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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 1.1889

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Orsi, Paolo; Cavallari, F. S.: Megara Hyblaea: storia, topografia, necropoli e anathemata
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https://doi.org/10.11588/diglit.8558#0520

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935

MEGARA TIYBLAE A

936

N. 132-134. — Un torso silenico, acefalo, senza
gambe e braccia, di modellatura rozzissirna; la per-
tinenza ad un Sileno itifallico è accertata dalla im-
postatura del pene, ed il tipo doleva essere quello
della figura silenica trovata sparsa nella necropoli
(tav. VI, 2).

Porzione di una testolina silenica piena (alt. dal
labbro inf. mm. 25).

Testa silenica con porzione superiore delle braccia ;
è vuota, cavata a stampo, depressa, colle orecchie
aguzze, barba acuta, arcuata la bocca dalle labbra
turgide, naso schiacciato e spinto in su, pomelli pieni
(a. cm. 5 1) ; il cocuzzolo della testa finiva in un
bocchino di vaso (tav. VII, 7).

N. 135. — Arpia acefala e senza braccia, 1. cm. 13,
modellata nelle linee principali; essa riproduce esat-
tamente un altro esemplare di un sepolcro megarese.

P) N. 136-179. — Serie di n. 43 maschere (tav. IX,
13-15) parte intere, parte frammentate, tutte muliebri,
diademate, bendate, con piccole differenze nell'accon-
ciatura dei capelli ; i quali nella maggior parte degli
esemplari sono leggermente ondulati e seguono la curva
del diadema, in altri sono discriminati in mezzo alla
fronte, presentando due bandelle arcuate sulle tempia,
in pochi infine le due foggie di acconciature sono
combinate insieme; anatomicamente e stilisticamente
tutte presentano caratteri uniformi. È una faccia di
donna modellata secondo lo schema dell'arte arcaica,
rigida, inespressiva, la bocca piccioletta contratta, le
gote ed il mento sporgenti ; predomina in esse la fredda
solennità della morte, e tale illusione viene anche
aumentata dall'occhio chiuso in tutte. Sono concavo-
convesse, perchè ottenute tutte a stampo, e munite
in alto di un forellino, destinato ad appenderle : una
sola presenta la particolarità di una pellicola di depu-
ratissima creta verdastra, simile quasi a vernice morta ;
le grandezze variano fra i massimi ed i minimi di
cm. 7 i e 10.

Questa classe di terrecotte, che trovasi a centinaia
di esemplari in tutti i grandi e piccoli centri del
mondo ellenico, non presenta colla sua stucchevole
uniformità interesse artistico.

Nè è bene determinato il carattere, e la signifi-
cazione, se non la destinazione, attribuita a così fatte
produzioni della plastica, molto diffuse; le maggiori
probabilità stanno per un simbolo ritrattistico, sia

adibito nel culto dei defunti (e ne abbiamo visto
alcuni esemplari nei sepolcri), o come anathemata
appesi nei templi, a ricordo dei votanti.

Accertato si è l'uso di tali maschere, generalis-
simo nel VI e V secolo, ma in taluni luoghi conti-
nuato fino al II, nelle necropoli e nei santuari, come
nell'Eliade così nelle sue colonie; forse non è improprio
ravvisarne una origine orientale nei ritratti e nelle
maschere funebri dell'arte e del culto egizio ('). Da
questo concetto fondamentale realistico tali maschere
sembra abbiano degenerato in uso ieratico, essendo
destinate a rappresentare astrattamente i volti delle
divinità ctoniche protettrici del sepolcro, al quale rito si
collegava per fermo quello della maschera di Deme-
ter Kidaira, di cui ricorda Pausania (Vili, 16, 3),
si coprisse il sacerdote per scongiurare e cacciare i
demoni sotterranei (-). Grandissima, in ogni modo, è
la diffusione loro in tutti i santuari e le necropoli
greche (3).

(') P«r l'Egitto mi basti ricordare Perrot, Ilistoire de l'art
dans l'antiquité, I, flg. 87, 100 ecc. Perla Fenicia, Idem, voi. II,
p. 178-189, tra cui specialmente il sarcofago fittile antropoide
del Louvre (p. 130 di Amrith), la cui testa, molto simile allo
schema delle nostre maschere, pare risenta già influenze del-
l'arte paleoionica. In suolo greco è nelle maschere d'oro di
Micene (Schliemann, Myccnes, p. 300) che troviamo il più an-
tico tentativo della ritrattistica funebre. Quelle di terracotta
invece hanno perso quasi assolutamente il loro carattere di in-
dividualismo, che del resto l'arte del tempo ben difficilmente
avrebbe saputo loro imprimere, per attenersi invece a tipi ge-
nerali, e ciò in causa della loro piccolezza. Ma il carattere
originariamente ritrattistico anche di queste, cioè di rappre-
sentare il defunto, e messo fuori di dubbio dalle scoperte di
Podi (Salzmann, Nécropole de Camiros, XIII, 3), dove accanto
a maschere isolate ne uscirono talune impostate su rozzissimi
corpi. Alcuni esemplari poi di grandi proporzioni (due framm.
da Megara, altri da Lokroi Epizeph.), talora sino al vero, ma-
nifestano la tendenza di riprodurre non un tipo qualsiasi, ma
un soggetto, un ritratto; e perciò essi non sono più elaborati
a stampo ma a stecco. Anche in taluni canopi etruschi abbiamo
vere maschere e non teste applicate all'ossuario (Undset,
Ueher italische Geschichtsurnen. Nella Zeitschrift fiir Etimo-
logie, 1800, p. 120, 127, 125).

(2) Di tale meno estesa applicazione sembrano far fede
alcune maschere con busto, come una di Tebe, sotto le sem-
bianze di Demeter o Persefone (Heuzey, Terrescuites, XIX, 1).

(3) Dei numerosi esemplari siciliani pochi ne pubblica il
Kekule {Terracotte», ecc., fig. 11, 12, 92, 93); altri megaresi il
Cavallari nel Bullet. commiss, di Sicilia, 1872, tav. Ili, 12-17.
In grandissima quantità da Podi, rappresentanti grandezze ed
età diverse, dalle magre allungate, che sono le più arcaiche,
alle più recenti tondeggianti e morbide, raccolte così sull'acro-
poli, in vicinanza di qualche santuario (Furtwaengler, Jahrbuch,
I, p. 155), come nella necropoli (Heuzey, o. e, XI, 3), in nu-
 
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