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187

LA SITULA ITALICA PRIMITIVA

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L'attributo delle ali già dato al leone in opere
dell'Assiria, della Fenicia e della Siria (') appare nella
decorazione ionica e segnatamente in bronzi laminati
dell' Etruria (2).

Anche il particolare delle fauci aperte e della
lingua pendente, il quale ricorre nella situla C (tav. I),
nella coppa di Castelletio Ticino (fig. 41), e nella
situla della Certosa (fig. 43), è proprio delle stesse
figure leonine dell' arte ionica (3) e incomincia già a
manifestarsi nei vasi primitivi attici editi dal Bohlau (4).

Un altro particolare, che si nota, sebbene isola-
tamente, sulla stessa situla C, è quello della giubba,
la quale in luogo di arrestarsi al collo della fiera si
prolunga fino alla coda. Questa singolarità, la quale
poteva sembrare dovuta a imperfezione di disegno
dell' artista locale, che ha cesellato il vaso, non v' ha
dubbio esser stata tolta essa pure e riprodotta dalle
opere ioniche, nelle quali ricorre spesso combinata
appunto col motivo della lingua pendente (5). Un
esempio è offerto dalla kylix di bucchero sottile con
l'iscrizione etrusca della necropoli di Narce (fig. 60),
che ricorderemo fra poco per un' altra nota caratteri-
stica, che le figure leonine ivi espresse ci offrono.

Ma un ultimo motivo delle nostre figure leonine
è da notarsi, ancora più caratteristico degli altri e
che comprova nel modo più evidente la derivazione
delle nostre figure dal repertorio ornamentale dell'arte
ionica. Alludo al leone delle situle L ed M (tav. IV e
fig. 26) espresso in atto di tenere fra le zanne una
gamba, che nella prima delle due situle è d'animale,
nella seconda può anche parere umana.

Figure consimili hanno incontrato abbastanza fa-
vore nella metallotecnica veneta e alpina. Ne abbiamo
ritrovato in una lamina di cintura di Este (tav. V,
fig. 35), nelle situle della Certosa (fig. 44) e di Watsch
(fig. 49), nel coperchio di Hallstatt (fig. 51) e cre-
demmo ravvisarlo anche in una cintura di S. Ma-
rein (fig. 50).

(') Ofr. Karo, De arte vasc, p. 17, nota 3.

(2) Vedi gli esempì citati dal Karo, ibidem.

(3) Cfr, Karo, op. cit., p. 9, 19, 28, 29. Fra queste sono
il celebre skyphos argenteo e i due vasi (kantharos e kyatlios)
di bucchero della tomba del duce di Vetulonia: Palchi, Vetu-
lonia, tav. X, fig. 3, 13, 20.

(4) Cfr. sopra, col. 186, nota 4.

(5) Cfr. Karo, op. cit., p. 9, 12, 19, 38.

Com'è nato, donde si è svolto siffatto motivo ?

E risaputo come, sia nell'arte micenea ('), sia nella
orientale e nella greca asiatizzante (2) occorrano abba-
stanza frequenti i gruppi di una belva feroce, per con-
sueto il leone, che assale, investe e sta per isbranaro
un animale di specie mansueta (cervo, capra, bove) ;
nè è infrequente (3) la lotta della belva con l'uomo.

Da cotesti gruppi non ignoti agli artisti decora-
tori delle nostre situle — troviamo infatti sul coper-
chio B (fig. 14), come in un fermaglio di cintura
(tav. V, fig. 25), un leone lottante con un cervo — è
senza dubbio derivato il tipo decorativo, accettato e
divulgato dagli Ionii e dagli Etruschi, del leone con
gamba, animalesca od umana, fra le fauci.

È questo l'ultimo momento, si può dire, della
lotta furibonda, che l'animale feroce ha sostenuto col
più debole : il secondo, già soggiaciuto alla violenza
del primo, già preda della voracità della belva, è
quasi interamente ingoiato e annichilito.

In un vaso protoattico, che si collega allo stile pro-
gredito del Dipylon, ma nel quale è già palese la
fusione de' concetti geometrici con gli elementi orien-
tali, due leoni tengono sollevato da terra e afferrano
con le fauci spalancate un uomo (4). Nella lamina
della nota fibula beotica (5) un leone è per divorare
un animale (forse una capra), di cui resta ancora
tutta la parte anteriore pendente dalla sua bocca.

Si potrebbero queste dire forme transitorie fra il
gruppo dei due animali nel momento dell' assalto e
la figura isolata della belva superstite con la sola
gamba dell'animale ucciso (f>). E cotesta medesima
forma transitoria dell' animale già alzato da terra
in atto di esser divorato si può riconoscere nella

(>) Cfr. Perrot. e Chipiez, ffistoire, VI, tav. XVI, fig. 3,
12, 21; XVIII, fig. 4; p. 826, fig. 403; p. 845, fig. 14.

(2J Helbig, L'epopèe homèrique p. 496 e sgg. Orsi, Museo
ital. II, p. 873. Savignoni, Monum. aut., VII (1897), col. 344 e
sgg. Vedi ad es. il frammento di patera cretese in Museo ital.
cit., tav. X, fig. 2; il diadema d'oro ateniese, Perrot e Chipiez,
op. cit, VII, p. 246, fig. 114, ecc.

(3) Per l'età micenea v. ad es. Perrot e Chipiez, op. cit.
VI, tav. XVIII, fig. 3; p. 840, fig. 422; p. 846, fig. 430. Per
l'età posteriore vedi Perrot e Chipiez, VII, p. 246, fig. 113.

(<) Arch. Zeitung 1885, tav. Vili. Cfr. Brunn, Griech.
Kunstgesch., p. 131, fig. 99, e Bohlau, Jahrbuch des List., II,
p. 60.

(5) Jahrbuch des Inst., Ili (1888), p. 362.
(°) Altri esempì presso Karo, op. cit., p. 13, num. 3 e
nota 4.
 
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