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UN VILLAGGIO SICULO PRESSO MATERA

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che vi si annetteva, non se ne sia trovato tra i ma-
teriali dello scarico. Ma osta il fatto che i due cir-
coli della tomba 2 sono posteriori anch' essi al riem-
pimento del corridoio: quindi è più probabile che il
materiale rinvenuto nello scarico si riferisca ad una
prima fase della vita del villaggio.

FlG. 107. 1 : 2 Icirca

La storia di questo villaggio, che io mi sono
studiato d'illustrare sotto ogni aspetto può dunque
molto probabilmente ricostruirsi nel modo che segue.
Un nucleo di famiglie che avevano in origine ima
civiltà neolitica, ma cominciavano a ricevere, per com-

FlG. 108. 1 : 2 circa

mercio indiretto con le popolazioni costiere, oggetti di
metallo e d'altre materie, si stabilì in poche ca-
panne sulla Murgia Timone. Queste genti sapevano farsi
allora coltelli di selce o di ossidiana, rozze punte di
giavellotti o di frecce, ascie od accette di roccia dura,
punte d'osso, vasi di varie forme. Adoperavano anche
dei sassi meglio adatti e di roccia dura per tritare o
macinare qualche specie di frumento: certo non ave-
vano istinti nomadi, poiché restarono in quel posto
oltre due secoli, e dovevano esercitare oltre la pa-
storizia e la caccia anche un poco di agricoltura,
come farebbe già supporre lo sviluppo della loro in-
dustria ceramica. Facevano talvolta la guerra con
altra gente, come indica il cranio con ferita perforante
l'osso (flg. 34). Avevano per ornamento conchiglie,
pietre ed ossa lavorate, e poche e rare conterie che
giungevano loro per commercio. Per commercio ave-
vano pure pochi e piccoli ornamenti di bronzo, con-
sistenti in anellini digitali, pendagli, borchiette. Ra-

rissimo, forse privilegio dei capi, era qualche coltel-
lino di bronzo; la proporzione che darebbero le de-
posizioni della tomba 1 è di uno che lo possedeva
contro 75 che n' erano sforniti. Non conoscevano arte
muraria propriamente detta, e fabbricavano le loro
case in materiale leggero, pur ponendo moltissima

Fig. 109. i : a

cura nella sostruzione a massicciato. La loro vita si
riassumeva sopratutto nel pasto quotidiano, che pren-
devano accoccolati in giro intorno ad ampie scodelle
comuni ed a grandi vasi per acqua, o per altra bevanda,
dove attingevano con tazzine fornite di un' ansa spe-
ciale che permetteva di tenerle sospese, e delle quali
forse essi portavano abitualmente una con loro. Cre-
devano in una seconda vita, e per qualche ragione
inerente alla « salvezza dell' anima » scarnivano i de-
funti ('), deponendone lo scheletro in celle funebri
scavate nella roccia. E poiché immaginavano la se-
conda vita simile alla prima, non solamente avevano
cura che non mancassero ai morti le cose in cui questa
principalmente si riassumeva, cioè cibo e bevanda,
ma davano altresì allo scheletro la postura che si
prendeva abitualmente durante il pasto.

Tali erano i primitivi abitanti della Murgia Ti-
mone. Essi dimorarono in questo villaggio oltre due
secoli, durante i quali la loro vita non mutò essen-

(') È noto che il rito funebre praticato dai popoli primi-
tivi è sempre un risultato delle loro idee animistiche. E poiché
io credo essere il primo ad aver accertato dati di qualche peso
che ci permettono di credere come la scarnitura si facesse ma-
nualmente poco dopo la morte, mi sia permessa qui a questo
proposito qualche considerazione. Questa pratica che a noi par-
rebbe tanto ripugnante, per i popoli neolitici che la usarono
rappresentava invece senza dubbio un dovere verso il congiunto
morto, la cui « anima » si voleva porre in condizione di « sal-
varsi >!. Nasce quindi di conseguenza che essi credevano la sede
dell' anima essere le ossa, questa essendo appunto la parte che
conservavano gelosamente custodita. Forse l'osservazione che lo
scheletro resisteva alla putrefazione (la quale in principio non
avrà avuto altro effetto che di far fuggire o far gettare in luogo
lontano il cadavere) avrà indotta la credenza che qualche cosa
 
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