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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 1.1889

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Orsi, Paolo; Cavallari, F. S.: Megara Hyblaea: storia, topografia, necropoli e anathemata
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https://doi.org/10.11588/diglit.8558#0519

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933

GLI ANATHEMATA

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piega in avanti ; anche le gambe sono curvate ad an-
golo, secondo lo schema delle figure correnti a gambe
levate della pittura corinzia, a cui la terracotta è
sincrona, avendo anche con esse analogia nella barba,
nel vestito, nella mossa di braccia e gambe ; quanto
al modo di cavalcare esso ci richiama i tipi equestri
delle monete tarentine (').

11 corpo umano, modellato a mano libera con estrema
rozzezza, è pieno; vuoto il retrocorpo del cavallo; il
torace ed i capelli portano traccie di pittura nera.
Massima alt. cm. 15.

M) N. 118. — Figura muliebre con bassa mitra
e lungo chitone, siede in prospetto (xarà nXsvqui ) colle
braccia aperte sopra un quadrupede rozzamente mo-
dellato come la figura, acefalo e però indeterminabile ;
alt. totale cm. 15 (tav. Vili, 2). (Afrodite Epitraghia?)

N) N. 119-120. — Figura virile recumbente sopra
una kline, col torace sollevato, il gomito sinistro ap-
poggiato ad un cuscino; la chioma scende a treccie
sul petto, conforme la moda dei tipi apollinei arcaici ;
il braccio destro è teso lungo il corpo e nella s. tiene
una lira (tav. IX, 5).

Due esemplari di diversa grandezza (alt. cm. 9
e 12), ma identici, ricavati a stampo. Anche questo
soggetto appartiene ad una vasta famiglia di prodotti
plastici, che fanno la loro prima comparsa nelle stele
funebri spartane con coppie d'uomini e donne assisi
coi kantharoi nelle mani; stele che per ragioni epi-
grafiche risalgono al finire del VI secolo (2) e rap-
presentano i ritratti di sposi defunti eroizati, piut-
tosto che Asklepios ed Igea ; appartengono perciò alle
rappresentanze di lectisternia e banchetti funebri
(vexvaia), esprimenti i godimenti materiali del de-
funto anche nella vita d'oltre tomba; la coroplastica
si è impadronita di tale argomento forse più presto
che non la scoltura (3). I due esemplari megaresi

(!) Evans, The horsemen of Tarentum, II, 6, 7.

(2) Milchoefer nulle Athenische Mittheilungen, 1877, p. 455.

(3) A Taranto di fatto se ne trovano con qualche frequenza
di età contemporanea ed anche più antiche delle stele spartane,
con figure, nelle quali, secondo la capacità dell'artista e le di-
mensioni, si tende ad individualizzare (Wolters, Tarentiner Ter-
rakottcn im Akad. Kunst Museicm su BonnnoWa. Arch.Ztg.,1882,
p. 285, 30C. Evans, Recent discoveries of tarentine terra-cot-
tes, 1886, p. 9 dal podere Giovinazzo). Anche tecnicamente le
tarantine hanno affinità colle megaresi, in quanto e le une e
le altre sono cavate a stampo da una forma, vuote di dietro,

della prima aietà del secolo VI sono d'importazione,
forse tarentina, e servivano come anathemata in un tem-
pio di divinità ctoniche, piuttosto che, per la troppa
piccolezza, di ornamento a sepolcri (').

0) N. 121. Categoria dei minori frammenti. —
Comincio con una testa muliebre lavorata a tutto
tondo, con alto diadema, di sotto al quale sporgono
in due liste orizzontali le ciocche di capelli avvolte
a chiocciola. Apparteneva a figura di grandi dimen-
sioni, poiché il volto dalla punta del mento al capil-
lizio è alto cm. 6 ; il tipo è diverso da tutte le te-
stine precedenti, la faccia ne è cavata a stampo, ed
è vuota nell'interno, mentre la nuca è appena sboz-
zata. Nella grande arte si richiama ad alcune teste
dell'Acropoli e nella coroplastica ad altra testa di
Megara, spettante ad un simulacro intero riccamente
panneggiato, che riproduce appunto una delle sacer-
dotesse o donne ateniesi (Museo Siracusa, n. 1073,
Kekulè, op. e, p. 10, fig. 8).

N. 122. — Porzione di altro esemplare non dia-
demato ed alquanto maggiore del precedente. Ambe-
due coteste teste sono tra le più recenti delle rinve-
nute in Megara, ma in ogni caso non vanno più in
là dei primi inizi del secolo quinto.

N. 123-126. — Quattro plinti di statuine muliebri
di varie dimensioni, mezzane e piccole, coi piedi e
l'estremità del chitone.

N. 127-131. — Tre avambraccia umane ; una col
pugno chiuso per sostenere un oggetto, due col palmo
aperto; originariamente dovevano essere innestate su
statuette muliebri. Un piede ed una gamba.

e di modico rilievo. Altri di così fatti lectisternia funebri con
figure virili sole od accompagnate da una donna derivano, da
varie località: una arcaica del Museo di Dresda esibisce l'uomo
sdraiato con coppa, mentre è una donna ai suoi piedi che
suona la lira (Archaeol. Anzeiger, 1889, p. 157) ; altro si hanno
da Tanagra (Furtwaengler, Sammlung Sahurojf. Terracotten.
Einleitung., p. 9; Heuzey, Terrete, du Louvre, XXXIX, 1). Dal-
l'arte greca tali rappresentazioni furono trapiantate per tempo
nell'Etruria, ove ebbero sviluppo grandioso nella pittura parie-
tale funebre e nei coperchi dei sarcofagi (Micali, Storia degli
antichi popoli italici, XX, 21). Simili lectisternia funebri fit-
tili si hanno anche nell'arte cipria (Perrot, Ilistoire, III, p. 585).

(') Per tutto l'argomento e per abbondanti raffronti mo-
numentali cfr. Dumont nella Reme Archéol., 18C9, II, p. 234
e segg., e Pervanoglu, Das Fami.lienmahle auf altgriechischen
Grabsteinen. Lipsia 1872. La letteratura è stata in gran parte
raccolta dal Reinach, Manuel de Philologie, voi. II, p. 71, n. 6
e Eeinach-Le Bas, Voyage archéologique en Orèce et en Asie
Mineure, p. 72.
 
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