esse ad un tempo e ad un
uso affatto diverso da quello che osservammo per
le maschere che noi abbiamo pubblicate, non pos-
siamo sorprendere l'immediato precedente della
maschera F e non possiamo seguirne l'ulteriore
sviluppo. Dai ritrovamenti clandestini delle tombe
a ziro fatti finora, i quali si allargano sopra
una scala già abbastanza estesa e ad una stati-
stica assai considerevole, possiamo tuttavia infe-
rire che le maschere eli terracotta, fatte all' uso di
quelle di bronzo, più ignobili, ma più durevoli eli
queste, rimangano esempi sporadici nella conti-
nuazione della pratica primitiva, per la quale le
maschere-ritratti del defunto si applicarono al re-
lativo vaso cinerario, pratica codesta, la quale,
come vedremo, si svolse presto, e in modo molto
naturale, nell'arte di fare le teste cinerarie in
pietra e i vasi di bronzo e terracotta a testa
umana.4)

in grado di descrivere. So pure di una maschera bellis-
sima con patina smeraldina, acquistata dal eh. Gamur-
rini, e andata rotta in mille pezzi nel trasporto da Chiusi
a Firenze. È da citare anche la maschera di Fonte all'Aja,
di cui diede appena un cenno il sig. canonico Brogi nel
Bull. dell'Ist. 1882, p. 231, e che sappiamo trovata in una
tomba a ziro con queste suppellettili ; .

a) vaso cinerario

b) due vasi più piccoli

c) due spiedi (cfr. lo spiedo della tav. VlIIIffl, n. 11)

d) paio di molle (cfr. le molle della tav. VlIIIa, n. 12

e) due panchetti di ferro, creduti destinati a tener
alti gli spiedi sul fuoco.

Posso aggiungere infino la notizia fornitami dal mar-
chese Carlo Strozzi intorno a una seconda maschera della
collezione Servadio già Galeotti, passata nelle mani del
sig. Marsili di Cortona, indi a certo sig. Beau di Ginevra
(a. 1877-8?); e intorno a un'altra maschera imberbe pro-
veniente da Tarquinia fatta di lamina di bronzo con oc-
chi di smalto. Il march. Strozzi crede che questa ma-
schera sia attualmente posseduta da Monsignor Cesare
Foggiasco di Boma: sarebbe la prima maschera uscita
dalla necropoli di Tarquinia di cui io abbia nozione; però,
non avendola veduta, non oserei affermare se appartenga
o no alla classe dei monumenti da me considerati.
 
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