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L'ACCADEMIA DI PLATONE

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vato dal Chiappelli riguardo al musaico Albani è la
miglior prova che nel quadro originale dovesse trat-
tarsi appunto di un circolo di pensatori discutenti
intorno ad un dato tema. Ma è poi assolutamente vero
che nel nostro musaico non sia da parlare di un ffv-
<y%oXd££iv xal tìv(,i(piXoGo(fsìv ? Se vi ha una figura
principale, come lo stesso Chiappelli riconosce (p. 173),
non può non esservi unità di composizione. Dei sei
uditori, due parlano fra loro sottovoce, sia perchè dis-
sentono, sia perchè ì' uno spiega all' altro qualche punto
della dimostrazione non bene inteso; tre seguono con
profonda attenzione le parole del maestro, e il contegno
del sesto è di chi decisamente si oppone. E non è
questo il caso appunto di un Gva%oXà£siv e di un
(fvfi(piXoffo(psTv nel significato vero e proprio della
parola? La nostra rappresentanza, come quella che più
direttamente deriva dall' originale del IV sec, più fe-
delmente ritrae quell' ambiente di scientifiche disqui-
sizioni, nel quale ci trasportano i dialoghi di Platone
e di cui un' eco lontana cogliamo persino negli scritti
di Cicerone. Il musaico Albani al contrario, deriva-
zione indiretta, ci presenta la scena modificata in un
senso più rispondente al concetto di scuola dell' età
posteriore.

A negare vieppiù al nostro musaico l'onore di
rappresentare l'Accademia, il Chiappelli aggiunge la
mancanza del sacello sacro alle Muse o alle Chariti.
Poiché l'Accademia, egli dice, era un d-(a(tog MovGmv,
cosi dovremmo qui aspettarci un segno, che accen-
nasse ad un sacrario delle Muse o delle Chariti, esi-
stendo, come è noto, un tal sacrario nei giardini del-
l'Accademia (p. 173). Il segno c' è, e solo il precon-
cetto ha potuto distogliere il Chiappelli, che pure mostra
di averne compreso il significato (p. 175), dal cavarne
un partito, che naturalmente contrasta con la sua tesi.

Il mio contraddittore afferma che la iconografia
platonica, anche dopo le ricerche dell'Helbig e del
Keinach, sia tuttavia incerta, oscillando fra il tipo
olimpico dell' erma fiorentina e quello malinconico
delle erme di Smirne e di Berlino (p. 173). Ma il
fatto è che per 1' erma di Berlino oggi conosciamo il
ritratto del sommo filosofo, ed esso ci basta come
termine di confronto per determinare le note fisiogno-
miche di Platone.

Al Chiappelli sembra inammissibile di riconoscere
un Platone nella figura centrale del nostro musaico,

poiché questa figura nè nell' aspetto esteriore, né al
portamento rivela l'aristocratico contegno dell' eupa-
tride ateniese; le manca pure la ricercata eleganza
dell' abbigliamento e dell' acconciatura dei capelli,
che i contemporanei e il comico Efippo rinfacciavano
all' Accademico. E d'altra parte non si potrebbe ri-
conoscere in questo vecchio seminudo, coperto appe-
na di un povero pallio, l'accademico scolarca, che
un altro comico contemporaneo, Antifane, così ci de-
scrive (Athen. XII, 63):

.......TIQ 7TOT iffTlV OVTOtìl

ó ysqwv; dt'tì ttjs [lèv oipewg 'EXXrjvixóg'
Xevxrj y^Xavig, <paiòg yiTbn'fàxoc, xaXóg . . .

.......ti fiaxQcc òsi Xt'ysiv; oXcog

avrrjv òqàv yàq rrjv ^Axadrjjuav óoxw.

Sarebbe più probabile, continua il dotto contrad-
dittore, di pensare a Socrate, il quale amava talora
di unirsi coi suoi uditori in luoghi appartati e pro-
tetti, e quivi insegnare. Senonchè la sfera celeste, sulla
quale la figura centrale fa la dimostrazione, difficil-
mente potrebbe convenire a Socrate (p. 174).

Devo dire che a Socrate anche il Bormann pensò ;
ma, oltre alla difficoltà della sfera celeste, rilevata
giustamente dal Chiappelli, un' altra non lieve diffi-
coltà la troviamo nel volto del nostro protagonista,
che per quanto danneggiato non rivela i tratti socra-
tici, così noti e così caratteristici. Soprattutto si di-
stingue la linea del naso, che non è quella di un
naso camuso.

Troppo si fonda il Chiappelli sulla sospetta te-
stimonianza dei comici. Che cosa in sostanza ci dice
il personaggio di Antifane ? Dice che, per il corretto
modo di vestire, a lui par di vedere in quel vecchio
l'Accademia stessa, tutta quanta. Ora non bisogna
dimenticare che in questa dipintura vi sia una buona
dose di esagerazione, elemento essenziale della cari-
catura o parodia. D'altra parte il nostro Platone è
rappresentato in quella età della vita reale, in cui
la cura dell' esteriore e il portamento stesso cedono
il posto alle eminenti qualità morali, che impongono
la venerazione. L'himation, che lo ricopre a metà,
non significa povero e scarso abbigliamento, ma è
l'esponente di quella idealizzazione, che sempre si
riscontra nei ritratti greci.
 
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