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LA. SITOLA ITALICA PRIMITIVA

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una specie di cristallizzazione o stagnazione delle
forme arcaiche, avvenuta in un paese appartato dal
rapido e vivace movimento della cultura classica.

Questo modo di concepire la fioritura dell' arte delle
situle nella zona dell'Italia superiore e delle regioni
alpine, nel quale consente Salomone Reiuach ('), quan-
tunque abbia qualche lato buono, fu nella sostanza con-
traddetto a ragione dall' Hoernes (2) e dimostrato fallace
con rigorosi e irrefragabili argomenti. Rigettate le idee
fondamentali del Brunn sulla genesi dell' arte delle
situle, egli non può esser messo nel numero di quelli,
che credono alla provenienza greca dell' arte decora-
tiva delle situle nel senso in cui io la intendo, nel
senso in cui l'ho spiegata fin dal 1888, e in cui mi faccio
ora a chiarirla viemmeglio con prove desunte dallo
studio tecnico e formale delle rappresentazioni delle
nostre situle e da opportuni raffronti.

La tecnica della cesellatura associata all' intaglio,
quale si applicò alle situle e ai bronzi congeneri, cor-
risponde, siccome è noto, a quella, di cui gli lonii
principalmente furono maestri alla Grecia e all'Etru-
ria. Codesta tecnica servì anzi tutto a tradurre ne'
bronzi laminati {sphy reietta), dal secolo VII av. Cr.
in poi que' concetti decorativi zoomorlìci, dei quali
l'Oriente semitico offriva sì abbondevole e sì svariata
copia, e che noi ritrovammo dominare ne' bronzi lami-
nati di Este.

Materia di utile comparazioni ci offrono gli scudi
di bronzo cretesi dell' antro ideo (:ì) i quali, già giu-
dicati prodotti dell' arte fenicia, sembrano fuori di
dubbio da raccostare all' arte ionica (4) al pari di un
certo numero almeno delle tazze comunemente dette
fenicie, che si scoprirono a Creta e in molti altri
luoghi della Grecia e dell' Italia (5). Nè elementi de-

(') Bertrand e Reinach, Le Celtes. Vedi a p. 218-228 l'appen-
dice C dell'opera, dovuta al Reinach, che ha per titolo: Le
louclier d'Achille et les situles celto-illyriennes.

(2) Hoernes, Urgesch. der Kunst, p. 671-675.

(3) HalbheiT ed Orsi, Antichità dell'antro di Zeus Ideo
nel Museo ital. II (1888), p. 689 sgg. V. specialmente gli scudi:
tav. I-V, IX, flg. 1, X, 3, 4; p. 699-700; 705-706; e le patere :
tav. VII, Vili, IX, 2, 3, X, 2.

(4) La grecità degli scudi cretesi fu affermata ultimamente
con geniali vedute dal Milani, Studi e materiali di archeologia
e numismatica, voi. I, punt. I, p. 1-33.

(5) Per la bibliografia delle note tazze v. Perrot e Chipiez,
Ilistoire de l'art. Il, p. 747 e sgg.; III, p. 753 e sgg. Cfr. Orsi,
Museo ital, II, p. 862, nota 5.

corativi affini ai bronzi paleoveneti mancano nelle
svariate lamine scoperte in Olimpia nei profondi strati
dell'Altis ('), come non mancano ne' bronzi di Do-
dona (-) e in altri congeneri del VII e del VI secolo
av. Cr. di varia provenienza sia greca, sia etnisca (3).

Ma vi sono altri generi di monumenti, anche fuori
de' bronzi laminati, che debbono esser tenuti presenti
e ra'frontati alle nostre situle. Occupa fra questi un
posto ragguardevole la cista d'avorio scoperta a Chiu-
si (4), che, attribuita da prima a fabbrica fenicia (5),
fu poi giustamente riconosciuta come opera dell'arte
greco-orientale e messa dal Bohlau in relazione con
1' Bolide (fi)- Per la straordinaria copia dei raffronti,
a cui danno luogo, sono poi soprattutto da allegare
quei vasi fittili dipinti, che usciti in luce dall'Asia
Minore, dalle coste settentrionali dell'Africa, dalle
isole dell'Arcipelago, dalla Grecia continentale e dal-
l' Italia (7) possono essere aggruppati, per quanto rife-

ci Olympia IV, tav. XXXVII, n. 688, 692, 693, 694, 697,
698; tav. XXXVIII, n. 096; tav. XXXIX, n. 695; tav. LVIII.
n. 980; tav. LIX. Cfr. anche per gli ornati di stile orientale
tav. XLII, XLIII, n. 734-782.

(2) Carapanos, Dodone et ses ruines, tav. XIX, XX.

(3) Cfr. lo studio fondamentale del Furtwangler, Die Bron-
zefunde aus Olympia, nelle Abhanlungen der k. Akademie der
Wissenschaften (Berlino, 1879). Vedi poi lo stesso Furtwangler,
Annali dell'Inst. 1880, tav. d'agg. F-I, p. 118 e sgg. Bather,
Journal of hellenic Sludies, XIII (1892-3), p. 244 e sgg. Perrot
e Chipiez, Histoire de l'art, VII, p. 245 e sgg. Brunn, Griech.
Kuntgesch., p. 90 e sgg. Martha, L'art étrusque, p. 105 e sgg.
Gsell, Fouilles dans la nécrop. de Vulci, p. 419, nota 3. Schu-
macher, Eine prànest. Giste, cit. p. 38 e sgg.

(4) Helbig, Monum. dell'Inst. X, t. XXXlXa, 1, la. Bohlau,
Aus ionischen und italischen Nekropolen, Beilage alla p. 119,
fig. 61. V. la bibliografia presso Schumacher, Eine prànest.
Ciste, p. 52, nota 2.

(5) Cfr. Helbig. Ann. dell'Inst. 1877, p. 398 e sgg. Perrot
e Chipiez, Histoire de l'art, III, p. 853 e sgg.

(6) Bohlau, Aus ion. und ital. Necrop. p. 119. Cfr. anche
von Uuhn, Sardin. Reiserianungen nella Strena Helbigiana,
p. 58. Egli tien ferma la provenienza greca di questo insigne
cimelio, ove è rappresentato nella zona superiore il mito d'Ulisse
sotto l'ariete. Il Milani, Museo topogr. dell'Etruria, p. 66, la
giudica sempre di specifico lavoro etrusco.

(7) Vedi specialmente Conze, Melische Thongefàsse. For-
ster, Annali dell'Jnst. 1869, p. 182 e sgg. Mon. IX, tav. V.
Salzmann, Nécropole de Camiros, tav. XXXII e sgg. Flinders-
Petrie, Naukratis, I, tav. IV e sgg. Diimmler, Rómische Mit-
theil. des arch. Inst. II (1877), p. 171 e sgg.; Ili (1888), p. 159
e sgg. Furtwangler, Beschreibung der Vasensammlung, I, p. 35
e sgg. (le classi A VI-VIII); Jahrbuch des Inst. I (1886)
p. 137 e sgg. Bohlau, Jahrbuch des Inst. II (1887), p. 33 e sgg. ;
ibid. p. 211 e sgg.; Ili (1888), p. 325 e sgg.; Aus ion. und
ital. Xekrop. Karo, De arte vascularia antiquissima, p. 21 e sgg.
Pottier, Vases antiques du Louvre, tav. X e sgg.
 
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