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IN PROVINCIA DI SALERNO
614
palafitta, e del resto larghe tracce di fuochi accesi
nell' antro sono state osservate da me e da numerosi
testimoni.
La fabbricazione sul posto della ceramica scema
l'importanza del rinvenimento di alcune decine, non
di tutti i piccoli vasetti, ancora disposti a pile uno
sull' altro, in una rientranza della parete della grotta ;
la quale fin dal momento degli scavi mi ha fatto
sempre l'impressione di una stazione. Vasetti-minia-
tura vengono fuori anche dalle stazioni, comprese le
terremare, ed io ci vedo giocattoli di fanciulli, forse
primi tentativi dei futuri vasai che imitavano i loro
padri. È noto che i giuochi dei fanciulli sono sempre
la imitazione delle occupazioni serie degli adulti.
L'Hoernes spiega allo stesso modo i vasetti-miniatura
della stazione neolitica di Butmir (').
Altra prova che l'uomo preistorico dimorasse nella
grotta è secondo me il rinvenimento delle grandi corna
palmate di un cervide di specie estinta e dei due
corni morti di capriolo che, come osservò il prof. Ee-
galia, si dovettero raccogliere nelle campagne. Simili
materie non sono portate in un luogo se non da chi
vi dimora e per trarne qualche partito.
Dopo ciò che ho ora esposto, io non so se in quella
scuola paletnologia di cui ho parlato si metterà
avanti qualche ipotesi simile a quella da me supposta
possibile, e si vorrà considerare la palafitta come fe-
nomeno di primaria importanza e che debba illuminare
gli altri dati ; per me ad ogni modo essa è fenomeno
di secondaria importanza e che non può dare, ma ri-
cever lume. La sua costruzione era imposta dalle
condizioni dell' antro a chiunque e per qualunque ra-
gione volesse frequentarlo diuturnamente, e in qua-
lunque ipotesi essa costituisce un fatto nuovo e senza
confronti. Come sarebbe un fatto inaudito che i pa-
lafitticoli abbiano occupato una caverna, sia pure a
scopo di culto, costruendovi una impalcatura, così è
un fatto nuovo, nella mia ipotesi, che i cavernicoli
si siano decisi ad eseguire un simile lavoro per oc-
cupare l'antro. Ma era del resto una idea assai sem-
plice quella di rialzarne il piano per non restare coi
piedi nell'acqua, e bastava, a mio credere, la bellezza
dell'antro, superiore alle altre grotte dei dintorni, e
(') W. Eadimsky e M. Hoernes, Die neolitiche Station
von Butmir bei Sarajevo in Bosnien, voi. I, p. 16.
l'opportunità di trovarvi acqua potabile, pesce ed ot-
tima argilla, per decidere una piccola tribù o famiglia
patriarcale di cavernicoli ad occuparla. Molto più poi
se tra cavernicoli e palafitticoli non ci sia stato quel-
1' abisso che interpone tra loro il Pigorini.
Prescindendo adunque dalla spiegazione dei diffe-
renti fenomeni di civiltà, che forse non ancora siamo
in grado di veder chiara, io mi avvicino piuttosto a
quella idea fondamentale del Brizio, che egli pro-
pugna da gran tempo, di un intimo rapporto tra le
popolazioni cavernicole e le palafitticole. Io credo che
gli abitanti della grotta furono della medesima stirpe
sicula rappresentata nel villaggio di Matera, e che le
somiglianze col materiale dell'Italia media e supe-
riore vadano spiegate con la parentela etnica tra i
Siculi, che sono i Liguri del sud, ed i Liguri, che
sono i Siculi del nord. Secondo le mie idee un me-
desimo grande ramo della stirpe mediterranea occupò
tutto il bacino occidentale del Mediterraneo portan-
dovi la civiltà neolitica, che infatti presenta note fon-
damentali comuni. Ma nelle loro rispettive sedi questi
popoli svolsero civiltà affini con note differenziali, che
permettono di distinguere un popolo dall' altro, nella
sua entità storica, fin dall' epoca eneolitica ; e nella
storia essi rispondono ai nomi di famiglie affini, gli
Iberi all' occidente, i Liguri al settentrione, i Siculi
ad oriente, i Sicani al sud del medesimo bacino (')•
A tali induzioni etnografiche non vorrei certamente
dare se non un valore provvisorio, soprattutto per ciò
che concerne la nostra grotta, dove la singolarità del
caso non può non consigliare il riserbo anche ai meno
riservati. Le indagini sistematiche nel suolo dell' Italia
meridionale daranno forse la soluzione di tali problemi.
Ma il risultato più sicuro è per ora una maggiore co-
gnizione del materiale siculo, ossia del popolo che oc-
cupò l'Italia meridionale con la civiltà neolitica, in
quanto che anche coloro che credono alla discesa dei
padani ammetteranno che la gente, la quale ci lasciò
il materiale di Pertosa, era in gran parte una stirpe
(') Errarono quindi coloro i quali credettero ravvisare nella
distinzione da me fatta del popolo storico dei Sicani, cui attri-
buisco il materiale tipo Castelluccio presso Noto, una distin-
zione etnico-antropologica, e combattettero la diversità di razze
credendo combattere la mia teoria. Nel mio scritto citato (An-
thropologie, Vili, p. 307, 309,311) io ammetto la unità della
razza mediterranea.
IN PROVINCIA DI SALERNO
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palafitta, e del resto larghe tracce di fuochi accesi
nell' antro sono state osservate da me e da numerosi
testimoni.
La fabbricazione sul posto della ceramica scema
l'importanza del rinvenimento di alcune decine, non
di tutti i piccoli vasetti, ancora disposti a pile uno
sull' altro, in una rientranza della parete della grotta ;
la quale fin dal momento degli scavi mi ha fatto
sempre l'impressione di una stazione. Vasetti-minia-
tura vengono fuori anche dalle stazioni, comprese le
terremare, ed io ci vedo giocattoli di fanciulli, forse
primi tentativi dei futuri vasai che imitavano i loro
padri. È noto che i giuochi dei fanciulli sono sempre
la imitazione delle occupazioni serie degli adulti.
L'Hoernes spiega allo stesso modo i vasetti-miniatura
della stazione neolitica di Butmir (').
Altra prova che l'uomo preistorico dimorasse nella
grotta è secondo me il rinvenimento delle grandi corna
palmate di un cervide di specie estinta e dei due
corni morti di capriolo che, come osservò il prof. Ee-
galia, si dovettero raccogliere nelle campagne. Simili
materie non sono portate in un luogo se non da chi
vi dimora e per trarne qualche partito.
Dopo ciò che ho ora esposto, io non so se in quella
scuola paletnologia di cui ho parlato si metterà
avanti qualche ipotesi simile a quella da me supposta
possibile, e si vorrà considerare la palafitta come fe-
nomeno di primaria importanza e che debba illuminare
gli altri dati ; per me ad ogni modo essa è fenomeno
di secondaria importanza e che non può dare, ma ri-
cever lume. La sua costruzione era imposta dalle
condizioni dell' antro a chiunque e per qualunque ra-
gione volesse frequentarlo diuturnamente, e in qua-
lunque ipotesi essa costituisce un fatto nuovo e senza
confronti. Come sarebbe un fatto inaudito che i pa-
lafitticoli abbiano occupato una caverna, sia pure a
scopo di culto, costruendovi una impalcatura, così è
un fatto nuovo, nella mia ipotesi, che i cavernicoli
si siano decisi ad eseguire un simile lavoro per oc-
cupare l'antro. Ma era del resto una idea assai sem-
plice quella di rialzarne il piano per non restare coi
piedi nell'acqua, e bastava, a mio credere, la bellezza
dell'antro, superiore alle altre grotte dei dintorni, e
(') W. Eadimsky e M. Hoernes, Die neolitiche Station
von Butmir bei Sarajevo in Bosnien, voi. I, p. 16.
l'opportunità di trovarvi acqua potabile, pesce ed ot-
tima argilla, per decidere una piccola tribù o famiglia
patriarcale di cavernicoli ad occuparla. Molto più poi
se tra cavernicoli e palafitticoli non ci sia stato quel-
1' abisso che interpone tra loro il Pigorini.
Prescindendo adunque dalla spiegazione dei diffe-
renti fenomeni di civiltà, che forse non ancora siamo
in grado di veder chiara, io mi avvicino piuttosto a
quella idea fondamentale del Brizio, che egli pro-
pugna da gran tempo, di un intimo rapporto tra le
popolazioni cavernicole e le palafitticole. Io credo che
gli abitanti della grotta furono della medesima stirpe
sicula rappresentata nel villaggio di Matera, e che le
somiglianze col materiale dell'Italia media e supe-
riore vadano spiegate con la parentela etnica tra i
Siculi, che sono i Liguri del sud, ed i Liguri, che
sono i Siculi del nord. Secondo le mie idee un me-
desimo grande ramo della stirpe mediterranea occupò
tutto il bacino occidentale del Mediterraneo portan-
dovi la civiltà neolitica, che infatti presenta note fon-
damentali comuni. Ma nelle loro rispettive sedi questi
popoli svolsero civiltà affini con note differenziali, che
permettono di distinguere un popolo dall' altro, nella
sua entità storica, fin dall' epoca eneolitica ; e nella
storia essi rispondono ai nomi di famiglie affini, gli
Iberi all' occidente, i Liguri al settentrione, i Siculi
ad oriente, i Sicani al sud del medesimo bacino (')•
A tali induzioni etnografiche non vorrei certamente
dare se non un valore provvisorio, soprattutto per ciò
che concerne la nostra grotta, dove la singolarità del
caso non può non consigliare il riserbo anche ai meno
riservati. Le indagini sistematiche nel suolo dell' Italia
meridionale daranno forse la soluzione di tali problemi.
Ma il risultato più sicuro è per ora una maggiore co-
gnizione del materiale siculo, ossia del popolo che oc-
cupò l'Italia meridionale con la civiltà neolitica, in
quanto che anche coloro che credono alla discesa dei
padani ammetteranno che la gente, la quale ci lasciò
il materiale di Pertosa, era in gran parte una stirpe
(') Errarono quindi coloro i quali credettero ravvisare nella
distinzione da me fatta del popolo storico dei Sicani, cui attri-
buisco il materiale tipo Castelluccio presso Noto, una distin-
zione etnico-antropologica, e combattettero la diversità di razze
credendo combattere la mia teoria. Nel mio scritto citato (An-
thropologie, Vili, p. 307, 309,311) io ammetto la unità della
razza mediterranea.