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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 7.1897

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Pasqui, Angiolo: La villa pompeiana della Pisanella presso Boscoreale
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https://doi.org/10.11588/diglit.8557#0263

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PRESSO BOSCOREALE

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giata una piccola cassa, munita di cerniere e di ser-
ratura di bronzo. Vi si trovarono una quindicina di
monete d'oro da Tiberio a Vespasiano, uguali a quelle
scoperte accanto alla trave caduta nel mezzo della
cella vinaria ; e molte monete d'argento e di bronzo
che rispondevano al periodo accennato, inoltre alcune
pietre incise, alcune plasme di vetro con figure ad
incavo ed a rilievo, smontate da anelli, ed alcuni
istrumenti chirurgici. Giacevano a terra, l'uno ac-
canto all' altro, due candelabri di bronzo : il primo,
non molto grande, con fusto a nodi e posato su zampe
equine (n. 107); l'altro assai grande, con fusto scan-
nellato, con sopporto per lucerna e con piattello alla
base, da cui muovevano tre zampe ferine. Accanto
ad un candelabro era rovesciata una lucerna di ter-
racotta a sei beccucci, con ansa ad anello ornato sopra
da grande foglia e interamente coperta di vernice
corallina. Altra lucerna, ma di bronzo e di forma
semplicissima, era caduta presso l'angolo a destra
del tramezzo, e forse apparteneva al candelabro più
piccolo. Completava il corredo di questa camera un
fondo di anfora deposto sul pavimento e adoperato
come focolare o come mezzo qualunque di riscalda-
mento, perchè si trovò ripieno di ceneri e di carboni.
Per l'arredo della stanza e per il peculio trovato nella
cassa, che certo non poteva appartenere ad un servo
qualunque, sono d'opinione che ivi abitasse il vilicus
cioè il capo della famiglia rustica, a cui era affidata
1' azienda della villa. La detta camera corrispondeva
appunto sopra alla porta, quindi il vilicus avrebbe
potuto invigilare anche l'ingresso della villa, come
ammoniscono gli scrittori antichi (2).

Il quartiere più nobile che occupava tutto il lato
destro del fabbricato e si estendeva fino al torculario
da uve, aveva il suo accesso da una scaletta di legno
ben visibile al momento dello scavo, la quale occu-
pava in larghezza metà della corsia dove erano di-
sposti gli ziri da olio, ed era piantata in vicinanza dei

(') Vilici proxime ianuam cellam esse oportet, eumque
scire qui introeat aut exeat noctu, quidve ferat, praesertim
si ostiarius est nemo. Varrò, I, 13, 2. Cos'i anche Columella
(I, 6). Gli obblighi del vilicus sono dettagliatamente enume-
rati da Catone, cap. V e CXLII e da Columella, XI, 1,3 sg.
Notevole è il passo varroniano (I, 17, 5) : Pracfectos alacriorcs
facìundum praemiis, dandaque opera ut habeant peculium et
coniunctas conservai, e quibus habeant filios, co enim fiunt
firrniores ac coniunctiores fundo.

fori praticati nel muro del torculario e della cella
vinaria, salendo sopra al passaggio di quest'ultima.
A capo di detta scala, per tutta la larghezza della
corsia, trovavasi un ripiano di tavole, posate su cor-
renti, chiuso davanti con tramezzo, sul quale era
forse applicata una porticella, e chiuso ugualmente
sulla linea delle celle dei torculari (tav. XIV, R) in
modo da formare sulla sinistra una specie di came-
retta. La pianta che qui si unisce (fìg. 74), e che com-
prende l'intero piano, spiega non solo la disposizione
della scala e del pianerottolo, ma ancora le modifica-
zioni del quartiere superiore rispetto ai vani inferiori.

Il pianerottolo metteva ad una grande sala (a) di
pianta quadrata, la quale comprendeva, rispetto al
piano sottostante, tutta la larghezza della corsia, 1' an-
drone che serviva d'accesso alle camere interne dei
torculari e la cameretta seconda che aveva la sua porta
nella corsia medesima. Questa sala prendeva luce da
una larga finestra, aperta sulla cella vinaria che aveva
davanzale o grande soglia di marmo molto robusta ed
aveva due bronzine per i cardini dei battenti. Dalla
sala si accedeva a tutte le camere che si può dire
rimanevano disposte in giro a tre delle sue pareti. Nes-
sun indizio di porta aveva la camera /, che occupava
V angolo est del fabbricato, e la grande stanza h, la
quale trovavasi appunto sopra al nubilarium descritto.

Le pareti della grande sala erano ricoperte di into-
naco fino, ed erano spalmate di stucco bianco, senz' altro
ornamento che una balza di colore cenere, la quale
girava tutto intorno. Il pavimento, sostenuto da robusti
correnti, era costituito da un tavolato, quindi da un
ripiano di tegole disorlate, e, sopra a queste, da smalto
e da opera signina.

A capo della scala, fra i due tramezzi di legno,
si trovarono molti vasi di bronzo, alcuni dei quali assai
grandi e in forma di olle per fornello, tirati da la-
mine e segnati con più solchi a tornio. Altri vasi ri-
petevano le forme più comuni degli utensili da cucina
e da mensa, cioè infundiboli, colatoi di varia forma,
casseruole fuse e tornite, di cui la maggior parte era
internamente inargentata, calderotti chiusi da coperchio
e vasi da mescere per 1' acqua e per il vino. Insieme
a tali recipienti erano confusi molti vasi di terra
cotta, per lo più di rozza fattura, come anforette, la-
genae, oinochoai, pocula e ciotole. Tra quest' ultime
distinguevansi quelle a vernice corallina, ma evidente-
 
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